Nei primi secoli dell’età moderna le province dello Stato pontificio ricomprese nel territorio dell’attuale Lazio si distinguevano dagli altri territori ecclesiastici per la perdurante presenza di grandi domini signorili, i cui titolari continuarono ad esercitare prerogative particolarmente ampie in materia di giurisdizione penale e civile fino alla seconda metà del XVIII secolo. A partire dalla fine del Cinquecento, la Camera Apostolica ed i suoi ministri tentarono di inquadrare le diverse realtà signorili all’interno della compagine statale, facendo ricorso alle categorie del diritto feudale ed elaborando la teoria della feudalità implicita e remota, al fine di affermare la superiore potestà del papa. Tale teoria fu elaborata da Giovanni Battista Spada nei primi decenni del Seicento e poi ripresa da Giovanni Battista De Luca, il quale in più occasioni sottolineò il carattere allodiale dei possedimenti dei baroni romani. Tuttavia gli allodi veri e propri non ammettevano alcun superiore per quanto riguarda la giurisdizione, mentre i domini baronali si trovavano all’interno dei confini dello Stato pontificio ed i signori che ne erano titolari riconoscevano la sovranità del pontefice. Né feudi né allodi, De Luca definisce i possedimenti dei baroni romani una terza specie, «quoddam mixtum participans de feudo et de allodio». Mancando però gli elementi costitutivi del feudo, a cominciare dall’investitura, non si poteva trattare che di una feudalità remota ed impropria, una presunzione di feudalità. Nonostante questi tentativi di inquadramento teorico, nella maggior parte dei casi furono i concreti rapporti di forza tra potere centrale e baroni a determinare l’esito dei numerosi conflitti di giurisdizione che si verificavano nella prassi. Ancora nel 1746 Benedetto XIV pose fine ad una causa, che aveva visto contrapposti i baroni romani e la Sacra Consulta, riconoscendo ed approvando la consuetudine, che consentiva ai tribunali signorili di irrogare pene straordinarie corporali anche gravi, ed evitando di intaccare le potestà giurisdizionali di cui tradizionalmente godevano i baroni romani in ambito penale, ma limitandosi a chiederne il corretto esercizio.

Feudalità implicita : giurisdizione signorile e pontificia in età moderna / Sigismondi, Francesca Laura. - STAMPA. - (2018), pp. 1-290.

Feudalità implicita : giurisdizione signorile e pontificia in età moderna

Francesca Laura Sigismondi
2018

Abstract

Nei primi secoli dell’età moderna le province dello Stato pontificio ricomprese nel territorio dell’attuale Lazio si distinguevano dagli altri territori ecclesiastici per la perdurante presenza di grandi domini signorili, i cui titolari continuarono ad esercitare prerogative particolarmente ampie in materia di giurisdizione penale e civile fino alla seconda metà del XVIII secolo. A partire dalla fine del Cinquecento, la Camera Apostolica ed i suoi ministri tentarono di inquadrare le diverse realtà signorili all’interno della compagine statale, facendo ricorso alle categorie del diritto feudale ed elaborando la teoria della feudalità implicita e remota, al fine di affermare la superiore potestà del papa. Tale teoria fu elaborata da Giovanni Battista Spada nei primi decenni del Seicento e poi ripresa da Giovanni Battista De Luca, il quale in più occasioni sottolineò il carattere allodiale dei possedimenti dei baroni romani. Tuttavia gli allodi veri e propri non ammettevano alcun superiore per quanto riguarda la giurisdizione, mentre i domini baronali si trovavano all’interno dei confini dello Stato pontificio ed i signori che ne erano titolari riconoscevano la sovranità del pontefice. Né feudi né allodi, De Luca definisce i possedimenti dei baroni romani una terza specie, «quoddam mixtum participans de feudo et de allodio». Mancando però gli elementi costitutivi del feudo, a cominciare dall’investitura, non si poteva trattare che di una feudalità remota ed impropria, una presunzione di feudalità. Nonostante questi tentativi di inquadramento teorico, nella maggior parte dei casi furono i concreti rapporti di forza tra potere centrale e baroni a determinare l’esito dei numerosi conflitti di giurisdizione che si verificavano nella prassi. Ancora nel 1746 Benedetto XIV pose fine ad una causa, che aveva visto contrapposti i baroni romani e la Sacra Consulta, riconoscendo ed approvando la consuetudine, che consentiva ai tribunali signorili di irrogare pene straordinarie corporali anche gravi, ed evitando di intaccare le potestà giurisdizionali di cui tradizionalmente godevano i baroni romani in ambito penale, ma limitandosi a chiederne il corretto esercizio.
2018
9788824325615
giurisdizione; signoria; stato pontificio; età moderna; feudalità
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
Feudalità implicita : giurisdizione signorile e pontificia in età moderna / Sigismondi, Francesca Laura. - STAMPA. - (2018), pp. 1-290.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1091808
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