La ricerca, svolta nell’ambito del Dottorato di ricerca in Archeologia, indirizzo Etruscologia, sotto la direzione della prof.ssa G. Bartoloni, si propone di definire origine, modelli, evoluzione e funzione della famiglia tipologica in questione a partire dai prototipi in metallo e in materiale di pregio e di stabilire relazioni, apporti e rielaborazioni tra questi e le imitazioni ceramiche in impasto bruno, bucchero e ceramica figulina italo-geometrica diffuse in Italia centrale (Etruria, Latium Vetus e agro falisco-capenate), individuate finora nella definizione, ritenuta troppo generica, di “tipo fenicio-cipriota”. Mentre, infatti, le versioni in argento e bronzo sono state da sempre oggetto della curiosità intellettuale di numerosi studiosi di varia provenienza e formazione, classici, orientalisti, etruscologi, le imitazioni e le pochissime importazioni in Etruria, Latium Vetus e agro falisco-capenate non sono state inserite in uno studio sistematico. Per questo motivo dopo una preliminare disamina della storia degli studi che s’intreccia con quella di alcune delle scoperte più importanti per quanto riguarda l’orizzonte cronologico Orientalizzante nel Mediterraneo, dall’affaire Curium del conte Luigi Palma di Cesnola alle scoperte delle tombe “principesche” in Italia e nella Penisola Iberica fino ai recenti rinvenimenti, ancora inediti, da quest’ultima con un nuovo esemplare in bronzo dalla necropoli de “La Angorilla” di Alcalá del Río (Siviglia), si è ritenuto opportuno articolare la prima parte del catalogo in due parti: da un lato il catalogo dei prototipi in metallo e in materiale di pregio, vetro, quarzite, alabastro e avorio e dall’altro quello delle imitazioni e importazioni ceramiche in Italia centrale. Anche la raccolta dei dati si è mossa su due piani paralleli: lo spoglio bibliografico e l’esame autoptico del materiale, per quanto possibile, sia edito che inedito che ha portato alla disamina di circa 550 esemplari. La seconda fase analitica del lavoro ha riguardato l’elaborazione di una classificazione tipologica, parallela per metallo e ceramica, per la quale si è scelto un approccio di tipo empirico analizzando gli attributi nominali più significativi, sia formali che decorativi, del record archeologico disponibile considerandoli nel loro complesso e articolandoli in modo da mantenere un sistema aperto all’inserimento di nuovi tipi individuando, all’interno di quello che era già per lo più considerato un “tipo”, le caratteristiche distintive dello stesso e i parametri tipologici in base ai quali articolare la classificazione, confrontandosi anche con le classificazioni esistenti per le versioni in metallo (Blanco Freijeiro; García y Bellido; Camporeale; D’Agostino; Grau-Zimmermann) e allargando lo sguardo alla coeva produzione in red-slip fenicia. Dall’analisi tipologica complessiva possono avanzarsi una serie di considerazioni generali: • priorità del metallo sulla ceramica; • diffusione della famiglia tipologica sia in metallo che in ceramica per tutto l’Orientalizzante, mentre verrà sostituita da forme greche col volgere all’arcaismo; • evoluzione da corpo globulare a ovoide sia per il metallo che per la ceramica, anche se non mancano eccezioni come nella t. 928 di Pontecagnano; • ambiguità all’inizio della produzione della forma dell’oinochoe fenicio-cipriota con altre forme ceramiche quali l’aryballos e/o la fiasca che ne sembra determinare anche una differente funzione, soprattutto nel caso in cui le dimensioni del manufatto non superino i 15 cm di altezza, come unguentario; • laddove sono state effettuate analisi tecniche dei metalli i risultati hanno evidenziato una composizione molto simile tra esemplari di uno stesso comprensorio, anche se mancano analisi agli isotopi del piombo per il bronzo; • interpretazione delle produzioni in metallo e materiale di pregio come produzioni fenicio-occidentali: oggetti unici realizzati su commissione delle élites locali da artigiani metoikoi itineranti che lavorano a stretto contatto con artigiani locali; • ipotesi di un’origine fenicia, poi rielaborata in area etrusco-laziale, anche per la classe bronzea individuata nel 1977 da D’Agostino, definita con “alto ventre rastremato” e