Ossessione ricorrente nell’opera di Robert K. Merton, la tematica della “latenza” ha rappresentato un terreno di riflessione elettivo su cui il pensiero sociologico ha spesso misurato capacità e limiti della propria immaginazione e della propria originalità. Dialogando criticamente con un ristretto numero di autori di riferimento (Bourdieu, Goffman, Hacking, Ginzburg, Freud, Elster e Garfinkel), il volume prova a rielaborare i fondamenti stessi di tale tematica, ponendovi al centro il concetto di dimensione latente dell’agire sociale: la discrepanza tra ciò che il soggetto dell’azione ritiene che la sua azione sia (e quindi gli elementi da cui egli pensa che essa sia formata) e ciò che quella sua stessa azione si rivela essere concretamente (di fatto, nelle sue conseguenze, a-tutti-gli-effetti occorsi nella pratica). Fondata su una sottovalutazione del peso del proprio agire da parte dell’agente, tale dimensione è formata da tutti quegli elementi che erano, sì, materialmente presenti nell’azione materialmente attuata, ma che esistenzialmente (nella testa degli attori e nel contesto in cui si muovevano) erano ai margini della stessa, quando non ignorati del tutto. Sulla scorta di questo concetto inedito, i capitoli del libro sviluppano alcuni dei nodi principali a cui poter ancorare una versione rinnovata della teoria dell’azione sociale: l’identità mutevole degli eventi passati; il rapporto consequenziale tra passionalità e riflessività dell’agire; il senso comune e le routine quotidiane inavvertite; il ruolo di indizi, minuzie e di ciò che si presenta come apparentemente banale; la funzione analitica delle nozioni di aggregazione e meccanismo; le potenzialità inesplorate delle tecniche qualitative; il singolare passaggio dall’inconsapevolezza alla volontarietà di effetti e valutazioni.
La dimensione latente dell'azione sociale / Sabetta, Lorenzo. - STAMPA. - (2018), pp. 1-212.
La dimensione latente dell'azione sociale
lorenzo sabetta
2018
Abstract
Ossessione ricorrente nell’opera di Robert K. Merton, la tematica della “latenza” ha rappresentato un terreno di riflessione elettivo su cui il pensiero sociologico ha spesso misurato capacità e limiti della propria immaginazione e della propria originalità. Dialogando criticamente con un ristretto numero di autori di riferimento (Bourdieu, Goffman, Hacking, Ginzburg, Freud, Elster e Garfinkel), il volume prova a rielaborare i fondamenti stessi di tale tematica, ponendovi al centro il concetto di dimensione latente dell’agire sociale: la discrepanza tra ciò che il soggetto dell’azione ritiene che la sua azione sia (e quindi gli elementi da cui egli pensa che essa sia formata) e ciò che quella sua stessa azione si rivela essere concretamente (di fatto, nelle sue conseguenze, a-tutti-gli-effetti occorsi nella pratica). Fondata su una sottovalutazione del peso del proprio agire da parte dell’agente, tale dimensione è formata da tutti quegli elementi che erano, sì, materialmente presenti nell’azione materialmente attuata, ma che esistenzialmente (nella testa degli attori e nel contesto in cui si muovevano) erano ai margini della stessa, quando non ignorati del tutto. Sulla scorta di questo concetto inedito, i capitoli del libro sviluppano alcuni dei nodi principali a cui poter ancorare una versione rinnovata della teoria dell’azione sociale: l’identità mutevole degli eventi passati; il rapporto consequenziale tra passionalità e riflessività dell’agire; il senso comune e le routine quotidiane inavvertite; il ruolo di indizi, minuzie e di ciò che si presenta come apparentemente banale; la funzione analitica delle nozioni di aggregazione e meccanismo; le potenzialità inesplorate delle tecniche qualitative; il singolare passaggio dall’inconsapevolezza alla volontarietà di effetti e valutazioni.File | Dimensione | Formato | |
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