The recent global financial crisis has led to the renewal of the financial regulation debate through the emergence of concepts like systemic risk and the notion of macroprudential approach to regulation and supervision, i.e. limitation of financial system-wide distress. This debate on financial stability actually constitutes a major concern not only for academics, who have argued long and hard that bank regulation should be designed for the system as a whole and not for each of its components, but also for regulatory authorities and international institutions. How can the institutions to which this macroprudential policy should be applied, i.e. systemically risky firms, be identified? This is the key question in the design of a framework for implementation of macroprudential regulation. And although the systemic importance of individual financial institutions has been investigated by numerous recent papers, it still awaits final resolution. For these reasons we analyse a component approach to systemic risk: a new, simple and parsimonious alternative method to identify systemically important institutions to which more restrictive policies should be applied. As opposed to the aforementioned marginal approach, this method includes by definition the weight of the firm in the system, and makes possible to easily decompose the risk of the aggregate financial system (measured by ES), which is extremely useful in managing risk. Indeed, the additive tool it defines reflects the correlation between the elements of the system, while the components precisely add up to the total systemic risk. This statistical measure is drawn on the works of Jorion (2007) who introduced the `Component Value-at-Risk' concept as a measure of the contribution of each asset in a portfolio to the Value-at- Risk (VaR) of the portfolio. By analogy, we hence propose a Component Expected Shortfall (CES) systemic risk measure to quantify each firm's contribution to the overall risk, given that the system's risk is measured by (ES).

