INTRODUZIONE. “Bologna, furbetti all'Ibc: 28 sotto la lente della Finanza”, “Assenteismo alla Prefettura di Pistoia: tredici dipendenti condannati”, “Assenteismo al Loreto Mare: in 87 a giudizio tra infermieri, medici e impiegati”: questi sono solo alcuni dei numerosi titoli sull’assenteismo comparsi su uno dei maggiori quotidiani nazionali nel 2017. L’assenteismo sul lavoro ha da sempre richiamato l’attenzione di media, vertici delle organizzazioni, addetti alle risorse umane, e studiosi di management e comportamento organizzativo, essendo comunemente associato ad una connotazione negativa, che assimila i comportamenti di assenza ad azioni devianti (Johns, 1994; Johns & Miraglia, 2015), in parte a causa della loro influenza cruciale sui risultati organizzativi. Le assenze comportano, infatti, notevoli costi sia diretti, come il pagamento di eventuali straordinari o giornate lavorative per chi sostituisce l’assente, che indiretti, legati alle risorse impiegate per la formazione dei “sostituti”, all’eventuale riformulazione del lavoro precedentemente assegnato, alla perdita di expertise ed esperienza, alla possibile diminuzione del clima e del morale del gruppo, fino alla riduzione della produttività organizzativa (Lambert et al., 2005; Steel, Rentsch e Van Scotter, 2007). Per gestire il fenomeno e le sue conseguenze, è imprescindibile definire cosa si intende con comportamenti di assenza sul lavoro, al fine di misurarli correttamente, monitorarli e, soprattutto, identificarne le cause principali. Nella letteratura scientifica, il termine assenza indica la mancata presenza fisica della persona in una data posizione lavorativa, la violazione di precise aspettative sociali rispetto al suo “essere” in uno specifico tempo e luogo (Harrison e Martocchio, 1998; Martocchio e Harrison, 1993). Altre definizioni enfatizzano il carattere volontario dell’assenteismo, descrivendolo come la decisione dell’individuo di allocare tempo e impegno ad attività alternative al lavoro corrente al fine di soddisfare le proprie tendenze motivazionali (Fichman, 1984) o come conseguenza di calcoli di utilità personale (Chelius, 1981). Relativamente alle determinanti dell’assenteismo, la letteratura internazionale ha individuato molteplici fattori in grado di spiegare e predire tale comportamento, focalizzandosi prevalentemente sulle caratteristiche individuali del lavoratore, come le variabili socio-demografiche o gli atteggiamenti verso il lavoro (ad esempio, soddisfazione lavorativa, commitment organizzativo), e, in minor parte, sulle dimensioni di gruppo e culturali. Le ricerche empiriche restituiscono un quadro complesso, delineando l’assenteismo come multi-determinato e di difficile operazionalizzazione, ma fornendo al tempo stesso alcuni modelli onnicomprensivi che permettono di aggregarne le molteplici cause e analizzarne i nessi e le influenze reciproche (Brooke, 1986; Steers e Rhodes, 1978). Questa attenzione all’assenteismo e alla sua riduzione, confermata anche dai recenti cambiamenti legislativi nella pubblica amministrazione (decreto correttivo del Testo unico sulla pubblica amministrazione, L. 133/2008), ha contribuito all’emergere di un nuovo interesse scientifico verso ciò che può essere considerato l’altra faccia della medaglia dei comportamenti di assenza sul lavoro, ossia verso il presenteismo. Il termine fa riferimento all’essere presenti sul lavoro anche quando si è malati (Aronsson, Gustafsson, e Dallner, 2000; Johns, 2010); in altre parole, il presenteista è colui/colei che si reca a lavoro in precarie condizioni di salute, quando sarebbe stato meglio che avesse preso un giorno di assenza per malattia. Tale nuovo interesse deriva in primo luogo dalla testimoniata ascesa del fenomeno (CIPD, 2016), che, secondo un’indagine sulle condizioni lavorative europee (Eurofound, 2012), chiama in causa il 43% dei lavoratori. Se, da un lato, ciò rispecchia i profondi cambiamenti conseguenti alla crisi finanziaria del 2009, che hanno trasformato le condizioni economiche e il mercato del lavoro, inevitabilmente incrementando un sentimento diffuso di insicurezza lavorativa, dall’altro, numerose altre cause sono alla base del costrutto. Come l’assenteismo, il presenteismo è un comportamento multiforme, caratterizzato non solo da una complessa eziologia, che rimanda a fattori di livello individuale, lavorativo, e organizzativo (Miraglia e Johns, 2016), ma anche da differenti conseguenze per l’individuo e l’organizzazione. Attraverso una rassegna aggiornata della letteratura internazionale, il presente capitolo si pone l’obiettivo di illustrare l’insieme degli antecedenti associati ai comportamenti di assenza e presenza sul luogo di lavoro, riportando i maggior modelli teorici di riferimento e le principali evidenze scientifiche. Inoltre, intende avviare una riflessione sull’interdipendenza dei due comportamenti e sulle pratiche e sulle politiche organizzative che possono permettere di gestire l’assenteismo senza incrementare il presenteismo, ma preservando il benessere e la produttività del lavoratore e dell’organizzazione.
DALL’ASSENTEISMO AL PRESENTEISMO NELLE ORGANIZZAZIONI / Miraglia, Mariella; Menatta, Pietro. - STAMPA. - (2018), pp. 281-318.
