Con la metà del XIX secolo la Congregazione del Sant’Uffizio avviò un serrato e denso processo di normazione che, nell’arco di un cinquantennio, affrontò diversi aspetti del rapporto tra pratiche biomediche, cura dei corpi e disciplina morale della sessualità. Nel dicembre del 1930 l’insieme delle norme prodotte dagli inquisitori romani trovò una sanzione formale, autorevole e determinante per il discorso cattolico, nell’enciclica Casti connubii, emanata da Pio XI. All’interno di questo percorso normativo, il tema dell’aborto procurato ebbe un ruolo decisivo. Fu oggetto esplicito di diversi decreti di condanna, a partire dal 1884 e per cinque volte; in seguito venne menzionato come movente o aggravante per la condanna di pratiche di controllo della riproduzione e delle nascite, determinate da esigenze private dei singoli o da finalità eugeniche delle istituzioni pubbliche. Nell’arco di tempo compreso tra la metà del XIX secolo e il 1930, il concetto di aborto vide così estendersi in maniera significativa la propria area semantica: da atto criminale relativo all’interruzione di gravidanza a pratica generica volta a controllare o governare la riproduzione, per motivazioni terapeutiche, scientifiche o di natura politica. Appoggiandosi alle fonti inquisitoriali il saggio cercherà di scandire le tappe della trasformazione del concetto di aborto nel processo normativo inquisitoriale in materia biopolitica, dalle prime decisioni sulle pratiche contraccettive attorno alla metà dell’Ottocento, fino alla Casti connubii, e si concentrerà sui casi nei quali l’aborto stesso fu oggetto diretto o indiretto di disciplina nell’azione inquisitoriale. Particolare attenzione sarà prestata ai casi che posero all’attenzione della Congregazione del Sant’Uffizio le pratiche eugeniche, interrogando le trasformazioni del riferimento all’aborto e l’uso che ne fu fatto, soprattutto nell’identificazione, definizione e costruzione di una posizione morale e dottrinale della chiesa verso tali pratiche. In questa prospettiva, la relazione cercherà di far emergere i caratteri attorno ai quali il discorso morale della chiesa in materia di riproduzione e sessualità cercò di definire una propria dimensione eugenica, moralmente accettabile e come tale capace di essere contrapposta all’eugenica di derivazione scientifica e laica.

“I meno rispettati di tutti i decreti”: la ricezione della disciplina dell'aborto, / Betta, Emanuele. - STAMPA. - (2015), pp. 313-332.

“I meno rispettati di tutti i decreti”: la ricezione della disciplina dell'aborto,

BETTA, EMANUELE
2015

Abstract

Con la metà del XIX secolo la Congregazione del Sant’Uffizio avviò un serrato e denso processo di normazione che, nell’arco di un cinquantennio, affrontò diversi aspetti del rapporto tra pratiche biomediche, cura dei corpi e disciplina morale della sessualità. Nel dicembre del 1930 l’insieme delle norme prodotte dagli inquisitori romani trovò una sanzione formale, autorevole e determinante per il discorso cattolico, nell’enciclica Casti connubii, emanata da Pio XI. All’interno di questo percorso normativo, il tema dell’aborto procurato ebbe un ruolo decisivo. Fu oggetto esplicito di diversi decreti di condanna, a partire dal 1884 e per cinque volte; in seguito venne menzionato come movente o aggravante per la condanna di pratiche di controllo della riproduzione e delle nascite, determinate da esigenze private dei singoli o da finalità eugeniche delle istituzioni pubbliche. Nell’arco di tempo compreso tra la metà del XIX secolo e il 1930, il concetto di aborto vide così estendersi in maniera significativa la propria area semantica: da atto criminale relativo all’interruzione di gravidanza a pratica generica volta a controllare o governare la riproduzione, per motivazioni terapeutiche, scientifiche o di natura politica. Appoggiandosi alle fonti inquisitoriali il saggio cercherà di scandire le tappe della trasformazione del concetto di aborto nel processo normativo inquisitoriale in materia biopolitica, dalle prime decisioni sulle pratiche contraccettive attorno alla metà dell’Ottocento, fino alla Casti connubii, e si concentrerà sui casi nei quali l’aborto stesso fu oggetto diretto o indiretto di disciplina nell’azione inquisitoriale. Particolare attenzione sarà prestata ai casi che posero all’attenzione della Congregazione del Sant’Uffizio le pratiche eugeniche, interrogando le trasformazioni del riferimento all’aborto e l’uso che ne fu fatto, soprattutto nell’identificazione, definizione e costruzione di una posizione morale e dottrinale della chiesa verso tali pratiche. In questa prospettiva, la relazione cercherà di far emergere i caratteri attorno ai quali il discorso morale della chiesa in materia di riproduzione e sessualità cercò di definire una propria dimensione eugenica, moralmente accettabile e come tale capace di essere contrapposta all’eugenica di derivazione scientifica e laica.
2015
Prescritto e proscritto. Religione e società nell’Italia moderna (secc. XVI-XIX)
978-88-430-7436-5
aborto; sant'Uffizio; disciplinamento; biopolitica; eugenetica
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
“I meno rispettati di tutti i decreti”: la ricezione della disciplina dell'aborto, / Betta, Emanuele. - STAMPA. - (2015), pp. 313-332.
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