ABSTRACT L’oggetto di questa tesi è la storia del mecenatismo artistico di Pierfrancesco Borgherini (e della sua famiglia), il maggiore esponente di una nobile dinastia di banchieri toscani del Rinascimento, attivi tra Firenze e Roma, in un arco temporale compreso dagli inizi del Quattrocento, alla fine del quarto decennio del secolo successivo. La scelta dell’argomento è nata dalla constatazione che a fronte del prestigio raggiunto dal banchiere e dalla sua casata al principio del XVI secolo, suggellato dall’avvio di una fiorente mecenatismo, la carenza d’informazioni a riguardo, costituiva un ostacolo difficilmente sormontabile, che si frapponeva ad ogni serio tentativo di ricomposizione del contesto, entro il quale traevano origine i pregevoli capolavori, entrati nel corso del tempo in possesso della famiglia. A tal fine la raccolta di un consistente corpus di dati eterogenei, in gran parte inediti, ha costituito una solida base documentaria da cui procedere. Tra questi spicca in particolare: il fondo Castellani-Borgherini-Nasi, conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze, da quanto mi risulta finora mai pubblicato, tre testamenti inediti con relativi codicilli, rispettivamente di Salvi, Giovanni e Pierfrancesco Borgherini, le Carte di Giovanni Poggi, dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, in Palazzo Strozzi a Firenze, fonte preziosa di notizie e suggerimenti. Inoltre: atti notarili, transazioni economiche, passaggi di proprietà ecc., sparsi nei fondi di Firenze ma soprattutto di Roma. Collazionando queste informazioni con quanto già noto, è stato possibile ricostruire l’origine e la genealogia dei rami principali della casata, con le relative discendenze, seguirne la progressiva ascesa sociale ed economica, nell’ambito dell’attività mercantile e finanziaria, favorita anche da un’accorta politica di alleanze matrimoniali, giunta al colmo agli inizi del Cinquecento, quando i Borgherini potevano vantare estesi interessi, non solo a Firenze e in Francia, ma soprattutto a Roma. Un successo che coincide maggiormente con il capostipite Salvi, ma soprattutto con suo figlio Pierfrancesco, non primogenito come ritenuto fin qui, ma terzogenito ed erede designato. All’esponente principale della casata è stato dedicato ampio spazio in questo studio, con l’obiettivo di ricomporne in modo attendibile il poliedrico profilo, con particolare attenzione alla “scena capitolina”, dove egli visse e operò per lunghi tratti delle sua esistenza. Mercatore di Giulio II e di Leone X, abile finanziere e fine mecenate, amico di Michelangelo e committente, tra gli altri, di Sebastiano Luciani, Baccio d’Agnolo, Pontormo, Andrea del Sarto, Francesco Granacci, Benedetto da Rovezzano e Bachiacca. Le notizie raccolte, hanno permesso di approfondire la conoscenza del contesto, sia fiorentino che romano, entro il quale si trovarono ad operare i Borgherini: le loro residenze (di cui la principale a Roma era localizzata nella via Florea a Ponte), l’attività del banco e una parte di quella fitte rete di relazioni, che legarono il giovane rampollo, agli ambienti della corte di Leone X (di egli entrò a far parte, in virtù dei suoi trascorsi filo-medicei, nel 1514), e ai connazionali della Nazione Fiorentina, di stanza nel quartiere della finanza. Sono emersi ad esempio i rapporti d’affari con la corona spagnola, tramite il Viceré di Napoli Raimondo de Cardona e con il cardinale della diocesi milanese Federico di Roberto Sanseverino, che si servì a più riprese del banco Borgherini, e dal quale il banchiere acquisì un palazzo di proprietà alla Suburra. Il prelato era associato al potente cardinale spagnolo: Bernardino Lopez de Carvajal, protettore degli amadeiti di S. Pietro in Montorio, pertanto non è improbabile che sia stato proprio lui uno dei possibili anelli di congiunzione con l’ambiente gianicolense, dove in seguito Pierfrancesco dispose la propria cappella gentilizia, fatta decorare a Sebastiano Luciani. Il periodo di maggior successo dei Borgherini coincide con l’inizio del loro mecenatismo, che vide protagonista Salvi ma in particolare Pierfrancesco e in tono minore suo fratello Giovanni. Radunare in un catalogo ragionato i diversi “pezzi” di una raccolta di capolavori fissi e mobili, che da