DALL’ASSENTEISMO AL PRESENTEISMO NELLE ORGANIZZAZIONI
PIETRO MENATTA
2018
Abstract
INTRODUZIONE. “Bologna, furbetti all'Ibc: 28 sotto la lente della Finanza”, “Assenteismo alla Prefettura di Pistoia: tredici dipendenti condannati”, “Assenteismo al Loreto Mare: in 87 a giudizio tra infermieri, medici e impiegati”: questi sono solo alcuni dei numerosi titoli sull’assenteismo comparsi su uno dei maggiori quotidiani nazionali nel 2017. L’assenteismo sul lavoro ha da sempre richiamato l’attenzione di media, vertici delle organizzazioni, addetti alle risorse umane, e studiosi di management e comportamento organizzativo, essendo comunemente associato ad una connotazione negativa, che assimila i comportamenti di assenza ad azioni devianti (Johns, 1994; Johns & Miraglia, 2015), in parte a causa della loro influenza cruciale sui risultati organizzativi. Le assenze comportano, infatti, notevoli costi sia diretti, come il pagamento di eventuali straordinari o giornate lavorative per chi sostituisce l’assente, che indiretti, legati alle risorse impiegate per la formazione dei “sostituti”, all’eventuale riformulazione del lavoro precedentemente assegnato, alla perdita di expertise ed esperienza, alla possibile diminuzione del clima e del morale del gruppo, fino alla riduzione della produttività organizzativa (Lambert et al., 2005; Steel, Rentsch e Van Scotter, 2007). Per gestire il fenomeno e le sue conseguenze, è imprescindibile definire cosa si intende con comportamenti di assenza sul lavoro, al fine di misurarli correttamente, monitorarli e, soprattutto, identificarne le cause principali. Nella letteratura scientifica, il termine assenza indica la mancata presenza fisica della persona in una data posizione lavorativa, la violazione di precise aspettative sociali rispetto al suo “essere” in uno specifico tempo e luogo (Harrison e Martocchio, 1998; Martocchio e Harrison, 1993). Altre definizioni enfatizzano il carattere volontario dell’assenteismo, descrivendolo come la decisione dell’individuo di allocare tempo e impegno ad attività alternative al lavoro corrente al fine di soddisfare le proprie tendenze motivazionali (Fichman, 1984) o come conseguenza di calcoli di utilità personale (Chelius, 1981). Relativamente alle determinanti dell’assenteismo, la letteratura internazionale ha individuato molteplici fattori in grado di spiegare e predire tale comportamento, focalizzandosi prevalentemente sulle caratteristiche individuali del lavoratore, come le variabili socio-demografiche o gli atteggiamenti verso il lavoro (ad esempio, soddisfazione lavorativa, commitment organizzativo), e, in minor parte, sulle dimensioni di gruppo e culturali. Le ricerche empiriche restituiscono un quadro complesso, delineando l’assenteismo come multi-determinato e di difficile operazionalizzazione, ma fornendo al tempo stesso alcuni modelli onnicomprensivi che permettono di aggregarne le molteplici cause e analizzarne i nessi e le influenze reciproche (Brooke, 1986; Steers e Rhodes, 1978). Questa attenzione all’assenteismo e alla sua riduzione, confermata anche dai recenti cambiamenti legislativi nella pubblica amministrazione (decreto correttivo del Testo unico sulla pubblica amministrazione, L. 133/2008), ha contribuito all’emergere di un nuovo interesse scientifico verso ciò che può essere considerato l’altra faccia della medaglia dei comportamenti di assenza sul lavoro, ossia verso il presenteismo. Il termine fa riferimento all’essere presenti sul lavoro anche quando si è malati (Aronsson, Gustafsson, e Dallner, 2000; Johns, 2010); in altre parole, il presenteista è colui/colei che si reca a lavoro in precarie condizioni di salute, quando sarebbe stato meglio che avesse preso un giorno di assenza per malattia. Tale nuovo interesse deriva in primo luogo dalla testimoniata ascesa del fenomeno (CIPD, 2016), che, secondo un’indagine sulle condizioni lavorative europee (Eurofound, 2012), chiama in causa il 43% dei lavoratori. Se, da un lato, ciò rispecchia i profondi cambiamenti conseguenti alla crisi finanziaria del 2009, che hanno trasformato le condizioni economiche e il mercato del lavoro, inevitabilmente incrementando un sentimento diffuso di insicurezza lavorativa, dall’altro, numerose altre cause sono alla base del costrutto. Come l’assenteismo, il presenteismo è un comportamento multiforme, caratterizzato non solo da una complessa eziologia, che rimanda a fattori di livello individuale, lavorativo, e organizzativo (Miraglia e Johns, 2016), ma anche da differenti conseguenze per l’individuo e l’organizzazione. Attraverso una rassegna aggiornata della letteratura internazionale, il presente capitolo si pone l’obiettivo di illustrare l’insieme degli antecedenti associati ai comportamenti di assenza e presenza sul luogo di lavoro, riportando i maggior modelli teorici di riferimento e le principali evidenze scientifiche. Inoltre, intende avviare una riflessione sull’interdipendenza dei due comportamenti e sulle pratiche e sulle politiche organizzative che possono permettere di gestire l’assenteismo senza incrementare il presenteismo, ma preservando il benessere e la produttività del lavoratore e dell’organizzazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.