Il dibattito sulla stabilità finanziaria globale costituisce attualmente un tema centrale nell’agenda politica delle autorità internazionali di regolamentazione finanziaria. L’obiettivo dichiarato è quello di limitare il contributo al rischio sistemico degli intermediari cross-border al fine di prevenire crisi finanziarie globali che potrebbero verificarsi nel caso in cui l’intermediario, colpito da un evento di stress, dovesse contagiare altri intermediari ad esso strettamente connessi e, in seconda battuta, l’intero sistema finanziario attraverso una sorta di “effetto domino”. Attualmente lo strumento regolamentare per limitare l’insorgenza del rischio sistemico è la richiesta a ciascuna istituzione finanziaria “sistemicamente rilevante” (SIFI) di un surplus di capitale in funzione delle esternalità negative generate dal contributo dell’istituzione al rischio complessivo del sistema finanziario. L’aspetto chiave del dibattito internazionale è “come” individuare le istituzioni alle quali richiedere questi surplus di capitale a “copertura” del rischio sistemico, imposti per scoraggiare l’adozione da parte delle SIFI di quelle pratiche di business che alimentano l’instabilità globale. Attualmente esistono due diverse metodologie per la stima del contributo marginale di una singola istituzione finanziaria al rischio sistemico: il supervisory approach ed il market–based approach. Il supervisory approach (adottato dagli organi di controllo) è un metodo basato su indicatori di tipo contabile (indicator–based) e si alimenta di informazioni specifiche di natura sia qualitativa che quantitativa riguardanti le singole istituzioni finanziarie, come: la dimensione, la leva finanziaria, la liquidità, il grado di interconnessione, la complessità e la sostituibilità. Tali informazioni proprietarie vengono fornite dagli intermediari finanziari ai regolatori proprio nell’ottica di soddisfare un’esigenza di vigilanza di natura macro prudenziale. D’altro canto, le debolezze in termini di trasparenza dei dati e di verificabilità dei risultati di questo metodo regolamentare hanno provocato critiche ed insoddisfazioni da parte del mondo bancario stimolando i ricercatori a proporre metodi alternativi basati su modelli matematico-statistici ed alimentati soprattutto da dati di mercato ad alta frequenza (tipicamente i rendimenti di borsa giornalieri delle istituzioni finanziarie). L’approccio basato sui dati di mercato utilizza, infatti, soprattutto informazioni pubbliche di borsa relative alle istituzioni finanziarie e propone “nuove” misure di rischio, rispetto alla misura regolamentare del Value–at–Risk (VaR), nel tentativo di cogliere più adeguatamente proprio il fenomeno del contagio e catturare quegli effetti di spillovers (esternalità negative) tra le istituzioni finanziarie che sono caratteristiche peculiari del rischio sistemico. Dal 2010 il mondo accademico internazionale sta contribuendo al dibattito sul rischio sistemico proponendo “nuove” misure di rischio basate su solide basi matematico-statistiche e alimentate soprattutto da dati finanziari e pubblicamente disponibili relativi ai soggetti vigilati. Ricordiamo, a tale proposito, alcune metriche di rischio come: il Marginal Expected Shortfall, MES, di Acharya et al., (2010); il Systemic Risk Measure, SRISK, di Brownless e Engle (2012) e di Acharya, Engle e Richardson (2012); il Delta Conditional Value-at-Risk, ΔCoVaR, di Adrian e Brunnermeier (2011) e di Ergun, A. T. e G. Girardi (2013) ; il Systemic Expected Shortfall, SES, di Corvasce (2011); il Component Expected Shortfall, CES, di Banulescu e Dumitrescu (2013). L’obiettivo di tutte queste misure alternative di rischio sistemico è quello di discriminare le istituzioni finanziarie nelle due categorie principali delle “SIFI” e delle “non SIFI” attraverso la costruzione di un ranking (secondo un ordine decrescente di livello di rischio) delle istituzioni che sia funzione del grado di contributo al rischio sistemico da parte di ciascuna istituzione. Maggiore è il contributo al rischio d’instabilità del sistema finanziario da parte di ciascuna istituzione, più alta sarà la sua posizione nel ranking e maggiore sarà il requisito addizionale di capitale richiesto dalle autorità a copertura delle perdite inattese dell’istituzione causate ad una situazione di stress sofferta dall’istituzione stessa. Data la pericolosità delle SIFI per la tenuta dell’intero sistema finanziario ed economico a causa dell’effetto contagio che sono in grado di scatenare nel sistema a causa del loro alto grado di interconnessione con gli altri intermediari e del loro forte peso sul mercato, la scelta dei regolatori internazionali è stata quella di catalogare come Global SIB (Systemically Important Banks) attualmente (ossia a novembre 2016) 31 istituzioni finanziarie e di ripartirle in 5 distinte classi di rischio sistemico (chiamate bucket) in funzione del loro grado di contributo al rischio; il bucket 5 è quello più rischioso, mentre il bucket 1 è quello meno rischioso sempre in termini sistemici (vedi Tabella 1). Attualmente la classe più numerosa (si contano 18 istituzioni) è quella corrispondente al bucket 1 (il livello più basso di rischio sistemico) alla quale è assegnato un requisito addizionale di capitale pari all’1% di RWA (risk weighted assets); segue in termini di numerosità (7 istituzioni) il bucket 2 al quale è assegnato un requisito extra di capitale pari all’1.5%; salendo nel ranking troviamo il bucket 3 con numerosità pari a 4 istituzioni e al quale è assegnato un requisito extra di capitale del 2% ed il bucket 4 con numerosità pari a 2 al quale è assegnato un requisito extra del 2.5%. Attualmente il bucket 5, quello più rischioso e quindi con il requisito extra di capitale più alto pari al 3.5% di RWA, è ancora vuoto. L’obiettivo politico dichiarato è scoraggiare le G-SIB ad aumentare il proprio livello di rischiosità sistemica “minacciando” l’assegnazione alla classe di rischio più alta, quella relativa al bucket 5, che costringerebbe le istituzioni ad un requisito extra di capitale pari al 3.5%. Considerato che Basilea 3 richiede a tutti gli intermediari di dotarsi entro il 1° gennaio 2019 di un requisito di capitale regolamentare pari a circa il 10.5% delle proprie attività pesate per il rischio (RWA), un’ulteriore futura richiesta del 3.5% a copertura di un livello massimo di rischio sistemico porterebbe la G-SIB ad uno sforzo di accantonamento complessivo di capitale indubbiamente notevole, pari a circa il 14% delle proprie RWA.

Sviluppi in tema di stima del contributo al rischio sistemico: dal marginal expected shortfall al component expected shorfall / Di Clemente, Annalisa. - ELETTRONICO. - 2(2017), pp. 13-32. [10.4399/97888255071712].

