Ripercorrere a ritroso, fino a portarne alla luce le radici, il fondo più arcaico di alcune parole di uso comune, può rivelarsi, spesso, un esercizio fondamentale per cogliere il senso profondo di termini che ci paiono possedere un significato stabile, ma che, nel corso della loro evoluzione, hanno invece subito trasformazioni o deviazioni semantiche che ci interrogano e che dovremmo cercare, a nostra volta, di interrogare per cogliere la complessità di ciò che, oggi, pare ridursi ad un senso comune che attraversa e sembra rendere omogenee le culture. Di tale significato semplice e apparentemente universale sembrano godere anche termini ampiamente usati e in parte usurati come i tre che vorrei sottoporre in questa sede alla vostra attenzione e che, come si può immediatamente capire, discendono dalla stessa origine. Di fatto, le nozioni relative al perdono e al condono rinviano immediatamente al concetto di dono che ha goduto, com’è noto, dell’attenzione e dell’analisi attenta di studiosi del calibro di Marcel Mauss, sul piano antropologico, e dopo di lui di Émile Benveniste, sul piano storico-linguistico. Basterebbero le considerazioni e le conclusioni che entrambi ci hanno lasciato per annettere il dono alla sfera del già detto e del già noto, senza necessità di tornarvi, se non per constatare come i loro studi siano ancor’oggi oggetto di articolate deduzioni proprio per la natura complessa dell’atto e della pratica del donare, che si associa alle nozioni di sacrificio, di vittima, di largesse e dispendio ma anche di ospitalità e ostilità o di veleno. Se poi a tale intricata complessità semantica si accosta il termine latino munus – con tutti i suoi possibili derivati nelle lingue romanze – che, nella nostra attuale penuria lessicale, siamo costretti a tradurre ancora con “dono”, avremo un rizoma altamente diversificato e labirintico ad indicare un’istituzione, connessa al dare e al ricevere, che accoglie significati plurimi e difficili da percepire, nella loro diversità, da parte delle culture contemporanee. Una breve esemplificazione di tale polivalenza implicita nelle forme del dono, del perdono e del condono, nell’ambito in una società regolata da norme arcaiche, la si ricaverà dall’analisi di alcune opere dello scrittore brasiliano João Guimarães Rosa.
Il condono del mondo. Modelli del dono e del perdono nella cultura europea e in quella brasiliana / FINAZZI AGRO', E.. - STAMPA. - (2017), pp. 153-164. - SOGLIE.
Il condono del mondo. Modelli del dono e del perdono nella cultura europea e in quella brasiliana
E. FINAZZI AGRO'
2017
Abstract
Ripercorrere a ritroso, fino a portarne alla luce le radici, il fondo più arcaico di alcune parole di uso comune, può rivelarsi, spesso, un esercizio fondamentale per cogliere il senso profondo di termini che ci paiono possedere un significato stabile, ma che, nel corso della loro evoluzione, hanno invece subito trasformazioni o deviazioni semantiche che ci interrogano e che dovremmo cercare, a nostra volta, di interrogare per cogliere la complessità di ciò che, oggi, pare ridursi ad un senso comune che attraversa e sembra rendere omogenee le culture. Di tale significato semplice e apparentemente universale sembrano godere anche termini ampiamente usati e in parte usurati come i tre che vorrei sottoporre in questa sede alla vostra attenzione e che, come si può immediatamente capire, discendono dalla stessa origine. Di fatto, le nozioni relative al perdono e al condono rinviano immediatamente al concetto di dono che ha goduto, com’è noto, dell’attenzione e dell’analisi attenta di studiosi del calibro di Marcel Mauss, sul piano antropologico, e dopo di lui di Émile Benveniste, sul piano storico-linguistico. Basterebbero le considerazioni e le conclusioni che entrambi ci hanno lasciato per annettere il dono alla sfera del già detto e del già noto, senza necessità di tornarvi, se non per constatare come i loro studi siano ancor’oggi oggetto di articolate deduzioni proprio per la natura complessa dell’atto e della pratica del donare, che si associa alle nozioni di sacrificio, di vittima, di largesse e dispendio ma anche di ospitalità e ostilità o di veleno. Se poi a tale intricata complessità semantica si accosta il termine latino munus – con tutti i suoi possibili derivati nelle lingue romanze – che, nella nostra attuale penuria lessicale, siamo costretti a tradurre ancora con “dono”, avremo un rizoma altamente diversificato e labirintico ad indicare un’istituzione, connessa al dare e al ricevere, che accoglie significati plurimi e difficili da percepire, nella loro diversità, da parte delle culture contemporanee. Una breve esemplificazione di tale polivalenza implicita nelle forme del dono, del perdono e del condono, nell’ambito in una società regolata da norme arcaiche, la si ricaverà dall’analisi di alcune opere dello scrittore brasiliano João Guimarães Rosa.File | Dimensione | Formato | |
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