Il fenomeno della street art, per l’intrinseca eterogeneità degli attori che coinvolge, delle motivazioni, delle esperienze e del background socio-culturale che necessariamente richiama, sfugge a qualsiasi tentativo di etichettamento o classificazione. La si può pensare come forma d’arte che ha spezzato le cornici tradizionali, oppure come pratica interstiziale che si è ritagliata spazi privilegiati nelle superfici lasciate libere da altre pratiche. In ogni caso, essa si manifesta come impronta lasciata sul territorio, attraverso opere che, costruite secondo tecniche diverse, sono tutte unite dalla volontà di “scioccare” un pubblico alternativo (rispetto a quello delle gallerie o dei musei), mostrandogli nuovi scenari, ri-significando, ma anche evidenziando, spazi brutalizzati dall’edilizia di pura speculazione. Che sia letta in termini di abbellimento o al contrario di aggressione, di denuncia estetico-sociale o piuttosto di imbrattatura muraria, la sua creatività travolge sempre lo sguardo del flâneur contemporaneo. Il paesaggio appare comunque trasformato, riscattato dal grigiore e dall’anonimato, talvolta completamente rigenerato da cromature, immagini, messaggi, storie. Ma solo quando la street art si propone come qualcosa di originale sul piano estetico-espressivo, costringe l’osservatore ad un atto di cooperazione nell’interpretarla, gli richiede un lavoro mentale istantaneo di “appropriazione”. In questi casi si può parlare allora di ri-qualificazione, poiché l’opera riesce ad instaurare un dialogo anche emozionale con il fruitore/osservatore: non si configura soltanto come forma di interazione tra l’artista e il suo atto espressivo, ma anche come gesto sociale, come ponte gettato tra l’individuo creativo e la collettività, alla quale il primo restituisce – che lo voglia o no – un paesaggio trasfigurato.
Il paradiso può attendere. La street art come forma di rigenerazione urbana / Ciampi, Marina. - ELETTRONICO. - (2017), pp. 675-683.
Il paradiso può attendere. La street art come forma di rigenerazione urbana
Ciampi
2017
Abstract
Il fenomeno della street art, per l’intrinseca eterogeneità degli attori che coinvolge, delle motivazioni, delle esperienze e del background socio-culturale che necessariamente richiama, sfugge a qualsiasi tentativo di etichettamento o classificazione. La si può pensare come forma d’arte che ha spezzato le cornici tradizionali, oppure come pratica interstiziale che si è ritagliata spazi privilegiati nelle superfici lasciate libere da altre pratiche. In ogni caso, essa si manifesta come impronta lasciata sul territorio, attraverso opere che, costruite secondo tecniche diverse, sono tutte unite dalla volontà di “scioccare” un pubblico alternativo (rispetto a quello delle gallerie o dei musei), mostrandogli nuovi scenari, ri-significando, ma anche evidenziando, spazi brutalizzati dall’edilizia di pura speculazione. Che sia letta in termini di abbellimento o al contrario di aggressione, di denuncia estetico-sociale o piuttosto di imbrattatura muraria, la sua creatività travolge sempre lo sguardo del flâneur contemporaneo. Il paesaggio appare comunque trasformato, riscattato dal grigiore e dall’anonimato, talvolta completamente rigenerato da cromature, immagini, messaggi, storie. Ma solo quando la street art si propone come qualcosa di originale sul piano estetico-espressivo, costringe l’osservatore ad un atto di cooperazione nell’interpretarla, gli richiede un lavoro mentale istantaneo di “appropriazione”. In questi casi si può parlare allora di ri-qualificazione, poiché l’opera riesce ad instaurare un dialogo anche emozionale con il fruitore/osservatore: non si configura soltanto come forma di interazione tra l’artista e il suo atto espressivo, ma anche come gesto sociale, come ponte gettato tra l’individuo creativo e la collettività, alla quale il primo restituisce – che lo voglia o no – un paesaggio trasfigurato.File | Dimensione | Formato | |
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