Da opaco a trasparente. Così si potrebbe, in estrema sintesi, riassumere il cammino dell’involucro moderno. Già nel 1941 Giò Ponti su un numero monografico dedicato al vetro della rivista Lo Stile affermava ”Il vetro varca un limite che pareva insuperabile ed inaugura un’era nuova: quella della grande resistenza. Il vetro non è più fragile!” In effetti dalla comparsa alla fine dell’800 del vetro retinato - al quale la sottile rete metallica inglobata nella massa vitrea conferiva una notevole resistenza e sicurezza al momento della rottura – si erano susseguite numerose valide sperimentazioni, tese a limitare la fragilità di questo materiale. Tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 cominciò a diffondersi – soprattutto in Germania e in Francia – il vetrocemento. Con il brique de verre - allora ottenuto ancora mediante soffiatura, in seguito tramite stampaggio - fu costruita nel 1904 parte della facciata della celebre casa parigina di rue Franklin progettata da Auguste e Gustave Perret. Uno dei primi, magistrali esempi d’impiego di un componente vetrato realizzato industrialmente, per quei tempi davvero avveniristico. Consentiva infatti la realizzazione di intere pareti portanti trasparenti, dritte o curve, di lucernari, di volte e di solai. Era l’inizio dell’impiego del vetro con funzioni anche strutturali. I progressi dell’industria vetraria – vetri stratificati, temprati, curvati, dimensioni crescenti delle lastre – consentirono sempre più audaci sperimentazioni. La trasparenza cominciò ad essere protagonista della nuova architettura e la “smaterializzazione” degli edifici divenne una costante nella ricerca di molti progettisti. Verso la metà degli anni ’30 cominciarono le prime applicazioni della “facciata continua”: il courtain wall utilizzato in America anche da Mies van der Rohe; il mur rideau utilizzato in Francia anche da Jean Prouvè. Iniziò così l’era degli involucri architettonici indipendenti dalla struttura portante principale dell’edificio: pannelli vetrati – talvolta alternati con altri opachi – ancorati a strutture metalliche secondarie di varie tipologie. Mirabili esempi architettonici anche italiani – dalla “Casa elettrica” di Figini e Pollini per la IV triennale di Monza, alla vetrata dell’atrio in cristallo Securit completamente trasparente della “Casa fascista dell’agricoltore” di Vercelli di Melis, Rosso e Bernocco - sono la testimonianza di come importanti innovazioni nel campo dei materiali e delle tecnologie possano essere alla base di ottimi risultati sotto il profilo sia formale che funzionale. Quello dell’uso delle lastre vetrate per la costruzione dell’involucro è un campo di sperimentazione assai vasto e complesso che si snoda lungo tutto il corso dello scorso secolo. Un percorso costellato da vere e proprie rivoluzioni, come i sistemi di giunzione puntiformi delle lastre adottati, alla metà degli anni ’70, dalla Foster Associates per la costruzione dell’involucro totalmente trasparente della compagnia assicurativa Willis Faber & Dumasa Ipswich in Gran Bretagna, o come il sistema puntiforme “a ragno” messo a punto da Peter Rice e dallo studio RFR per la realizzazione delle serre bioclimatiche del parco della Villette a Parigi. Le lastre non erano più ingabbiate in intelaiature metalliche – seppure sottili, seppure nascoste – ma “appese” le une alle altre tramite supporti metallici puntiformi e sigillate tra loro attraverso silicone. Un sistema brevettato, affinato in successivi passaggi, oggi adottato in tutto il mondo. Ma la ricerca della trasparenza non ha generato solo edifici emozionanti. In innumerevoli casi – soprattutto di “edilizia per uffici” – ha dato vita a brutte scatole più o meno trasparenti, translucide, specchiate, senza alcuna valenza architettonica e, soprattutto, assolutamente dissennate sotto il profilo energetico. Edifici nei quali l’uso generalizzato di vetri scelti pensando solo al risparmio in fase di costruzione (dunque con spessori limitati, non isolanti ecc..) non garantiva alcun