La rappresentazione pittorica della Battaglia di San Romano di Paolo Uccello sottende una narrazione storica ben diversa da quella riportata dalle fonti e trova nella scena centrale del Disarcionamento di Bernardino della Ciarda un differente epilogo che denota il pensiero politico dell’artista e, al contempo, descrive un falso storico. La vicenda bellica, come narrata dalle fonti, si svolse secondo canoni di combattimento medioevali, ovvero attraverso strategie di manovra atte ad evitare lo scontro frontale. Nell’aprile del 1432, infatti, il generale dell’esercito fiorentino Micheletto da Cotignola abbassò i livelli di vigilanza sul territorio, favorendo l’avanzata delle truppe senesi- viscontee capitanate dal comandante Bernardino della Carda. Per frenare l’offensiva di quest’ultimo, i fiorentini assoldarono dunque come proprio capitano generale Niccolò da Tolentino, mantenendo Micheletto nelle truppe con il ruolo di Governatore. In un primo momento, i due schieramenti si fronteggiarono a distanza evitando lo scontro, e gradualmente si riappropriarono delle reciproche conquiste. In seguito, nel giugno del 1432, Niccolò da Tolentino, accompagnato da alcuni suoi uomini, si insinuò tra le truppe del Carda per spiarne le mosse, ma fu scoperto e fuggì per raggiungere la torre di San Romano, dove issò il suo stendardo. L’esercito di Bernardino Ubaldini si diresse quindi in quel luogo e così fece anche quello del Tolentino composto da duemila cavalli e millecinquecento fanti venuti in soccorso del proprio generale. L’incontro tra i due generò l’inevitabile battaglia e, quando la vittoria delle truppe senesi sembrò vicina, sopraggiunse Michele da Cotignola che, forte di nuovi soldati, ne ribaltò l’esito. Bernardino della Carda dichiarò quindi la ritirata ed entrambi gli schieramenti rientrarono nei propri accampamenti. È infatti evidente come l’abbattimento del cavaliere senese sintetizzi il successo fiorentino dello scontro sul quale la stessa committenza voleva probabilmente apporre l’accento. La sfumatura politica (filo fiorentina), insita nella descrizione degli eventi del trittico di Paolo Uccello, aveva infatti spinto la critica a propendere per una committenza dell’opera da parte di Giovanni de Medici; si riteneva che egli avesse ordinato all’artista di rappresentare una scena che offendesse il prestigio e l’onore del condottiero senese e che ne modificasse addirittura il nome con il nomignolo “Ciarda”.
La Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Un falso storico ai danni di Bernardino Ubaldini della Carda / Bertuzzi, Alessandra. - (2018), pp. 15-23.
La Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Un falso storico ai danni di Bernardino Ubaldini della Carda.
Alessandra Bertuzzi
2018
Abstract
La rappresentazione pittorica della Battaglia di San Romano di Paolo Uccello sottende una narrazione storica ben diversa da quella riportata dalle fonti e trova nella scena centrale del Disarcionamento di Bernardino della Ciarda un differente epilogo che denota il pensiero politico dell’artista e, al contempo, descrive un falso storico. La vicenda bellica, come narrata dalle fonti, si svolse secondo canoni di combattimento medioevali, ovvero attraverso strategie di manovra atte ad evitare lo scontro frontale. Nell’aprile del 1432, infatti, il generale dell’esercito fiorentino Micheletto da Cotignola abbassò i livelli di vigilanza sul territorio, favorendo l’avanzata delle truppe senesi- viscontee capitanate dal comandante Bernardino della Carda. Per frenare l’offensiva di quest’ultimo, i fiorentini assoldarono dunque come proprio capitano generale Niccolò da Tolentino, mantenendo Micheletto nelle truppe con il ruolo di Governatore. In un primo momento, i due schieramenti si fronteggiarono a distanza evitando lo scontro, e gradualmente si riappropriarono delle reciproche conquiste. In seguito, nel giugno del 1432, Niccolò da Tolentino, accompagnato da alcuni suoi uomini, si insinuò tra le truppe del Carda per spiarne le mosse, ma fu scoperto e fuggì per raggiungere la torre di San Romano, dove issò il suo stendardo. L’esercito di Bernardino Ubaldini si diresse quindi in quel luogo e così fece anche quello del Tolentino composto da duemila cavalli e millecinquecento fanti venuti in soccorso del proprio generale. L’incontro tra i due generò l’inevitabile battaglia e, quando la vittoria delle truppe senesi sembrò vicina, sopraggiunse Michele da Cotignola che, forte di nuovi soldati, ne ribaltò l’esito. Bernardino della Carda dichiarò quindi la ritirata ed entrambi gli schieramenti rientrarono nei propri accampamenti. È infatti evidente come l’abbattimento del cavaliere senese sintetizzi il successo fiorentino dello scontro sul quale la stessa committenza voleva probabilmente apporre l’accento. La sfumatura politica (filo fiorentina), insita nella descrizione degli eventi del trittico di Paolo Uccello, aveva infatti spinto la critica a propendere per una committenza dell’opera da parte di Giovanni de Medici; si riteneva che egli avesse ordinato all’artista di rappresentare una scena che offendesse il prestigio e l’onore del condottiero senese e che ne modificasse addirittura il nome con il nomignolo “Ciarda”.File | Dimensione | Formato | |
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