questo momento si va formando, ha costituito l’obiettivo principale di questo lavoro. Il criterio scelto è stato quello di dare la priorità a quelle commissioni che riguardano direttamente il giovane rampollo, o a lui in qualche modo collegate. È il caso ad esempio della decorazione della Camera nuziale di Pierfrancesco, voluta da Salvi, ma a suo figlio destinata, il quale tra l’altro, così come avvenne per l’edificazione del palazzo di famiglia in Borgo SS. Apostoli a Firenze, e dei relativi arredi interni, subentrò al padre nella supervisore dei lavori, intervenendo con molta probabilità, personalmente, nella scelta dei soggetti da rappresentare (come ad esempio la Storia di Re Creso, per il fregio del camino monumentale, o quella di Giuseppe Ebreo per la decorazione dell’apparato nuziale). D’altro canto la nomina del banchiere, da parte di Leone X, a segretario delle lettere apostoliche, sembra attestarne una solida preparazione culturale. Accanto al gruppo principale di capolavori, sono state incluse nel catalogo, anche due pitture “da cavalletto”: Il Ritratto di Giovanni Borgherini quando era giovane a Venezia, col suo maestro, di Giorgione, della National Gallery di Washington, e La Sacra Famiglia Borgherini, di Andrea del Sarto, del Metropolitan Museum of Art di New York, che seppur non furono richieste direttamente da Pierfrancesco, entrarono nel corso del tempo nella sua residenza fiorentina. Per maggior chiarezza, ciascuna opera (di architettura, pittura e scultura), o impresa decorativa, è stata analizzata a parte, in modo approfondito, all’interno dei singoli capitoli, divisi per aree geografiche (Firenze e Roma), secondo un ordine cronologico. Col sostegno di una buona base documentaria, è stato possibile chiarire meglio quei punti rimasti finora oscuri; conoscere gli orientamenti politici e soprattutto religiosi del banchiere e della sua famiglia, che sembrano improntati ad una profonda spiritualità neo-savonaroliana e francescana, professata in quel momento, in particolare all’interno degli ordini mendicanti: agostiniani e francescani in testa destinatari a più riprese di lasciti testamentari e donazioni da parte dei Borgherini. Una professione di fede, prossima alle istanze della riforma cattolica, che si riflette nella scelta dei temi dottrinali rappresentati, nei cicli decorativi della Camera nuziale a Firenze e soprattutto della Cappella Borgherini a Roma, ma anche in altri dipinti minori, come nella Sacra Famiglia con San Giovanni Battista e donatore, della National Gallery di Londra, realizzata per il banchiere, da Sebastiano del Piombo, o nella più tarda Sacra famiglia Borgherini, commissionata in questo caso dal fratello minore di Pierfrancesco: Giovanni, ad Andrea del Sarto. Opere in cui la religiosità dei mecenati s’incontra con l’accorta sensibilità dei loro autori. Accanto ai motivi devozionali, nei soggetti raffigurati, sono stati individuati diffusi riferimenti encomiastici, alle diverse “glorie” della casata e a Pierfrancesco in particolare, che diventano eloquenti nella presenza del suo probabile ritratto, in veste di devoto, nella Sacra famiglia di Londra, dipinta dal Luciani, in alternativa ad un precedente quadro del Sarto, che non aveva soddisfatto le aspettative del committente. La forte somiglianza dell’austero personaggio, con l’anonimo Gentiluomo, ripreso col cappello in mano, dallo stesso artista veneziano, su una tela poco nota, conservata a San Diego (The Fine Art Gallery), rilancia l’iniziale proposta di Hirts, di un ulteriore ritratto di Pierfrancesco, alla quale è stata data consistenza in questo lavoro, attraverso un’indagine accurata, favorita dall’impiego di immagini digitali ad alta risoluzione, che ha portato, tra l’altro, all’identificazione del fiore araldico dei Borgherini, sulla cornice del quadro. Nelle conclusioni, le diverse trame del discorso, sviluppate all’interno dei singoli capitoli, sono state riannodate in un ordito coerente, nel tentativo di definire il “carattere” della raccolta Borgherini, espressione del gusto e della religiosità di Pierfrancesco e della sua casata.

Pierfrancesco Borgherini: storia del mecenatismo artistico di un banchiere fiorentino del Rinascimanto, alla corte dei papi a Roma / Piga, Carlo. - (2014 May 14).