tipo di comfort interno: edifici-fornaci in estate, edifici-ghiacciaie in inverno. Vetrate poste indifferentemente a sud come a nord, non schermate da alcun tipo di brise soleil, edifici nelle quali l’effetto serra era involontario e incontrollato. Al contrario l’involucro vetrato se progettato in maniera consapevole valutando le sue caratteristiche di trasparenza e assorbimento selettivo – che variano notevoltente secondo il tipo, la colorazione, gli spessori, i trattamenti - può fornire ottime prestazioni in relazione al comfort interno sia visivo che termico. E, dunque, può consentire ad un abbattimento dei consumi energetici globali dell’edificio conseguente allo sfruttamento ottimale dell’illuminazione naturale e, per quel che riguarda il riscaldamento, al fenomeno dell’effetto serra controllato. Infatti, così come l’involucro massivo può essere usato per accumulare calore per poi riemetterlo quando serve, l’involucro vetrato può in inverno diventare un elemento cardine per il riscaldamento passivo dell’edificio grazie allo sfruttamento dell’effetto serra degli ambienti a lui confinanti. Ciò in virtù del fatto che (semplificando una questione certamente molto articolata), le radiazioni solari comprese tra i 315 e i 3000 nm passano attraverso il vetro, vengono assorbite dai corpi retrostanti le lastre che a loro volta, scaldandosi, riemettono calore che però non riattraversa il vetro in uscita, essendo lunghezze d’onda generalmete superiori ai 3000 mn. Ma governare la trasparenza sotto il profilo energetico è tanto fondamentale quanto complesso, infatti i fattori in gioco legati alla trasmissione selettiva, all’assorbimento, alla rifrazione, alla diffrazione e alla diffusione sono molteplici e variano profondamente secondo i tipi di vetri. La scelta del tipo è dunque strategica, così come il corretto orientamento delle pareti vetrate, la valutazione delle destinazione d’uso dei locali confinanti (si usano prevalentemente di giorno o anche di notte?), la progettazione del tipo di schermature per la stagione estiva... Elementi fondamentali che incidono profondamente sulla reale funzionalità delle superfici vetrate - ma anche delle semplici finestre - e, dunque, sulla possibilità di controllo sia della luce naturale sia del guadagno termico passivo. Oggi esistono in commercio una infinità di tipi di vetri con caratteristiche e prestazioni diverse. Si può dire che il vetro sia diventato un materiale tailor made, le cui prestazioni, cioè, possono essere in qualche misura progettate a tavolino, modificando i suoi costituenti di base, variando le loro percentuali e/o aggiungendo elementi diversi. Accanto ai tradizionali vetri sodici-calcici (comunemente usati per la produzione di vetri float), ai vetri al quarzo (basso coefficiente di dilatazione termica), ai vetri al piombo (schermatura della radiazione solare), ai vetri borosilicati (resistenti alle alte temperature e agli impatti), ai vetri di silice (basso emissivi) e alle loro combinazioni - nei vetri stratificati e nei vetri camera - esistono oggi molteplici prodotti semplici o anche molto complessi che accoppiano lastre vetrate e altri materiali. Si tratta di componenti con funzioni diverse, vetri sottoposti a trattamenti particolari (ad esempio autopulenti), vetri ricoprti da pellicole schermanti che consentono di soddisfare prestazioni diverse non solo legate alla sicurezza ma anche in campo energetico. Tra questi i sistemi i vetri evaquati dotati di rivestimenti basso emissivi, i sistemi superisolanti con interposto aerogel, quelli con fotovoltaico integato, i vetri cromogenici, termocromici o fotocromici. Un universo nel quale la ricerca ha raggiunto risultati notevoli. Purtroppo per gli alti costi iniziali – ma ammortizzati ampiamente se si considera l’intera vita dell’edificio - o per scarse conoscenze, ancora oggi poco sfruttati nel settore delle costruzioni.

Soluzioni "on demand" per l'architettura trasparente / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 43:(2007), pp. 13-13.

