In tutte le economie avanzate le aree urbane mostrano tassi di crescita economica superiori a quelli delle aree non urbane. Un recente progetto di ricerca della Banca d’Italia dimostra invece che in Italia il contributo delle grandi agglomerazioni urbane all’economia nazionale è inferiore rispetto a quello degli altri paesi avanzati, sia in termini di concentrazione della popolazione che di produzione di valore aggiunto. I costi delle agglomerazioni in Italia sono elevati: le aree urbane presentano un livello di congestionamento automobilistico maggiore rispetto a molte altre città europee per la carenza di infrastrutture di trasporto pubblico; le rendite immobiliari sono alte ed incidono sul prezzo delle abitazioni scoraggiando l’insediamento. I loro benefici risultano invece piuttosto scarsi. Il premio di produttività e innovatività per i lavoratori e le imprese è più basso rispetto a quello stimato per altri paesi e questo si riflette – complici anche le istituzioni del mercato del lavoro – in un premio salariale più limitato per chi vive in un grande centro urbano in Italia Gli effetti spaziali delle dinamiche economiche, poco o nulla governate, su città e territori sembrano far scaturire quelle che potrebbero essere chiamate le geografie del laissez faire. Dai centri storici assediati dal turismo di massa alla rivitalizzazione parziale o temporanea di quel che resta dei distretti industriali, dalla riscoperta delle aree rurali interne alla diffusione di iniziative di rigenerazione di quelle periferiche e periurbane, si tratta di cambiamenti delle forme di produzione e di accumulazione di valore alla scala urbana e territoriale che hanno depositato tracce diversificate. In ogni caso, la varietà degli spazi urbani, periurbani e rurali si riempie anche in mancanza di un’azione che ne governi l’evoluzione e le economie che si sviluppano, presentando anche esempi virtuosi di buone pratiche. Vi sono difficoltà nel produrre e implementare regolazioni pubbliche locali delle economie urbane. La pur scarsa e debole regolazione dei processi economici si produce infatti all’interno di sistemi di azione collettiva, formali e informali, nei quali sono prese e implementate decisioni relative a investimenti, flussi finanziari, infrastrutture, mutamenti nella produzione e riproduzione sociale nell’ambiente urbano, dando luogo a modelli di sviluppo territoriale in parte simili, in parte diversi. Questi sistemi di governance comprendono attori pubblici di diverse scale e privati di diversi settori, mentre è più debole, e talvolta simbolica, la presenza di attori sociali no-profit, anch’essi comunque sempre più inclini o indotti ad adottare logiche imprenditoriali. La qualità delle città è un fondamentale fattore per il rilancio dell’economia. Le politiche urbane non devono essere concepite come questioni locali, ma devono assumere la rilevanza di una grande politica nazionale, di lungo periodo e attenta agli equilibri territoriali. Un aspetto cruciale è l’aumento la spesa per investimenti pubblici dopo il drammatico crollo di questi anni. La proposta è che l‘Agenda urbana nazionale assuma la forma di una serie di patti tra l’amministrazione centrale e le autorità urbane e che si costituisca una sede decisionale entro cui lo stato e le città (a partire da quelle metropolitane, ma non solo) concordino e monitorino gli investimenti e le politiche multilivello (europeo, nazionale, regionale, locale) su ciascuna di esse a partire dai patti già siglati in questi ultimi anni.
Le economie delle città italiane: un quadro interpretativo e qualche proposta / D'Albergo, Ernesto; DE LEO, Daniela; Viesti, Gianfranco. - (2019), pp. 15-38.
Le economie delle città italiane: un quadro interpretativo e qualche proposta
d'Albergo ErnestoCo-primo
Writing – Original Draft Preparation
;De Leo DanielaCo-primo
Writing – Original Draft Preparation
;Viesti GianfrancoCo-primo
Writing – Original Draft Preparation
2019
Abstract
In tutte le economie avanzate le aree urbane mostrano tassi di crescita economica superiori a quelli delle aree non urbane. Un recente progetto di ricerca della Banca d’Italia dimostra invece che in Italia il contributo delle grandi agglomerazioni urbane all’economia nazionale è inferiore rispetto a quello degli altri paesi avanzati, sia in termini di concentrazione della popolazione che di produzione di valore aggiunto. I costi delle agglomerazioni in Italia sono elevati: le aree urbane presentano un livello di congestionamento automobilistico maggiore rispetto a molte altre città europee per la carenza di infrastrutture di trasporto pubblico; le rendite immobiliari sono alte ed incidono sul prezzo delle abitazioni scoraggiando l’insediamento. I loro benefici risultano invece piuttosto scarsi. Il premio di produttività e innovatività per i lavoratori e le imprese è più basso rispetto a quello stimato per altri paesi e questo si riflette – complici anche le istituzioni del mercato del lavoro – in un premio salariale più limitato per chi vive in un grande centro urbano in Italia Gli effetti spaziali delle dinamiche economiche, poco o nulla governate, su città e territori sembrano far scaturire quelle che potrebbero essere chiamate le geografie del laissez faire. Dai centri storici assediati dal turismo di massa alla rivitalizzazione parziale o temporanea di quel che resta dei distretti industriali, dalla riscoperta delle aree rurali interne alla diffusione di iniziative di rigenerazione di quelle periferiche e periurbane, si tratta di cambiamenti delle forme di produzione e di accumulazione di valore alla scala urbana e territoriale che hanno depositato tracce diversificate. In ogni caso, la varietà degli spazi urbani, periurbani e rurali si riempie anche in mancanza di un’azione che ne governi l’evoluzione e le economie che si sviluppano, presentando anche esempi virtuosi di buone pratiche. Vi sono difficoltà nel produrre e implementare regolazioni pubbliche locali delle economie urbane. La pur scarsa e debole regolazione dei processi economici si produce infatti all’interno di sistemi di azione collettiva, formali e informali, nei quali sono prese e implementate decisioni relative a investimenti, flussi finanziari, infrastrutture, mutamenti nella produzione e riproduzione sociale nell’ambiente urbano, dando luogo a modelli di sviluppo territoriale in parte simili, in parte diversi. Questi sistemi di governance comprendono attori pubblici di diverse scale e privati di diversi settori, mentre è più debole, e talvolta simbolica, la presenza di attori sociali no-profit, anch’essi comunque sempre più inclini o indotti ad adottare logiche imprenditoriali. La qualità delle città è un fondamentale fattore per il rilancio dell’economia. Le politiche urbane non devono essere concepite come questioni locali, ma devono assumere la rilevanza di una grande politica nazionale, di lungo periodo e attenta agli equilibri territoriali. Un aspetto cruciale è l’aumento la spesa per investimenti pubblici dopo il drammatico crollo di questi anni. La proposta è che l‘Agenda urbana nazionale assuma la forma di una serie di patti tra l’amministrazione centrale e le autorità urbane e che si costituisca una sede decisionale entro cui lo stato e le città (a partire da quelle metropolitane, ma non solo) concordino e monitorino gli investimenti e le politiche multilivello (europeo, nazionale, regionale, locale) su ciascuna di esse a partire dai patti già siglati in questi ultimi anni.File | Dimensione | Formato | |
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