Nel mondo globalizzato che abitiamo si stagliano soltanto due grandi strutture capaci di Il mondo globalizzato che oggi abitiamo, e che si definisce con termini ormai stereotipati quali individualista, digitalizzato, post-moderno, post-umano, ha lasciato sul campo di battaglia devastato un’unica, grande struttura ideologica e culturale in grado di costruire e mantenere identità collettive: quella religiosa. I grandi monoteismi appaiono ancora in piedi, mentre le possenti ideologie del passato, da quella umanistica a quella illuministica, da quella positivista a quella marxista, sono entrate in crisi e in alcuni casi si sono praticamente dissolte. Nella travagliata esistenza dei grandi sistemi religiosi la cosa appare cruciale. I processi di globalizzazione, infatti, sin dai tempi dello spazio “omogeneizzato” dell’impero romano con cui ebbe a confrontarsi Paolo di Tarso vedi vie commerciali e reti del web, sono una decisiva opportunità per le religioni monoteiste in quanto ne favoriscono l’azione universalistica di diffusione ed espansione, azione che è il fulcro della loro esistenza e della loro tenuta identitaria. In particolare per ciò che riguarda il cristianesimo, è durante la lunga fase che prende avvio nel Cinquecento e si concretizza con l’esplodere della rivoluzione industriale e la nascita del capitalismo e della modernità, che per la prima volta si affronta il nodo cruciale del rapporto con la materialità, con la “moneta”, con lo “sterco del demonio”, secondo la celebre definizione di Lutero. È in questi decenni ad esempio che il calvinismo sperimenta con successo la sublimazione del momento produttivo attraverso la sfera religiosa: il lavoro è reso finalmente “abitabile” ad un numero relativamente diffuso di persone. Una volta predestinato l’uomo è lasciato libero di muoversi nel mondo, di “mondanizzarsi”, avendone avuta legittimazione: non è più Dio che “lavora nel mondo” attraverso l’uomo “punito”, carcerato, ed espiante (come nel cattolicesimo), ma l’uomo che lavora liberamente per conto di Dio, avendone cioè ricevuto la delega, e presentando il libro dei conti allo scadere del contratto. Così ridefinito il cristianesimo risulta non soltanto lo strumento per sublimare il capitale, rendendolo accettabile, ma anche il sistema per adattare la religione cristiana, altrimenti obsoleta, ad esistere nel nuovo mondo “capitalizzato”. Ma la globalizzazione con cui ci confrontiamo oggi, è evidente, si dimostra completamente diversa e soprattutto più pericolosa per la tenuta religiosa: potentemente omologante e standardizzante, eppure allo stesso modo individualizzante e refrattaria se riferita ai possenti collanti “collettivi” precedenti, là dove l’elemento di discontinuità rispetto al passato assume il volto del motore potentissimo del consumo. Verosimilmente è proprio questo il centro della questione: le strutture religiose monoteistiche, che si sono ritrovate di fronte allo spazio (dei flussi e dei luoghi) aperto del nuovo mondo, non possono perdere questa straordinaria opportunità di perpetuarsi, ma allo stesso tempo devono necessariamente ripensarsi per poter vivere all’interno di un simile rivolgimento. A questa doppia sollecitazione esse devono oggi, e dovranno ancora di più nel futuro, il loro successo o la loro decadenza.

Monoteismi al bivio? / Tarzia, Fabio. - STAMPA. - (2018), pp. 7-16.

Monoteismi al bivio?

Fabio Tarzia
2018

Abstract

Nel mondo globalizzato che abitiamo si stagliano soltanto due grandi strutture capaci di Il mondo globalizzato che oggi abitiamo, e che si definisce con termini ormai stereotipati quali individualista, digitalizzato, post-moderno, post-umano, ha lasciato sul campo di battaglia devastato un’unica, grande struttura ideologica e culturale in grado di costruire e mantenere identità collettive: quella religiosa. I grandi monoteismi appaiono ancora in piedi, mentre le possenti ideologie del passato, da quella umanistica a quella illuministica, da quella positivista a quella marxista, sono entrate in crisi e in alcuni casi si sono praticamente dissolte. Nella travagliata esistenza dei grandi sistemi religiosi la cosa appare cruciale. I processi di globalizzazione, infatti, sin dai tempi dello spazio “omogeneizzato” dell’impero romano con cui ebbe a confrontarsi Paolo di Tarso vedi vie commerciali e reti del web, sono una decisiva opportunità per le religioni monoteiste in quanto ne favoriscono l’azione universalistica di diffusione ed espansione, azione che è il fulcro della loro esistenza e della loro tenuta identitaria. In particolare per ciò che riguarda il cristianesimo, è durante la lunga fase che prende avvio nel Cinquecento e si concretizza con l’esplodere della rivoluzione industriale e la nascita del capitalismo e della modernità, che per la prima volta si affronta il nodo cruciale del rapporto con la materialità, con la “moneta”, con lo “sterco del demonio”, secondo la celebre definizione di Lutero. È in questi decenni ad esempio che il calvinismo sperimenta con successo la sublimazione del momento produttivo attraverso la sfera religiosa: il lavoro è reso finalmente “abitabile” ad un numero relativamente diffuso di persone. Una volta predestinato l’uomo è lasciato libero di muoversi nel mondo, di “mondanizzarsi”, avendone avuta legittimazione: non è più Dio che “lavora nel mondo” attraverso l’uomo “punito”, carcerato, ed espiante (come nel cattolicesimo), ma l’uomo che lavora liberamente per conto di Dio, avendone cioè ricevuto la delega, e presentando il libro dei conti allo scadere del contratto. Così ridefinito il cristianesimo risulta non soltanto lo strumento per sublimare il capitale, rendendolo accettabile, ma anche il sistema per adattare la religione cristiana, altrimenti obsoleta, ad esistere nel nuovo mondo “capitalizzato”. Ma la globalizzazione con cui ci confrontiamo oggi, è evidente, si dimostra completamente diversa e soprattutto più pericolosa per la tenuta religiosa: potentemente omologante e standardizzante, eppure allo stesso modo individualizzante e refrattaria se riferita ai possenti collanti “collettivi” precedenti, là dove l’elemento di discontinuità rispetto al passato assume il volto del motore potentissimo del consumo. Verosimilmente è proprio questo il centro della questione: le strutture religiose monoteistiche, che si sono ritrovate di fronte allo spazio (dei flussi e dei luoghi) aperto del nuovo mondo, non possono perdere questa straordinaria opportunità di perpetuarsi, ma allo stesso tempo devono necessariamente ripensarsi per poter vivere all’interno di un simile rivolgimento. A questa doppia sollecitazione esse devono oggi, e dovranno ancora di più nel futuro, il loro successo o la loro decadenza.
2018
Religioni nella metropoli. Tra fondamentalismo e consumo
9788872859001
monoteismi; consumo; globalizzazione
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Monoteismi al bivio? / Tarzia, Fabio. - STAMPA. - (2018), pp. 7-16.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1108170
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