Sviluppi in tema di stima del contributo al rischio sistemico: dal marginal expected shortfall al component expected shorfall

Di Clemente, Annalisa
2017

Abstract

The recent global financial crisis has led to the renewal of the financial regulation debate through the emergence of concepts like systemic risk and the notion of macroprudential approach to regulation and supervision, i.e. limitation of financial system-wide distress. This debate on financial stability actually constitutes a major concern not only for academics, who have argued long and hard that bank regulation should be designed for the system as a whole and not for each of its components, but also for regulatory authorities and international institutions. How can the institutions to which this macroprudential policy should be applied, i.e. systemically risky firms, be identified? This is the key question in the design of a framework for implementation of macroprudential regulation. And although the systemic importance of individual financial institutions has been investigated by numerous recent papers, it still awaits final resolution. For these reasons we analyse a component approach to systemic risk: a new, simple and parsimonious alternative method to identify systemically important institutions to which more restrictive policies should be applied. As opposed to the aforementioned marginal approach, this method includes by definition the weight of the firm in the system, and makes possible to easily decompose the risk of the aggregate financial system (measured by ES), which is extremely useful in managing risk. Indeed, the additive tool it defines reflects the correlation between the elements of the system, while the components precisely add up to the total systemic risk. This statistical measure is drawn on the works of Jorion (2007) who introduced the `Component Value-at-Risk' concept as a measure of the contribution of each asset in a portfolio to the Value-at- Risk (VaR) of the portfolio. By analogy, we hence propose a Component Expected Shortfall (CES) systemic risk measure to quantify each firm's contribution to the overall risk, given that the system's risk is measured by (ES).
2017
Instabilità finanziaria globale: come governarla?
978-88-255-0717-1
Il dibattito sulla stabilità finanziaria globale costituisce attualmente un tema centrale nell’agenda politica delle autorità internazionali di regolamentazione finanziaria. L’obiettivo dichiarato è quello di limitare il contributo al rischio sistemico degli intermediari cross-border al fine di prevenire crisi finanziarie globali che potrebbero verificarsi nel caso in cui l’intermediario, colpito da un evento di stress, dovesse contagiare altri intermediari ad esso strettamente connessi e, in seconda battuta, l’intero sistema finanziario attraverso una sorta di “effetto domino”. Attualmente lo strumento regolamentare per limitare l’insorgenza del rischio sistemico è la richiesta a ciascuna istituzione finanziaria “sistemicamente rilevante” (SIFI) di un surplus di capitale in funzione delle esternalità negative generate dal contributo dell’istituzione al rischio complessivo del sistema finanziario. L’aspetto chiave del dibattito internazionale è “come” individuare le istituzioni alle quali richiedere questi surplus di capitale a “copertura” del rischio sistemico, imposti per scoraggiare l’adozione da parte delle SIFI di quelle pratiche di business che alimentano l’instabilità globale. Attualmente esistono due diverse metodologie per la stima del contributo marginale di una singola istituzione finanziaria al rischio sistemico: il supervisory approach ed il market–based approach. Il supervisory approach (adottato dagli organi di controllo) è un metodo basato su indicatori di tipo contabile (indicator–based) e si alimenta di informazioni specifiche di natura sia qualitativa che quantitativa riguardanti le singole istituzioni finanziarie, come: la dimensione, la leva finanziaria, la liquidità, il grado di interconnessione, la complessità e la sostituibilità. Tali informazioni proprietarie vengono fornite dagli intermediari finanziari ai regolatori proprio nell’ottica di soddisfare un’esigenza di vigilanza di natura macro prudenziale. D’altro canto, le debolezze in termini di trasparenza dei dati e di verificabilità dei risultati di questo metodo regolamentare hanno provocato critiche ed insoddisfazioni da parte del mondo bancario stimolando i ricercatori a proporre metodi alternativi basati su modelli matematico-statistici ed alimentati soprattutto da dati di mercato ad alta frequenza (tipicamente i rendimenti di borsa giornalieri delle istituzioni finanziarie). L’approccio basato sui dati di mercato utilizza, infatti, soprattutto informazioni pubbliche di borsa relative alle istituzioni finanziarie