Behind any division into pure and impure lies a primordial attempt at classifying the universe. Classification is never a neutral act, deriving from a mere wish for knowledge, but a symbolic act in which a cultural or hegemonic project manifests itself. A basic classification is between what belongs to ‘our’ world, the hortus conclusus in which we can feel relatively safe, and the rest, the immense extraneous world that encircles and potentially menaces our little world on all sides. Broadly speaking, the difficult task that all societies have to confront with is to defend their own little world from the assaults of the immense universe, but without negating it: life itself needs the contribution of, or the dialogue with, the obscure world of power just outside the boundaries. This is the universally human scenario within which Indian civilisation proceeds on its own path. What first strikes us is that the rules of play are not dictated by Indian society as a whole, but by a numerically small elite which takes on its shoulders most of the cultural and religious responsibilities of Indian society, and the related privileges. It is in fact the Brahmans who dictate the bulk of socio-religious texts prescribing the rules of conduct both in ritual and everyday life comes from. The present article investigates the grounds of the strong criticism of the Brahmanical purity/impurity opposition by the non-dualistic Śaiva Tantrism.

Dietro ogni demarcazione tra puro e impuro si cela un primordiale tentativo di classificare l’universo. Classificare non è mai un atto neutrale, motivato da un puro desiderio di conoscenza, ma un atto simbolico nel quale prende forma un progetto culturale o egemonico. Una classificazione basilare è quella che oppone ciò che appartiene al nostro mondo - l’hortus conclusus nel quale ci sentiamo relativamente sicuri - e il resto, l’immenso mondo estraneo che circonda e potenzialmente minaccia il nostro piccolo mondo da ogni parte. In senso lato, il difficile compito che ogni società deve assumersi è quello di difendere il suo piccolo mondo dagli assalti dell’immenso universo, ma senza mirare ad abolire quest’ultimo: è la vita stessa a esigere il contributo dell’oscuro mondo di poteri che si affaccia ai suoi confini, o quanto meno il dialogo con esso. E’ all’interno di questo scenario universalmente umano che la civiltà indiana traccia la via sua propria. Quello che ci colpisce fin dall’inizio è che le regole del gioco non sono dettate dalla civiltà indiana nel suo complesso, ma da un’élite numericamente insignificante che prende sulle sue spalle la maggior parte delle responsabilità culturali e religiose della società indiana e, naturalmente, ne assume i privilegi connessi. Sono infatti i Brahmani a comporre l’immane quantità di testi socio-religiosi che dettano le regole di condotta tanto nel rituale quanto nella vita quotidiana, e fra queste le regole che concernono purità e impurità hanno un ruolo centrale. Il presente saggio esamina l’opposizione brahmanica puro-impuro e la risposta dello Śivaismo tantrico, che la mette radicalmente in discussione.

Contro la purità brahmanica: lo Śivaismo non-duale e il superamento di śaṅkā 'esitazione', 'inibizione' / Torella, Raffaele. - STAMPA. - 11.1-2(2017), pp. 57-68.

Contro la purità brahmanica: lo Śivaismo non-duale e il superamento di śaṅkā 'esitazione', 'inibizione'

raffaele torella
2017

Abstract

Behind any division into pure and impure lies a primordial attempt at classifying the universe. Classification is never a neutral act, deriving from a mere wish for knowledge, but a symbolic act in which a cultural or hegemonic project manifests itself. A basic classification is between what belongs to ‘our’ world, the hortus conclusus in which we can feel relatively safe, and the rest, the immense extraneous world that encircles and potentially menaces our little world on all sides. Broadly speaking, the difficult task that all societies have to confront with is to defend their own little world from the assaults of the immense universe, but without negating it: life itself needs the contribution of, or the dialogue with, the obscure world of power just outside the boundaries. This is the universally human scenario within which Indian civilisation proceeds on its own path. What first strikes us is that the rules of play are not dictated by Indian society as a whole, but by a numerically small elite which takes on its shoulders most of the cultural and religious responsibilities of Indian society, and the related privileges. It is in fact the Brahmans who dictate the bulk of socio-religious texts prescribing the rules of conduct both in ritual and everyday life comes from. The present article investigates the grounds of the strong criticism of the Brahmanical purity/impurity opposition by the non-dualistic Śaiva Tantrism.
2017
Anantaratnaprabhava. Studi in onore di Giuliano Boccali
978-88-6705-680-4
Dietro ogni demarcazione tra puro e impuro si cela un primordiale tentativo di classificare l’universo. Classificare non è mai un atto neutrale, motivato da un puro desiderio di conoscenza, ma un atto simbolico nel quale prende forma un progetto culturale o egemonico. Una classificazione basilare è quella che oppone ciò che appartiene al nostro mondo - l’hortus conclusus nel quale ci sentiamo relativamente sicuri - e il resto, l’immenso mondo estraneo che circonda e potenzialmente minaccia il nostro piccolo mondo da ogni parte. In senso lato, il difficile compito che ogni società deve assumersi è quello di difendere il suo piccolo mondo dagli assalti dell’immenso universo, ma senza mirare ad abolire quest’ultimo: è la vita stessa a esigere il contributo dell’oscuro mondo di poteri che si affaccia ai suoi confini, o quanto meno il dialogo con esso. E’ all’interno di questo scenario universalmente umano che la civiltà indiana traccia la via sua propria. Quello che ci colpisce fin dall’inizio è che le regole del gioco non sono dettate dalla civiltà indiana nel suo complesso, ma da un’élite numericamente insignificante che prende sulle sue spalle la maggior parte delle responsabilità culturali e religiose della società indiana e, naturalmente, ne assume i privilegi connessi. Sono infatti i Brahmani a comporre l’immane quantità di testi socio-religiosi che dettano le regole di condotta tanto nel rituale quanto nella vita quotidiana, e fra queste le regole che concernono purità e impurità hanno un ruolo centrale. Il presente saggio esamina l’opposizione brahmanica puro-impuro e la risposta dello Śivaismo tantrico, che la mette radicalmente in discussione.
India; brahmanesimo; tantrismo śaiva; purità/impurità; Abhinavagupta
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Contro la purità brahmanica: lo Śivaismo non-duale e il superamento di śaṅkā 'esitazione', 'inibizione' / Torella, Raffaele. - STAMPA. - 11.1-2(2017), pp. 57-68.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1104127
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