considerata di origine cipriota. Per la redazione della tipologia una parte importante è stata svolta dalla decorazione i cui motivi principali, figurati e non sono stai analizzati singolarmente cercando di evidenziare non solo il melting pot di influenze dall’Egitto, Vicino Oriente, Cipro, area Egea che dà vita a una cultura materiale ibrida, ma anche, per alcuni elementi più significativi e ricorrenti su esemplari di pregio come la palmetta o la testa muliebre posta sul collo delle oinochoai polimateriche e nelle imitazioni in ceramica depurata acroma tipo “Astarita”, le possibili valenze magico-religiose e cultuali, legate al momento funerario, sottolineando allo stesso tempo come nelle imitazioni in ceramica tali aspetti si perdono per essere gradualmente sostituiti da un puro gusto decorativo. Un ulteriore elemento di analisi è stato rappresentato dallo studio delle tendenze generali nella posizione, distribuzione e associazione delle oinochoai sia metalliche che ceramiche all’interno dei rispettivi contesti di rinvenimento; si è riscontrato, sotto alcuni aspetti, un diverso comportamento tra metallo e materiali di pregio da una parte, e imitazioni ceramiche, dall’altra. Per i primi si è evidenziato: • quasi esclusivo uso funerario ad eccezione della Greciae del Vicino Oriente; • presenza di un unico esemplare per ogni contesto ad eccezione della t. Regolini-Galassi e della t. 928 di Pontecagnano; • struttura tombale che privilegia ancora l’esaltazione dell’individuo; • prevalente uso dell’incinerazione per gli uomini e dell’inumazione per le donne cui si aggiunge la tendenza a utilizzare materiale diverso dal bronzo per queste ultime; • posizione per lo più in stretta connessione con il defunto, come oggetto personale; • stretta associazione, anche nella posizione, per i contesti iberici, egiziani e in alcuni casi italiani con il bacile cui si aggiunge, per i contesti iberici, il thymiaterion che ha fatto supporre un utilizzo per “per lavaggi parziali”, pensando all’insistenza nei poemi omerici sul momento del lavaggio delle mani, come premessa al rituale; • per i contesti italiani, anche se è difficile enucleare un’associazione costante, si riscontra una connessione con la coppa per bere il vino durante il banchetto sia essa la kotyle, la patera baccellata, lo skyphos, la phiale o la coppa emisferica, a volte combinate e reiterate. Probabile corredo base potrebbe essere quello argenteo della Regolini-Galassi con oinochoe, anforetta a spirali e patera baccellata. Invece per le imitazioni e le importazioni ceramiche in Italia centrale si conferma • un quasi esclusivo uso funerario (eccezioni Veio, sia in abitato che nel santuario di Portonaccio, e Roma); • una presenza generale di un unico esemplare per ogni contesto (più esemplari in presenza di due o più deposizioni anche se non mancano eccezioni); mentre si differenziano per • il prevalente utilizzo della tomba a camera e uso quasi esclusivo dell’inumazione; • la distribuzione senza differenza tra tombe maschili e femminili; • posizione insieme al resto del corredo ceramico che ne determina, ormai, il passaggio da oggetto personale legato al culto del defunto a oggetto d’uso, anche quotidiano. La parte finale della ricerca cercherà di considerare le cosiddette oinochoai “fenicio-cipriote”, vero “fossile guida” per tutto il periodo orientalizzante, nel più ampio quadro dell’Italia antica, trait d’union tra Oriente e Occidente, sintetizzando quelle che sono state le valenze, i significati e le funzioni e il ruolo svolto, negli scambi e nella diffusione di modelli formali e nuove tecniche, dagli artigiani metoikoi itineranti e del sistema del dono a livello aristocratico, pensando alle oinochoai inscritte, nell’ambito del processo di acculturazione e auto-rappresentazione delle aristocrazie nel Mediterraneo che si delineano sempre più legate alla regalità orientale e, con essa, alla sfera del divino che la sancisce e la giustifica anche agli occhi delle altre classi sociali che si vanno definendo all’interno delle società a base gentilizio-clientelare.

Le oinochoai cosiddette "fenicio-cipriote": dai prototipi metallici alle imitazioni ceramiche in Italia centrale / Taloni, Maria. - (2011 Jun 15).