Pierfrancesco Borgherini: storia del mecenatismo artistico di un banchiere fiorentino del Rinascimanto, alla corte dei papi a Roma

PIGA, CARLO
14/05/2014

Abstract

ABSTRACT L’oggetto di questa tesi è la storia del mecenatismo artistico di Pierfrancesco Borgherini (e della sua famiglia), il maggiore esponente di una nobile dinastia di banchieri toscani del Rinascimento, attivi tra Firenze e Roma, in un arco temporale compreso dagli inizi del Quattrocento, alla fine del quarto decennio del secolo successivo. La scelta dell’argomento è nata dalla constatazione che a fronte del prestigio raggiunto dal banchiere e dalla sua casata al principio del XVI secolo, suggellato dall’avvio di una fiorente mecenatismo, la carenza d’informazioni a riguardo, costituiva un ostacolo difficilmente sormontabile, che si frapponeva ad ogni serio tentativo di ricomposizione del contesto, entro il quale traevano origine i pregevoli capolavori, entrati nel corso del tempo in possesso della famiglia. A tal fine la raccolta di un consistente corpus di dati eterogenei, in gran parte inediti, ha costituito una solida base documentaria da cui procedere. Tra questi spicca in particolare: il fondo Castellani-Borgherini-Nasi, conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze, da quanto mi risulta finora mai pubblicato, tre testamenti inediti con relativi codicilli, rispettivamente di Salvi, Giovanni e Pierfrancesco Borgherini, le Carte di Giovanni Poggi, dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, in Palazzo Strozzi a Firenze, fonte preziosa di notizie e suggerimenti. Inoltre: atti notarili, transazioni economiche, passaggi di proprietà ecc., sparsi nei fondi di Firenze ma soprattutto di Roma. Collazionando queste informazioni con quanto già noto, è stato possibile ricostruire l’origine e la genealogia dei rami principali della casata, con le relative discendenze, seguirne la progressiva ascesa sociale ed economica, nell’ambito dell’attività mercantile e finanziaria, favorita anche da un’accorta politica di alleanze matrimoniali, giunta al colmo agli inizi del Cinquecento, quando i Borgherini potevano vantare estesi interessi, non solo a Firenze e in Francia, ma soprattutto a Roma. Un successo che coincide maggiormente con il capostipite Salvi, ma soprattutto con suo figlio Pierfrancesco, non primogenito come ritenuto fin qui, ma terzogenito ed erede designato. All’esponente principale della casata è stato dedicato ampio spazio in questo studio, con l’obiettivo di ricomporne in modo attendibile il poliedrico profilo, con particolare attenzione alla “scena capitolina”, dove egli visse e operò per lunghi tratti delle sua esistenza. Mercatore di Giulio II e di Leone X, abile finanziere e fine mecenate, amico di Michelangelo e committente, tra gli altri, di Sebastiano Luciani, Baccio d’Agnolo, Pontormo, Andrea del Sarto, Francesco Granacci, Benedetto da Rovezzano e Bachiacca. Le notizie raccolte, hanno permesso di approfondire la conoscenza del contesto, sia fiorentino che romano, entro il quale si trovarono ad operare i Borgherini: le loro residenze (di cui la principale a Roma era localizzata nella via Florea a Ponte), l’attività del banco e una parte di quella fitte rete di relazioni, che legarono il giovane rampollo, agli ambienti della corte di Leone X (di egli entrò a far parte, in virtù dei suoi trascorsi filo-medicei, nel 1514), e ai connazionali della Nazione Fiorentina, di stanza nel quartiere della finanza. Sono emersi ad esempio i rapporti d’affari con la corona spagnola, tramite il Viceré di Napoli Raimondo de Cardona e con il cardinale della diocesi milanese Federico di Roberto Sanseverino, che si servì a più riprese del banco Borgherini, e dal quale il banchiere acquisì un palazzo di proprietà alla Suburra. Il prelato era associato al potente cardinale spagnolo: Bernardino Lopez de Carvajal, protettore degli amadeiti di S. Pietro in Montorio, pertanto non è improbabile che sia stato proprio lui uno dei possibili anelli di congiunzione con l’ambiente gianicolense, dove in seguito Pierfrancesco dispose la propria cappella gentilizia, fatta decorare a Sebastiano Luciani. Il periodo di maggior successo dei Borgherini coincide con l’inizio del loro mecenatismo, che vide protagonista Salvi ma in particolare Pierfrancesco e in tono