Nel corso del Novecento la ricerca sulla città si è concentrata a lungo sul rapporto fra forma urbana e tecnica, mettendone in luce i meccanismi e le conseguenze. Mai come in questi ultimi anni, tuttavia, il discorso sulla tecnica ha invaso la città (dando vita a narrazioni efficaci e pervasive come quella della “smart city”) e allo stesso tempo si è completamente svincolato dal concetto di forma della città: le tecnologie digitali, per la loro natura immateriale, sembrano non avere alcuna conseguenza sulla morfologia urbana. Il lavoro di ricerca mira a smascherare questa narrazione ricollocando la tecnologia nel suo ruolo di strumento utilizzato per dare forma a precisi rapporti di potere e rintracciando il percorso smarrito che, attraverso la tecnica, lega aspetti economici, politici e sociali alla forma urbana. La smart city diventa così la città della crescita sostenibile nel capitalismo avanzato, dove la tecnologia rende possibile nuove forme di produzione che mettono in discussione il tradizionale rapporto tra spazi di vita e di lavoro. La prima parte indaga quindi il rapporto tra città e tecnica e il concetto di smart city alla luce delle definizioni date in letteratura e dell’analisi di tre casi studio. Il tema viene ulteriormente approfondito sulla base delle teorie della complessità e dell’economia post-fordista. Nelle conclusioni viene quindi messa in luce la nuova relazione tra spazi di produzione e città come chiave di comprensione della “forma” della smart city. La seconda parte indaga, attraverso una serie di esempi, in che modo cambia la relazione tra spazi di produzione e città grazie alle nuove tecnologie e quali strumenti architettonici vengono usati; viene poi approfondito il caso italiano, dove il difficile passaggio all’economia del capitalismo avanzato costituisce il contesto di lettura dei casi-studio analizzati nei capitoli successivi secondo due principali categorie: il riuso industriale e l’iper-uso, cioè lo sfruttamento ai fini produttivi di luoghi nati e utilizzati per funzioni altre. Nelle conclusioni vengono evidenziati punti di forza e di debolezza da cui trarre possibili strategie di intervento, sia per quanto riguarda gli strumenti architettonici che le policy. La terza parte propone quindi una serie di immagini, ipotesi e scenari che danno forma a queste strategie, per tracciare la via italiana alla smart city, o, anche, per pensare una città liberata dal lavoro, radicalmente diversa.

S-Marx City. Città, tecnica e lavoro nell'era digitale / Ricciardi, Paola. - STAMPA. - (In corso di stampa).

S-Marx City. Città, tecnica e lavoro nell'era digitale.

RICCIARDI, PAOLA
In corso di stampa

Abstract

Nel corso del Novecento la ricerca sulla città si è concentrata a lungo sul rapporto fra forma urbana e tecnica, mettendone in luce i meccanismi e le conseguenze. Mai come in questi ultimi anni, tuttavia, il discorso sulla tecnica ha invaso la città (dando vita a narrazioni efficaci e pervasive come quella della “smart city”) e allo stesso tempo si è completamente svincolato dal concetto di forma della città: le tecnologie digitali, per la loro natura immateriale, sembrano non avere alcuna conseguenza sulla morfologia urbana. Il lavoro di ricerca mira a smascherare questa narrazione ricollocando la tecnologia nel suo ruolo di strumento utilizzato per dare forma a precisi rapporti di potere e rintracciando il percorso smarrito che, attraverso la tecnica, lega aspetti economici, politici e sociali alla forma urbana. La smart city diventa così la città della crescita sostenibile nel capitalismo avanzato, dove la tecnologia rende possibile nuove forme di produzione che mettono in discussione il tradizionale rapporto tra spazi di vita e di lavoro. La prima parte indaga quindi il rapporto tra città e tecnica e il concetto di smart city alla luce delle definizioni date in letteratura e dell’analisi di tre casi studio. Il tema viene ulteriormente approfondito sulla base delle teorie della complessità e dell’economia post-fordista. Nelle conclusioni viene quindi messa in luce la nuova relazione tra spazi di produzione e città come chiave di comprensione della “forma” della smart city. La seconda parte indaga, attraverso una serie di esempi, in che modo cambia la relazione tra spazi di produzione e città grazie alle nuove tecnologie e quali strumenti architettonici vengono usati; viene poi approfondito il caso italiano, dove il difficile passaggio all’economia del capitalismo avanzato costituisce il contesto di lettura dei casi-studio analizzati nei capitoli successivi secondo due principali categorie: il riuso industriale e l’iper-uso, cioè lo sfruttamento ai fini produttivi di luoghi nati e utilizzati per funzioni altre. Nelle conclusioni vengono evidenziati punti di forza e di debolezza da cui trarre possibili strategie di intervento, sia per quanto riguarda gli strumenti architettonici che le policy. La terza parte propone quindi una serie di immagini, ipotesi e scenari che danno forma a queste strategie, per tracciare la via italiana alla smart city, o, anche, per pensare una città liberata dal lavoro, radicalmente diversa.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/876083
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