Le oinochoai cosiddette "fenicio-cipriote": dai prototipi metallici alle imitazioni ceramiche in Italia centrale

TALONI, MARIA
15/06/2011

Abstract

La ricerca, svolta nell’ambito del Dottorato di ricerca in Archeologia, indirizzo Etruscologia, sotto la direzione della prof.ssa G. Bartoloni, si propone di definire origine, modelli, evoluzione e funzione della famiglia tipologica in questione a partire dai prototipi in metallo e in materiale di pregio e di stabilire relazioni, apporti e rielaborazioni tra questi e le imitazioni ceramiche in impasto bruno, bucchero e ceramica figulina italo-geometrica diffuse in Italia centrale (Etruria, Latium Vetus e agro falisco-capenate), individuate finora nella definizione, ritenuta troppo generica, di “tipo fenicio-cipriota”. Mentre, infatti, le versioni in argento e bronzo sono state da sempre oggetto della curiosità intellettuale di numerosi studiosi di varia provenienza e formazione, classici, orientalisti, etruscologi, le imitazioni e le pochissime importazioni in Etruria, Latium Vetus e agro falisco-capenate non sono state inserite in uno studio sistematico. Per questo motivo dopo una preliminare disamina della storia degli studi che s’intreccia con quella di alcune delle scoperte più importanti per quanto riguarda l’orizzonte cronologico Orientalizzante nel Mediterraneo, dall’affaire Curium del conte Luigi Palma di Cesnola alle scoperte delle tombe “principesche” in Italia e nella Penisola Iberica fino ai recenti rinvenimenti, ancora inediti, da quest’ultima con un nuovo esemplare in bronzo dalla necropoli de “La Angorilla” di Alcalá del Río (Siviglia), si è ritenuto opportuno articolare la prima parte del catalogo in due parti: da un lato il catalogo dei prototipi in metallo e in materiale di pregio, vetro, quarzite, alabastro e avorio e dall’altro quello delle imitazioni e importazioni ceramiche in Italia centrale. Anche la raccolta dei dati si è mossa su due piani paralleli: lo spoglio bibliografico e l’esame autoptico del materiale, per quanto possibile, sia edito che inedito che ha portato alla disamina di circa 550 esemplari. La seconda fase analitica del lavoro ha riguardato l’elaborazione di una classificazione tipologica, parallela per metallo e ceramica, per la quale si è scelto un approccio di tipo empirico analizzando gli attributi nominali più significativi, sia formali che decorativi, del record archeologico disponibile considerandoli nel loro complesso e articolandoli in modo da mantenere un sistema aperto all’inserimento di nuovi tipi individuando, all’interno di quello che era già per lo più considerato un “tipo”, le caratteristiche distintive dello stesso e i parametri tipologici in base ai quali articolare la classificazione, confrontandosi anche con le classificazioni esistenti per le versioni in metallo (Blanco Freijeiro; García y Bellido; Camporeale; D’Agostino; Grau-Zimmermann) e allargando lo sguardo alla coeva produzione in red-slip fenicia. Dall’analisi tipologica complessiva possono avanzarsi una serie di considerazioni generali: • priorità del metallo sulla ceramica; • diffusione della famiglia tipologica sia in metallo che in ceramica per tutto l’Orientalizzante, mentre verrà sostituita da forme greche col volgere all’arcaismo; • evoluzione da corpo globulare a ovoide sia per il metallo che per la ceramica, anche se non mancano eccezioni come nella t. 928 di Pontecagnano; • ambiguità all’inizio della produzione della forma dell’oinochoe fenicio-cipriota con altre forme ceramiche quali l’aryballos e/o la fiasca che ne sembra determinare anche una differente funzione, soprattutto nel caso in cui le dimensioni del manufatto non superino i 15 cm di altezza, come unguentario; • laddove sono state effettuate analisi tecniche dei metalli i risultati hanno evidenziato una composizione molto simile tra esemplari di uno stesso comprensorio, anche se mancano analisi agli isotopi del piombo per il bronzo; • interpretazione delle produzioni in metallo e materiale di pregio come produzioni fenicio-occidentali: oggetti unici realizzati su commissione delle élites locali da artigiani metoikoi itineranti che lavorano a stretto contatto con artigiani locali; • ipotesi di un’origine fenicia, poi rielaborata in area