Il pragmatismo è una corrente filosofica che si è sviluppata negli Stati Uniti intorno al 1870, vale a dire in anni di grandi trasformazioni sociali, economiche e tecnologiche: un vasto paese rurale, ancora segnato dallo schiavismo, si sarebbe via via affermato come una grande potenza mondiale, all’avanguardia in molti campi del sapere, delle arti e della tecnologia. Il pragmatismo fu un modo di raccogliere la sfida che il progressivo verificarsi di questi profondi cambiamenti poneva alla filosofia, alle scienze e alla vita sociale e politica. Charles Sander Peirce (1839-1914) – scienziato e filosofo geniale ed eccentrico - è considerato il padre del pragmatismo, a fianco del suo coetaneo e amico, Wlliam James (1842-1910), che diede una propria versione del pragmatismo e rivoluzionò la psicologia del suo tempo. Il terzo grande pragmatista classico americano è John Dewey (1859-1952), già allievo di Peirce e profondamente segnato dalle opere di James, la cui influenza sulla filosofia, la pedagogia, la politica e l’estetica è stata immensa, sia in patria che in Europa e in Asia. Ciascuno di questi tre protagonisti ha sviluppato un proprio pensiero originale, ma la massima che li unisce tutti – e che ispira ancora le notevoli riprese del neo-pragmatismo dei nostri giorni – è chiarire i contenuti delle idee, delle ipotesi scientifiche e dei giudizi considerando le loro conseguenze pratiche. Antidogmatici, i pragmatisti si sono opposti con risolutezza alle “certezze” intuitive della tradizione cartesiana (l’intuizione di idee chiare e distinte, evidenti e dunque certe), e hanno tutti difeso un atteggiamento “fallibilista”, vale a dire l’impossibilità di ottenere conoscenze certe e definitive e la necessità di ammettere l’errore in ogni campo della ricerca e della vita. A partire dagli anni ’30 del Novecento, con l’affermarsi, nel Nord America, dell’empirismo logico e della filosofia analitica (cfr. cap. XX), il pragmatismo è stato a lungo trascurato. Da alcuni decenni, tuttavia, il pensiero di Peirce, James e Dewey è nuovamente oggetto di vivo interesse da parte di numerosi filosofi contemporanei (tra gli altri, gli americani Richard Rorty, Hilary Putnam, Robert Brandom, Richard Shusterman), nei campi dell’epistemologia e della filosofia morale, della pedagogia della riflessione politica e dell’estetica.
Charles S. Peirce e William James / Velotti, Stefano. - (2019), pp. 522-553.
Charles S. Peirce e William James
STEFANO VELOTTIWriting – Review & Editing
2019
Abstract
Il pragmatismo è una corrente filosofica che si è sviluppata negli Stati Uniti intorno al 1870, vale a dire in anni di grandi trasformazioni sociali, economiche e tecnologiche: un vasto paese rurale, ancora segnato dallo schiavismo, si sarebbe via via affermato come una grande potenza mondiale, all’avanguardia in molti campi del sapere, delle arti e della tecnologia. Il pragmatismo fu un modo di raccogliere la sfida che il progressivo verificarsi di questi profondi cambiamenti poneva alla filosofia, alle scienze e alla vita sociale e politica. Charles Sander Peirce (1839-1914) – scienziato e filosofo geniale ed eccentrico - è considerato il padre del pragmatismo, a fianco del suo coetaneo e amico, Wlliam James (1842-1910), che diede una propria versione del pragmatismo e rivoluzionò la psicologia del suo tempo. Il terzo grande pragmatista classico americano è John Dewey (1859-1952), già allievo di Peirce e profondamente segnato dalle opere di James, la cui influenza sulla filosofia, la pedagogia, la politica e l’estetica è stata immensa, sia in patria che in Europa e in Asia. Ciascuno di questi tre protagonisti ha sviluppato un proprio pensiero originale, ma la massima che li unisce tutti – e che ispira ancora le notevoli riprese del neo-pragmatismo dei nostri giorni – è chiarire i contenuti delle idee, delle ipotesi scientifiche e dei giudizi considerando le loro conseguenze pratiche. Antidogmatici, i pragmatisti si sono opposti con risolutezza alle “certezze” intuitive della tradizione cartesiana (l’intuizione di idee chiare e distinte, evidenti e dunque certe), e hanno tutti difeso un atteggiamento “fallibilista”, vale a dire l’impossibilità di ottenere conoscenze certe e definitive e la necessità di ammettere l’errore in ogni campo della ricerca e della vita. A partire dagli anni ’30 del Novecento, con l’affermarsi, nel Nord America, dell’empirismo logico e della filosofia analitica (cfr. cap. XX), il pragmatismo è stato a lungo trascurato. Da alcuni decenni, tuttavia, il pensiero di Peirce, James e Dewey è nuovamente oggetto di vivo interesse da parte di numerosi filosofi contemporanei (tra gli altri, gli americani Richard Rorty, Hilary Putnam, Robert Brandom, Richard Shusterman), nei campi dell’epistemologia e della filosofia morale, della pedagogia della riflessione politica e dell’estetica.File | Dimensione | Formato | |
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