La maternità “da sempre” è rappresentata come l’esperienza sacra per eccellenza, il momento della gioia, dove l’insinuarsi di qualsiasi ombra crea profondo disagio: come può infatti una donna provare sentimenti ostili o quanto meno ambivalenti nei confronti di una sua creatura, indifesa e bisognosa? Quando una donna non si sente a suo agio nei confronti del figlio dopo la sua nascita, una frase che si sente ripetere spesso è “ti verrà naturale”. Fare figli è un atto naturale ma proprio per questo impone alla donna di entrare in contatto con la parte più naturale, autentica, anche quella che talora viene negata a sé stessi, non in sintonia con l’immagine che ciascuno vuole che sia visibile all’esterno. Diventare madre, se da una parte, infatti, consente alla donna in gravidanza la possibilità di sperimentare la sua potenzialità creatrice, onnipotente, dall’altra la obbliga a confrontarsi con la dipendenza sperimentata dall’essere stata figlia della propria madre. Se l’esperienza è stata traumatica, il figlio può divenire la presentificazione di quanto più devastante è accaduto nella sua esperienza di vita e il dolore può essere così insostenibile da evocare fantasie di violenza, fobie di impulso, che, sebbene in un numero limitato di casi, possono arrivare all’infanticidio.
La furia di Medea. La violenza che inganna / Piero, Petrini; Daniela, Veneruso; Giacchetti, Nicoletta; Aceti, Franca. - STAMPA. - 0(2017), pp. 127-135.
La furia di Medea. La violenza che inganna
Franca Aceti
2017
Abstract
La maternità “da sempre” è rappresentata come l’esperienza sacra per eccellenza, il momento della gioia, dove l’insinuarsi di qualsiasi ombra crea profondo disagio: come può infatti una donna provare sentimenti ostili o quanto meno ambivalenti nei confronti di una sua creatura, indifesa e bisognosa? Quando una donna non si sente a suo agio nei confronti del figlio dopo la sua nascita, una frase che si sente ripetere spesso è “ti verrà naturale”. Fare figli è un atto naturale ma proprio per questo impone alla donna di entrare in contatto con la parte più naturale, autentica, anche quella che talora viene negata a sé stessi, non in sintonia con l’immagine che ciascuno vuole che sia visibile all’esterno. Diventare madre, se da una parte, infatti, consente alla donna in gravidanza la possibilità di sperimentare la sua potenzialità creatrice, onnipotente, dall’altra la obbliga a confrontarsi con la dipendenza sperimentata dall’essere stata figlia della propria madre. Se l’esperienza è stata traumatica, il figlio può divenire la presentificazione di quanto più devastante è accaduto nella sua esperienza di vita e il dolore può essere così insostenibile da evocare fantasie di violenza, fobie di impulso, che, sebbene in un numero limitato di casi, possono arrivare all’infanticidio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.