Soluzioni "on demand" per l'architettura trasparente

CECCHINI, Cecilia
2007

Abstract

Da opaco a trasparente. Così si potrebbe, in estrema sintesi, riassumere il cammino dell’involucro moderno. Già nel 1941 Giò Ponti su un numero monografico dedicato al vetro della rivista Lo Stile affermava ”Il vetro varca un limite che pareva insuperabile ed inaugura un’era nuova: quella della grande resistenza. Il vetro non è più fragile!” In effetti dalla comparsa alla fine dell’800 del vetro retinato - al quale la sottile rete metallica inglobata nella massa vitrea conferiva una notevole resistenza e sicurezza al momento della rottura – si erano susseguite numerose valide sperimentazioni, tese a limitare la fragilità di questo materiale. Tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 cominciò a diffondersi – soprattutto in Germania e in Francia – il vetrocemento. Con il brique de verre - allora ottenuto ancora mediante soffiatura, in seguito tramite stampaggio - fu costruita nel 1904 parte della facciata della celebre casa parigina di rue Franklin progettata da Auguste e Gustave Perret. Uno dei primi, magistrali esempi d’impiego di un componente vetrato realizzato industrialmente, per quei tempi davvero avveniristico. Consentiva infatti la realizzazione di intere pareti portanti trasparenti, dritte o curve, di lucernari, di volte e di solai. Era l’inizio dell’impiego del vetro con funzioni anche strutturali. I progressi dell’industria vetraria – vetri stratificati, temprati, curvati, dimensioni crescenti delle lastre – consentirono sempre più audaci sperimentazioni. La trasparenza cominciò ad essere protagonista della nuova architettura e la “smaterializzazione” degli edifici divenne una costante nella ricerca di molti progettisti. Verso la metà degli anni ’30 cominciarono le prime applicazioni della “facciata continua”: il courtain wall utilizzato in America anche da Mies van der Rohe; il mur rideau utilizzato in Francia anche da Jean Prouvè. Iniziò così l’era degli involucri architettonici indipendenti dalla struttura portante principale dell’edificio: pannelli vetrati – talvolta alternati con altri opachi – ancorati a strutture metalliche secondarie di varie tipologie. Mirabili esempi architettonici anche italiani – dalla “Casa elettrica” di Figini e Pollini per la IV triennale di Monza, alla vetrata dell’atrio in cristallo Securit completamente trasparente della “Casa fascista dell’agricoltore” di Vercelli di Melis, Rosso e Bernocco - sono la testimonianza di come importanti innovazioni nel campo dei materiali e delle tecnologie possano essere alla base di ottimi risultati sotto il profilo sia formale che funzionale. Quello dell’uso delle lastre vetrate per la costruzione dell’involucro è un campo di sperimentazione assai vasto e complesso che si snoda lungo tutto il corso dello scorso secolo. Un percorso costellato da vere e proprie rivoluzioni, come i sistemi di giunzione puntiformi delle lastre adottati, alla metà degli anni ’70, dalla Foster Associates per la costruzione dell’involucro totalmente trasparente della compagnia assicurativa Willis Faber & Dumasa Ipswich in Gran Bretagna, o come il sistema puntiforme “a ragno” messo a punto da Peter Rice e dallo studio RFR per la realizzazione delle serre bioclimatiche del parco della Villette a Parigi. Le lastre non erano più ingabbiate in intelaiature metalliche – seppure sottili, seppure nascoste – ma “appese” le une alle altre tramite supporti metallici puntiformi e sigillate tra loro attraverso silicone. Un sistema brevettato, affinato in successivi passaggi, oggi adottato in tutto il mondo. Ma la ricerca della trasparenza non ha generato solo edifici emozionanti. In innumerevoli casi – soprattutto di “edilizia per uffici” – ha dato vita a brutte scatole più o meno trasparenti, translucide, specchiate, senza alcuna valenza architettonica e, soprattutto, assolutamente dissennate sotto il profilo energetico. Edifici nei quali l’uso generalizzato di vetri scelti pensando solo al risparmio in fase di costruzione (dunque con spessori limitati, non isolanti ecc..) non garantiva alcun tipo di comfort interno: edifici-fornaci in estate, edifici-ghiacciaie in inverno. Vetrate poste indifferentemente a sud come a nord, non schermate da alcun tipo di brise soleil, edifici nelle quali l’effetto serra era involontario e incontrollato. Al contrario l’involucro vetrato se progettato in maniera consapevole valutando le sue caratteristiche di trasparenza e assorbimento selettivo – che variano notevoltente secondo il tipo, la colorazione, gli spessori, i trattamenti - può fornire ottime prestazioni in relazione al comfort interno sia visivo che termico. E, dunque, può consentire ad un abbattimento dei consumi energetici globali dell’edificio conseguente allo sfruttamento ottimale dell’illuminazione naturale e, per quel che riguarda il riscaldamento, al fenomeno dell’effetto serra controllato. Infatti, così come l’involucro massivo può essere usato per accumulare calore per poi riemetterlo quando serve, l’involucro vetrato può in inverno diventare un elemento cardine per il riscaldamento passivo dell’edificio grazie allo sfruttamento dell’effetto serra degli ambienti a lui confinanti. Ciò in virtù del fatto che (semplificando una questione certamente molto articolata), le radiazioni solari comprese tra i 315 e i 3000 nm passano attraverso il vetro, vengono assorbite dai corpi retrostanti le lastre che a loro volta, scaldandosi, riemettono calore che però non riattraversa il vetro in uscita, essendo lunghezze d’onda generalmete superiori ai 3000 mn. Ma governare la trasparenza sotto il profilo energetico è tanto fondamentale quanto complesso, infatti i fattori in gioco legati alla trasmissione selettiva, all’assorbimento, alla rifrazione, alla diffrazione e alla diffusione sono molteplici e variano profondamente secondo i tipi di vetri. La scelta del tipo è dunque strategica, così come il corretto orientamento delle pareti vetrate, la valutazione delle destinazione d’uso dei locali confinanti (si usano prevalentemente di giorno o anche di notte?), la progettazione del tipo di schermature per la stagione estiva... Elementi fondamentali che incidono profondamente sulla reale funzionalità delle superfici vetrate - ma anche delle semplici finestre - e, dunque, sulla possibilità di controllo sia della luce naturale sia del guadagno termico passivo. Oggi esistono in commercio una infinità di tipi di vetri con caratteristiche e prestazioni diverse. Si può dire che il vetro sia diventato un materiale tailor made, le cui prestazioni, cioè, possono essere in qualche misura progettate a tavolino, modificando i suoi costituenti di base, variando le loro percentuali e/o aggiungendo elementi diversi. Accanto ai tradizionali vetri sodici-calcici (comunemente usati per la produzione di vetri float), ai vetri al quarzo (basso coefficiente di dilatazione termica), ai vetri al piombo (schermatura della radiazione solare), ai vetri borosilicati (resistenti alle alte temperature e agli impatti), ai vetri di silice (basso emissivi) e alle loro combinazioni - nei vetri stratificati e nei vetri camera - esistono oggi molteplici prodotti semplici o anche molto complessi che accoppiano lastre vetrate e altri materiali. Si tratta di componenti con funzioni diverse, vetri sottoposti a trattamenti particolari (ad esempio autopulenti), vetri ricoprti da pellicole schermanti che consentono di soddisfare prestazioni diverse non solo legate alla sicurezza ma anche in campo energetico. Tra questi i sistemi i vetri evaquati dotati di rivestimenti basso emissivi, i sistemi superisolanti con interposto aerogel, quelli con fotovoltaico integato, i vetri cromogenici, termocromici o fotocromici. Un universo nel quale la ricerca ha raggiunto risultati notevoli. Purtroppo per gli alti costi iniziali – ma ammortizzati ampiamente se si considera l’intera vita dell’edificio - o per scarse conoscenze, ancora oggi poco sfruttati nel settore delle costruzioni.
2007
Vetri ad alte prestazioni; involucri intelligenti; ricerca della trasparenza
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Soluzioni "on demand" per l'architettura trasparente / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 43:(2007), pp. 13-13.
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