etrusco-laziale, anche per la classe bronzea individuata nel 1977 da D’Agostino, definita con “alto ventre rastremato” e considerata di origine cipriota. Per la redazione della tipologia una parte importante è stata svolta dalla decorazione i cui motivi principali, figurati e non sono stai analizzati singolarmente cercando di evidenziare non solo il melting pot di influenze dall’Egitto, Vicino Oriente, Cipro, area Egea che dà vita a una cultura materiale ibrida, ma anche, per alcuni elementi più significativi e ricorrenti su esemplari di pregio come la palmetta o la testa muliebre posta sul collo delle oinochoai polimateriche e nelle imitazioni in ceramica depurata acroma tipo “Astarita”, le possibili valenze magico-religiose e cultuali, legate al momento funerario, sottolineando allo stesso tempo come nelle imitazioni in ceramica tali aspetti si perdono per essere gradualmente sostituiti da un puro gusto decorativo. Un ulteriore elemento di analisi è stato rappresentato dallo studio delle tendenze generali nella posizione, distribuzione e associazione delle oinochoai sia metalliche che ceramiche all’interno dei rispettivi contesti di rinvenimento; si è riscontrato, sotto alcuni aspetti, un diverso comportamento tra metallo e materiali di pregio da una parte, e imitazioni ceramiche, dall’altra. Per i primi si è evidenziato: • quasi esclusivo uso funerario ad eccezione della Greciae del Vicino Oriente; • presenza di un unico esemplare per ogni contesto ad eccezione della t. Regolini-Galassi e della t. 928 di Pontecagnano; • struttura tombale che privilegia ancora l’esaltazione dell’individuo; • prevalente uso dell’incinerazione per gli uomini e dell’inumazione per le donne cui si aggiunge la tendenza a utilizzare materiale diverso dal bronzo per queste ultime; • posizione per lo più in stretta connessione con il defunto, come oggetto personale; • stretta associazione, anche nella posizione, per i contesti iberici, egiziani e in alcuni casi italiani con il bacile cui si aggiunge, per i contesti iberici, il thymiaterion che ha fatto supporre un utilizzo per “per lavaggi parziali”, pensando all’insistenza nei poemi omerici sul momento del lavaggio delle mani, come premessa al rituale; • per i contesti italiani, anche se è difficile enucleare un’associazione costante, si riscontra una connessione con la coppa per bere il vino durante il banchetto sia essa la kotyle, la patera baccellata, lo skyphos, la phiale o la coppa emisferica, a volte combinate e reiterate. Probabile corredo base potrebbe essere quello argenteo della Regolini-Galassi con oinochoe, anforetta a spirali e patera baccellata. Invece per le imitazioni e le importazioni ceramiche in Italia centrale si conferma • un quasi esclusivo uso funerario (eccezioni Veio, sia in abitato che nel santuario di Portonaccio, e Roma); • una presenza generale di un unico esemplare per ogni contesto (più esemplari in presenza di due o più deposizioni anche se non mancano eccezioni); mentre si differenziano per • il prevalente utilizzo della tomba a camera e uso quasi esclusivo dell’inumazione; • la distribuzione senza differenza tra tombe maschili e femminili; • posizione insieme al resto del corredo ceramico che ne determina, ormai, il passaggio da oggetto personale legato al culto del defunto a oggetto d’uso, anche quotidiano. La parte finale della ricerca cercherà di considerare le cosiddette oinochoai “fenicio-cipriote”, vero “fossile guida” per tutto il periodo orientalizzante, nel più ampio quadro dell’Italia antica, trait d’union tra Oriente e Occidente, sintetizzando quelle che sono state le valenze, i significati e le funzioni e il ruolo svolto, negli scambi e nella diffusione di modelli formali e nuove tecniche, dagli artigiani metoikoi itineranti e del sistema del dono a livello aristocratico, pensando alle oinochoai inscritte, nell’ambito del processo di acculturazione e auto-rappresentazione delle aristocrazie nel Mediterraneo che si delineano sempre più legate alla regalità orientale e, con essa, alla sfera del divino che la sancisce e la giustifica anche agli occhi delle altre classi sociali che si vanno definendo all’interno delle società a base gentilizio-clientelare.
15-giu-2011
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