The book focuses on the concept and unusual conformation of the Teatro Oficina (São Paulo, Brazil) designed by Lina Bo Bardi (1980-1991) and Edson Elito (1984-1989) and inaugurated in 1994. In this theatre the open-air space of a street in Bixiga, the Italian neighbourhood of São Paulo, is enclosed, equipped and turned into a performance venue thanks to its design: a system of juxtaposed galleries. Outwardly it has little of a classic theatre, instead it is more of a citation reminiscent of the theatrical tradition of Bo Bardi’s native land. This memory is embodied by the multi-storey galleries (built like a metal scaffolding) that greet the spectators: in the first part of the unusual hall they face each other, just like the traditional boxes in an Italian theatre which were arranged in a horseshoe in the days when a social event was as much a spectacle as the performance itself. The Italian designer wrote: “Architecturally speaking the Oficina will search for the true meaning of theatre”. However, tradition dissolves into contemporariness when it comes to the stage concept. The designer enhances the relationship between spectators, actors and the stage thanks to the huge French window whereby the city enters the theatre. In two other theatres by Bo Bardi (MASP and SESC Pompéia) the architect had concentrated on rethinking and redesigning the stage, making it more open and ready to host experimental theatre. In the late 1960s experimentation primarily involved Tropicália, the movement artistically represented by the Associação Teatro Oficina Uzyna Uzona. The company considered Tropicália as a constructive departure from colonial culture, a reinterpretation of the classics based on Oswald de Andrade’s anthropophagic theories. For Lina, novelty included links with Brazilian tradition and the country’s original sites and characteristics, also present in this theatre. The goal of Oficina’s uniqueness was to achieve all this; above all, to inseparably unite architecture and performance, spatiality and theatrical concept, city and art. Everything, from its spatial layout to the stage, is a revisitation of classicism embellished with political and social significance: initially to resist the dictatorship and then urban real estate speculation.

Il testo tratta la concezione e l’insolita conformazione del teatro Oficina, progettato a São Paulo in Brasile da Lina Bo Bardi (1980-1991) insieme a Edson Elito (1984-1989) e inaugurato nel 1994. In questo teatro lo spazio dello spettacolo viene racchiuso a evocare una strada nel quartiere italiano della capitale paulista, Bixiga, grazie anche al progetto realizzato con un sistema di ballatoi contrapposti. Del teatro classico apparentemente ha poco, ma della tradizione dello spazio teatrale del Paese di origine della Bo Bardi è una citazione, un ricordo. Questa memoria è ravvisabile nelle gallerie a più piani, realizzate come un’impalcatura in struttura metallica. Esse accolgono gli spettatori: nel tratto iniziale dell’inconsueta sala si fronteggiano, si osservano come avveniva tra i palchetti della tradizione del teatro italiano, disposti a ferro di cavallo, quando alla rappresentazione si aggiungeva lo spettacolo dell’evento mondano. “Dal punto di vista architettonico l’Oficina ricercherà il vero senso del teatro” scriveva la progettista italiana. Nella concezione scenografica però la tradizione si dilegua per lasciare posto alla contemporaneità. Vengono valorizzati i rapporti tra spettatori, attori e scena, la quale, attraverso un’ampia vetrata, include anche la città. La Bo Bardi già in altri due teatri, in quello del MASP e del SESC Pompéia, aveva dimostrato un’attenzione a ripensare e rielaborare lo spazio delle rappresentazioni, per renderlo sempre più aperto ad accogliere quelle del teatro sperimentale. Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso la sperimentazione abbracciava soprattutto Tropicália, movimento del quale l’Associação Teatro Oficina Uzyna Uzona ne rappresenta certamente un’espressione artistica. Per la compagnia l’adesione al Tropicalismo significava un allontanamento costruttivo dalla cultura coloniale: la rilettura dell’opera classica secondo le teorizzazioni dell’antropófagia di di Oswald de Andrade. Per Lina il nuovo non escludeva i legami con la tradizione brasiliana, con i luoghi e le caratteristiche originarie del Paese che, anche in questo spazio, non mancano. Oficina, nella sua originalità, mira a tutto questo, ma soprattutto a un’unione inscindibile tra architettura e spettacolo, tra spazialità e concezione teatrale, tra città e arte. Dall’impianto spaziale alla rappresentazione scenica esso nasce dunque come una rivisitazione della classicità, arricchendosi anche di significati politici e sociali: la resistenza alla dittatura prima, alla speculazione immobiliare paulista poi.

Oltre la tradizione. Il Teat(r)o Oficina di Lina Bo Bardi ed Edson Elito / Argenti, Maria; Sarno, Francesca. - STAMPA. - (2017), pp. 165-172.

