In un’epoca in cui tutto sembra possibile, in cui il reale si confonde col virtuale in una miscela senza soluzione di continuità, in cui la scienza e la tecnica si uniscono scontrandosi ferocemente con l’etica, rendendo forse ciò che ci circonda più arido e disincantato, c’è ancora spazio per l’immaginazione? Esiste ancora un sogno dell’abitare? L’idea di una concezione rivoluzionaria di residenza sociale si è esaurita in quelli che furono gli ultimi slanci visionari degli anni ’60 e ’70 o possiamo ancora parlare di utopia e sperimentazione per un abitare collettivo meno omologato? L’attuale emergenza casa ha riportato l’architettura al suo ruolo sociale e al suo significato etico riaprendo il dibattito architettonico sulla questione abitativa, che oggi si ripresenta con un tipo di domanda, diversa da quella del passato, espressione di nuove esigenze e modi di abitare legati a culture differenti o al tipo di vita che si conduce. È necessario fornire una risposta non solo per un’utenza differenziata, ma anche per abitanti che nel corso della propria esistenza hanno esigenze mutevoli. Il progetto architettonico, così, potrebbe tornare ad assumere il ruolo di protagonista delle trasformazioni culturali e sociali contemporanee, proiettandosi verso sperimentazioni che sappiano interpretare esigenze e stili di vita differenti. L’architettura, fervido campo in cui si sono avvicendati gli studi più audaci, sembra ancora oggi in grado di proporre nuovi modelli di vita, offrendo a volte anche soluzioni dal respiro visionario, tese al miglioramento della qualità dell’abitare. Lo studio ha preso spunto da alcune visioni utopiche declinate nella prima rivoluzione industriale per i grandi progetti di residenze operaie, dove, insieme alla serialità delle abitazioni, erano proposti modi di vivere per una società in formazione. La ricerca delineando delle linee di continuità tra la produzione architettonica contemporanea e quella relativa al secolo scorso si sofferma sull’analisi di alcuni progetti architettonici relativi al campo dell’abitazione sociale caratterizzati da un concetto che va al di là della semplice progettazione di abitazioni in serie. L’intento dello studio è stato di capire se e in che modo sia possibile oggi realizzare abitazioni intensive per una collettività che cerca nell’individualismo, nell’identità, nella capacità di cambiare velocemente, i principi ed i caratteri per un modo di abitare che - mantenendo i vantaggi della grande dimensione - risponda alle molteplici e diversificate esigenze contemporanee. La ricerca individua ed analizza quindi, anche attraverso esempi, criteri progettuali che per il loro carattere innovativo e sperimentale abbiano il significato di superare le omologazioni e le marginalità e perseguano la volontà di proporre rinnovati modi di vivere e di abitare in risposta alle mutevoli necessità e vivaci identità dell’abitante di oggi. L’indagine propone, infine, alcune possibili linee guida paradigmatiche in cui vengono indicate diverse strategie volte alla progettazione della residenza collettiva che valorizzino i concetti dell’identità abitativa, dell’individualità, della riconoscibilità e delle relazioni tra spazio comune e privato; poi della flessibilità e dell’espandibilità della cellula abitativa secondo uno “sviluppo programmato” – inteso come possibilità dell’abitante di poter ampliare lo spazio della propria casa secondo modalità e criteri previsti in fase progettuale.

Abitare l’utopia. Strategie e modelli per la residenza collettiva / Plastina, Matilde. - (2012 Dec 17).

Abitare l’utopia. Strategie e modelli per la residenza collettiva

PLASTINA, MATILDE
17/12/2012

Abstract

In un’epoca in cui tutto sembra possibile, in cui il reale si confonde col virtuale in una miscela senza soluzione di continuità, in cui la scienza e la tecnica si uniscono scontrandosi ferocemente con l’etica, rendendo forse ciò che ci circonda più arido e disincantato, c’è ancora spazio per l’immaginazione? Esiste ancora un sogno dell’abitare? L’idea di una concezione rivoluzionaria di residenza sociale si è esaurita in quelli che furono gli ultimi slanci visionari degli anni ’60 e ’70 o possiamo ancora parlare di utopia e sperimentazione per un abitare collettivo meno omologato? L’attuale emergenza casa ha riportato l’architettura al suo ruolo sociale e al suo significato etico riaprendo il dibattito architettonico sulla questione abitativa, che oggi si ripresenta con un tipo di domanda, diversa da quella del passato, espressione di nuove esigenze e modi di abitare legati a culture differenti o al tipo di vita che si conduce. È necessario fornire una risposta non solo per un’utenza differenziata, ma anche per abitanti che nel corso della propria esistenza hanno esigenze mutevoli. Il progetto architettonico, così, potrebbe tornare ad assumere il ruolo di protagonista delle trasformazioni culturali e sociali contemporanee, proiettandosi verso sperimentazioni che sappiano interpretare esigenze e stili di vita differenti. L’architettura, fervido campo in cui si sono avvicendati gli studi più audaci, sembra ancora oggi in grado di proporre nuovi modelli di vita, offrendo a volte anche soluzioni dal respiro visionario, tese al miglioramento della qualità dell’abitare. Lo studio ha preso spunto da alcune visioni utopiche declinate nella prima rivoluzione industriale per i grandi progetti di residenze operaie, dove, insieme alla serialità delle abitazioni, erano proposti modi di vivere per una società in formazione. La ricerca delineando delle linee di continuità tra la produzione architettonica contemporanea e quella relativa al secolo scorso si sofferma sull’analisi di alcuni progetti architettonici relativi al campo dell’abitazione sociale caratterizzati da un concetto che va al di là della semplice progettazione di abitazioni in serie. L’intento dello studio è stato di capire se e in che modo sia possibile oggi realizzare abitazioni intensive per una collettività che cerca nell’individualismo, nell’identità, nella capacità di cambiare velocemente, i principi ed i caratteri per un modo di abitare che - mantenendo i vantaggi della grande dimensione - risponda alle molteplici e diversificate esigenze contemporanee. La ricerca individua ed analizza quindi, anche attraverso esempi, criteri progettuali che per il loro carattere innovativo e sperimentale abbiano il significato di superare le omologazioni e le marginalità e perseguano la volontà di proporre rinnovati modi di vivere e di abitare in risposta alle mutevoli necessità e vivaci identità dell’abitante di oggi. L’indagine propone, infine, alcune possibili linee guida paradigmatiche in cui vengono indicate diverse strategie volte alla progettazione della residenza collettiva che valorizzino i concetti dell’identità abitativa, dell’individualità, della riconoscibilità e delle relazioni tra spazio comune e privato; poi della flessibilità e dell’espandibilità della cellula abitativa secondo uno “sviluppo programmato” – inteso come possibilità dell’abitante di poter ampliare lo spazio della propria casa secondo modalità e criteri previsti in fase progettuale.
17-dic-2012
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/916858
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