minore suo fratello Giovanni. Radunare in un catalogo ragionato i diversi “pezzi” di una raccolta di capolavori fissi e mobili, che da questo momento si va formando, ha costituito l’obiettivo principale di questo lavoro. Il criterio scelto è stato quello di dare la priorità a quelle commissioni che riguardano direttamente il giovane rampollo, o a lui in qualche modo collegate. È il caso ad esempio della decorazione della Camera nuziale di Pierfrancesco, voluta da Salvi, ma a suo figlio destinata, il quale tra l’altro, così come avvenne per l’edificazione del palazzo di famiglia in Borgo SS. Apostoli a Firenze, e dei relativi arredi interni, subentrò al padre nella supervisore dei lavori, intervenendo con molta probabilità, personalmente, nella scelta dei soggetti da rappresentare (come ad esempio la Storia di Re Creso, per il fregio del camino monumentale, o quella di Giuseppe Ebreo per la decorazione dell’apparato nuziale). D’altro canto la nomina del banchiere, da parte di Leone X, a segretario delle lettere apostoliche, sembra attestarne una solida preparazione culturale. Accanto al gruppo principale di capolavori, sono state incluse nel catalogo, anche due pitture “da cavalletto”: Il Ritratto di Giovanni Borgherini quando era giovane a Venezia, col suo maestro, di Giorgione, della National Gallery di Washington, e La Sacra Famiglia Borgherini, di Andrea del Sarto, del Metropolitan Museum of Art di New York, che seppur non furono richieste direttamente da Pierfrancesco, entrarono nel corso del tempo nella sua residenza fiorentina. Per maggior chiarezza, ciascuna opera (di architettura, pittura e scultura), o impresa decorativa, è stata analizzata a parte, in modo approfondito, all’interno dei singoli capitoli, divisi per aree geografiche (Firenze e Roma), secondo un ordine cronologico. Col sostegno di una buona base documentaria, è stato possibile chiarire meglio quei punti rimasti finora oscuri; conoscere gli orientamenti politici e soprattutto religiosi del banchiere e della sua famiglia, che sembrano improntati ad una profonda spiritualità neo-savonaroliana e francescana, professata in quel momento, in particolare all’interno degli ordini mendicanti: agostiniani e francescani in testa destinatari a più riprese di lasciti testamentari e donazioni da parte dei Borgherini. Una professione di fede, prossima alle istanze della riforma cattolica, che si riflette nella scelta dei temi dottrinali rappresentati, nei cicli decorativi della Camera nuziale a Firenze e soprattutto della Cappella Borgherini a Roma, ma anche in altri dipinti minori, come nella Sacra Famiglia con San Giovanni Battista e donatore, della National Gallery di Londra, realizzata per il banchiere, da Sebastiano del Piombo, o nella più tarda Sacra famiglia Borgherini, commissionata in questo caso dal fratello minore di Pierfrancesco: Giovanni, ad Andrea del Sarto. Opere in cui la religiosità dei mecenati s’incontra con l’accorta sensibilità dei loro autori. Accanto ai motivi devozionali, nei soggetti raffigurati, sono stati individuati diffusi riferimenti encomiastici, alle diverse “glorie” della casata e a Pierfrancesco in particolare, che diventano eloquenti nella presenza del suo probabile ritratto, in veste di devoto, nella Sacra famiglia di Londra, dipinta dal Luciani, in alternativa ad un precedente quadro del Sarto, che non aveva soddisfatto le aspettative del committente. La forte somiglianza dell’austero personaggio, con l’anonimo Gentiluomo, ripreso col cappello in mano, dallo stesso artista veneziano, su una tela poco nota, conservata a San Diego (The Fine Art Gallery), rilancia l’iniziale proposta di Hirts, di un ulteriore ritratto di Pierfrancesco, alla quale è stata data consistenza in questo lavoro, attraverso un’indagine accurata, favorita dall’impiego di immagini digitali ad alta risoluzione, che ha portato, tra l’altro, all’identificazione del fiore araldico dei Borgherini, sulla cornice del quadro. Nelle conclusioni, le diverse trame del discorso, sviluppate all’interno dei singoli capitoli, sono state riannodate in un ordito coerente, nel tentativo di definire il “carattere” della raccolta Borgherini, espressione del gusto e della religiosità di Pierfrancesco e della sua casata.
14-mag-2014
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