Per capire gli intenti dell’opera, è utile chiedersi perché Kant non usi il ti- tolo di “Critica della ragion pura pratica”. Il motivo di questa scelta è im- portante: Kant intende infatti analizzare l’intera ragione pratica (pura e non pura), cioè l’intero ambito delle azioni guidate dalla ragione, per ve- dere se tra queste azioni si dia la possibilità di azioni determinate da una ragione pura pratica, cioè non condizionate da interessi strumentali, da bisogni o desideri empirici, ma da un dovere morale. Delle tre domande poste nella prima Critica, infatti, quella a cui deve innanzi- tutto rispondere la Critica della ragion pratica è: “Che cosa devo fare?”. Il concetto di dovere morale (in tedesco sollen) non è osservabile tra i fenomeni, tra i quali vige invece un “dovere” nel senso di “necessità naturale” (in tedesco müssen), che si esprime in rapporti causali di tipo meccanico. In ambito natu- rale, infatti, data una determinata causa non può che seguire quell’effetto; nel campo delle azioni umane, invece, la volontà non determina meccanicamente le nostre scelte e i nostri comportamenti. In altre parole, pur sapendo che cosa dobbiamo fare possiamo non farlo; altrimenti, se le nostre azioni fossero causa- te meccanicamente dalla nostra volontà non si porrebbe per noi il problema della scelta né l’eventualità di non seguirla, e l’ambito morale funzionerebbe nello stesso modo in cui funzionano i fenomeni naturali.
Kant. La formulazione dell’etica: la Critica della ragion pratica / Velotti, Stefano. - (2019), pp. 567-591.
Kant. La formulazione dell’etica: la Critica della ragion pratica
STEFANO VELOTTI
2019
Abstract
Per capire gli intenti dell’opera, è utile chiedersi perché Kant non usi il ti- tolo di “Critica della ragion pura pratica”. Il motivo di questa scelta è im- portante: Kant intende infatti analizzare l’intera ragione pratica (pura e non pura), cioè l’intero ambito delle azioni guidate dalla ragione, per ve- dere se tra queste azioni si dia la possibilità di azioni determinate da una ragione pura pratica, cioè non condizionate da interessi strumentali, da bisogni o desideri empirici, ma da un dovere morale. Delle tre domande poste nella prima Critica, infatti, quella a cui deve innanzi- tutto rispondere la Critica della ragion pratica è: “Che cosa devo fare?”. Il concetto di dovere morale (in tedesco sollen) non è osservabile tra i fenomeni, tra i quali vige invece un “dovere” nel senso di “necessità naturale” (in tedesco müssen), che si esprime in rapporti causali di tipo meccanico. In ambito natu- rale, infatti, data una determinata causa non può che seguire quell’effetto; nel campo delle azioni umane, invece, la volontà non determina meccanicamente le nostre scelte e i nostri comportamenti. In altre parole, pur sapendo che cosa dobbiamo fare possiamo non farlo; altrimenti, se le nostre azioni fossero causa- te meccanicamente dalla nostra volontà non si porrebbe per noi il problema della scelta né l’eventualità di non seguirla, e l’ambito morale funzionerebbe nello stesso modo in cui funzionano i fenomeni naturali.File | Dimensione | Formato | |
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