Oltre la tradizione. Il Teat(r)o Oficina di Lina Bo Bardi ed Edson Elito

Maria Argenti
;
Francesca Sarno
2017

Abstract

The book focuses on the concept and unusual conformation of the Teatro Oficina (São Paulo, Brazil) designed by Lina Bo Bardi (1980-1991) and Edson Elito (1984-1989) and inaugurated in 1994. In this theatre the open-air space of a street in Bixiga, the Italian neighbourhood of São Paulo, is enclosed, equipped and turned into a performance venue thanks to its design: a system of juxtaposed galleries. Outwardly it has little of a classic theatre, instead it is more of a citation reminiscent of the theatrical tradition of Bo Bardi’s native land. This memory is embodied by the multi-storey galleries (built like a metal scaffolding) that greet the spectators: in the first part of the unusual hall they face each other, just like the traditional boxes in an Italian theatre which were arranged in a horseshoe in the days when a social event was as much a spectacle as the performance itself. The Italian designer wrote: “Architecturally speaking the Oficina will search for the true meaning of theatre”. However, tradition dissolves into contemporariness when it comes to the stage concept. The designer enhances the relationship between spectators, actors and the stage thanks to the huge French window whereby the city enters the theatre. In two other theatres by Bo Bardi (MASP and SESC Pompéia) the architect had concentrated on rethinking and redesigning the stage, making it more open and ready to host experimental theatre. In the late 1960s experimentation primarily involved Tropicália, the movement artistically represented by the Associação Teatro Oficina Uzyna Uzona. The company considered Tropicália as a constructive departure from colonial culture, a reinterpretation of the classics based on Oswald de Andrade’s anthropophagic theories. For Lina, novelty included links with Brazilian tradition and the country’s original sites and characteristics, also present in this theatre. The goal of Oficina’s uniqueness was to achieve all this; above all, to inseparably unite architecture and performance, spatiality and theatrical concept, city and art. Everything, from its spatial layout to the stage, is a revisitation of classicism embellished with political and social significance: initially to resist the dictatorship and then urban real estate speculation.
2017
Dal teatro all'italiana alle sale cinematografiche. Questioni di storia e prospettive di valorizzazione
978-88-7140-720-3
Il testo tratta la concezione e l’insolita conformazione del teatro Oficina, progettato a São Paulo in Brasile da Lina Bo Bardi (1980-1991) insieme a Edson Elito (1984-1989) e inaugurato nel 1994. In questo teatro lo spazio dello spettacolo viene racchiuso a evocare una strada nel quartiere italiano della capitale paulista, Bixiga, grazie anche al progetto realizzato con un sistema di ballatoi contrapposti. Del teatro classico apparentemente ha poco, ma della tradizione dello spazio teatrale del Paese di origine della Bo Bardi è una citazione, un ricordo. Questa memoria è ravvisabile nelle gallerie a più piani, realizzate come un’impalcatura in struttura metallica. Esse accolgono gli spettatori: nel tratto iniziale dell’inconsueta sala si fronteggiano, si osservano come avveniva tra i palchetti della tradizione del teatro italiano, disposti a ferro di cavallo, quando alla rappresentazione si aggiungeva lo spettacolo dell’evento mondano. “Dal punto di vista architettonico l’Oficina ricercherà il vero senso del teatro” scriveva la progettista italiana. Nella concezione scenografica però la tradizione si dilegua per lasciare posto alla contemporaneità. Vengono valorizzati i rapporti tra spettatori, attori e scena, la quale, attraverso un’ampia vetrata, include anche la città. La Bo Bardi già in altri due teatri, in quello del MASP e del SESC Pompéia, aveva dimostrato un’attenzione a ripensare e rielaborare lo spazio delle rappresentazioni, per renderlo sempre più aperto ad accogliere quelle del teatro sperimentale. Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso la sperimentazione abbracciava soprattutto Tropicália, movimento del quale l’Associação Teatro Oficina Uzyna Uzona ne rappresenta certamente un’espressione artistica. Per la compagnia l’adesione al Tropicalismo significava un allontanamento costruttivo dalla cultura coloniale: la rilettura dell’opera classica secondo le teorizzazioni dell’antropófagia di di Oswald de Andrade. Per Lina il nuovo non escludeva i legami con la tradizione brasiliana, con i luoghi e le caratteristiche originarie del Paese che, anche in questo spazio, non mancano. Oficina, nella sua originalità, mira a tutto questo, ma soprattutto a un’unione inscindibile tra architettura e spettacolo, tra spazialità e concezione teatrale, tra città e arte. Dall’impianto spaziale alla rappresentazione scenica esso nasce dunque come una rivisitazione della classicità, arricchendosi anche di significati politici e sociali: la resistenza alla dittatura prima, alla speculazione immobiliare paulista poi.
Lina Bo Bardi; Teatro Oficina; Edson Elito; São Paulo
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Oltre la tradizione. Il Teat(r)o Oficina di Lina Bo Bardi ed Edson Elito / Argenti, Maria; Sarno, Francesca. - STAMPA. - (2017), pp. 165-172.
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