e propone “nuove” misure di rischio, rispetto alla misura regolamentare del Value–at–Risk (VaR), nel tentativo di cogliere più adeguatamente proprio il fenomeno del contagio e catturare quegli effetti di spillovers (esternalità negative) tra le istituzioni finanziarie che sono caratteristiche peculiari del rischio sistemico. Dal 2010 il mondo accademico internazionale sta contribuendo al dibattito sul rischio sistemico proponendo “nuove” misure di rischio basate su solide basi matematico-statistiche e alimentate soprattutto da dati finanziari e pubblicamente disponibili relativi ai soggetti vigilati. Ricordiamo, a tale proposito, alcune metriche di rischio come: il Marginal Expected Shortfall, MES, di Acharya et al., (2010); il Systemic Risk Measure, SRISK, di Brownless e Engle (2012) e di Acharya, Engle e Richardson (2012); il Delta Conditional Value-at-Risk, ΔCoVaR, di Adrian e Brunnermeier (2011) e di Ergun, A. T. e G. Girardi (2013) ; il Systemic Expected Shortfall, SES, di Corvasce (2011); il Component Expected Shortfall, CES, di Banulescu e Dumitrescu (2013). L’obiettivo di tutte queste misure alternative di rischio sistemico è quello di discriminare le istituzioni finanziarie nelle due categorie principali delle “SIFI” e delle “non SIFI” attraverso la costruzione di un ranking (secondo un ordine decrescente di livello di rischio) delle istituzioni che sia funzione del grado di contributo al rischio sistemico da parte di ciascuna istituzione. Maggiore è il contributo al rischio d’instabilità del sistema finanziario da parte di ciascuna istituzione, più alta sarà la sua posizione nel ranking e maggiore sarà il requisito addizionale di capitale richiesto dalle autorità a copertura delle perdite inattese dell’istituzione causate ad una situazione di stress sofferta dall’istituzione stessa. Data la pericolosità delle SIFI per la tenuta dell’intero sistema finanziario ed economico a causa dell’effetto contagio che sono in grado di scatenare nel sistema a causa del loro alto grado di interconnessione con gli altri intermediari e del loro forte peso sul mercato, la scelta dei regolatori internazionali è stata quella di catalogare come Global SIB (Systemically Important Banks) attualmente (ossia a novembre 2016) 31 istituzioni finanziarie e di ripartirle in 5 distinte classi di rischio sistemico (chiamate bucket) in funzione del loro grado di contributo al rischio; il bucket 5 è quello più rischioso, mentre il bucket 1 è quello meno rischioso sempre in termini sistemici (vedi Tabella 1). Attualmente la classe più numerosa (si contano 18 istituzioni) è quella corrispondente al bucket 1 (il livello più basso di rischio sistemico) alla quale è assegnato un requisito addizionale di capitale pari all’1% di RWA (risk weighted assets); segue in termini di numerosità (7 istituzioni) il bucket 2 al quale è assegnato un requisito extra di capitale pari all’1.5%; salendo nel ranking troviamo il bucket 3 con numerosità pari a 4 istituzioni e al quale è assegnato un requisito extra di capitale del 2% ed il bucket 4 con numerosità pari a 2 al quale è assegnato un requisito extra del 2.5%. Attualmente il bucket 5, quello più rischioso e quindi con il requisito extra di capitale più alto pari al 3.5% di RWA, è ancora vuoto. L’obiettivo politico dichiarato è scoraggiare le G-SIB ad aumentare il proprio livello di rischiosità sistemica “minacciando” l’assegnazione alla classe di rischio più alta, quella relativa al bucket 5, che costringerebbe le istituzioni ad un requisito extra di capitale pari al 3.5%. Considerato che Basilea 3 richiede a tutti gli intermediari di dotarsi entro il 1° gennaio 2019 di un requisito di capitale regolamentare pari a circa il 10.5% delle proprie attività pesate per il rischio (RWA), un’ulteriore futura richiesta del 3.5% a copertura di un livello massimo di rischio sistemico porterebbe la G-SIB ad uno sforzo di accantonamento complessivo di capitale indubbiamente notevole, pari a circa il 14% delle proprie RWA.
Regolamentazione del rischio sistemico, SIFI, requisiti di capitalizzazione bancaria, stima del rischio sistemico
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Sviluppi in tema di stima del contributo al rischio sistemico: dal marginal expected shortfall al component expected shorfall / Di Clemente, Annalisa. - ELETTRONICO. - 2(2017), pp. 13-32. [10.4399/97888255071712].
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
DiClemente_Stima-contributo_2017.pdf

solo gestori archivio

Tipologia: Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza: Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione 375.41 kB
Formato Adobe PDF
375.41 kB Adobe PDF   Contatta l'autore

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1045616
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact