La ricerca della leggerezza è una costante nell’evoluzione dell’architettura. Nel corso dei secoli il peso proprio delle strutture si è andato via via riducendo rispetto ai carichi: dalla logica gravitazionale dei sistemi in pietra, alle strutture in laterizio, al cemento armato, al metallo, fino alle tensostrutture. Un percorso verso la leggerezza che ha avuto una forte accelerazione dai primi del ‘900 – riduzione del materiale impiegato a fronte del suo massimo sfruttamento – ed ha invertito il rapporto peso proprio/carichi accidentali. L’architettura ultraleggera delle membrane tessili – figlia delle ricerche di Frei Otto, Buckminster Fuller, degli Archigram, di Cedric Price - costituisce oggi l’apice di tale cammino. Le prime realizzazioni di questo tipo utilizzavano pesanti tessuti monocomponenti a base di cotone trattati superficialmente con prodotti impermeabilizzanti, negli anni ’50 è iniziato l’impiego di tessuti più leggeri, originariamente usati come filtri per fumi e polveri nelle industrie. Nel 1968 venne realizzato in Italia il primo esempio di ibrido tra tensostruttura e struttura pneumatica: quattro cilindri pressostatici in tessuto di PVC sospesi ad un cavo uniti tra loro da un telo a capanna, costituivano il collegamento tra il Palazzo delle Esposizioni ed il Nuovo Padiglione Italiano alla Triennale di Milano. Un progetto di De Pas, D’Urbino e Lomazzi, che continuarono a sperimentare su questi temi fino alla metà degli anni ’70 – partendo dall’esperienza della loro celebre poltrona trasparente Blow – fino al progetto per il Padiglione Italiano all’Esposizione di Osaka. Una struttura avveniristica, purtroppo mai realizzata, costituita da una serie di cupole componibili unite tra loro con cerniere lampo. Da allora molta strada è stata fatta nella realizzazione di pressostrutture - nelle quali la membrana è sostenuta dalla sovrapressione creata nell’ambiente interno - nel campo delle strutture tensili - nelle quali la forma è determinata dal tessuto tensionato in più punti - e, più in generale, nella costruzione di strutture a membrana sostenute con sistemi diversi. Oggi è possibile realizzare con questi sistemi architetture sempre più ardite e spettacolari con forme complesse e luci libere notevoli, rese possibili dalla produzione di tessili tecnici via via più leggeri e performanti, dall’affinamento dei metodi di gestione dell’analisi dei carichi, dalla esatta definizione della forma di equilibrio delle tensostrutture e dalla conseguente definizione dei pattern di taglio industriale dei diversi pannelli costituenti le membrane. Generalmente si è portati a credere che le strutture tessili, comunque sostenute, consentano la realizzazione di architetture di piccole dimensioni, con scarsa resistenza e durata limitata; se ciò era vero per le prime sperimentazioni oggi la situazione è del tutto diversa, come dimostrano i sempre più numerosi esempi costruiti negli anni recenti in tutto il mondo, in molti casi innovativi sia sotto il profilo tipologico che formale. In Italia sono rare le architetture dimensionalmente rilevanti, per contro ci sono ottime aziende produttrici specializzate che lavorano, anche su disegno, in tutto il mondo. Quello che manca nel nostro Paese è una cultura in grado di progettare correttamente del campo dell’ultraleggero, in modo da sfruttare le libertà formali che le architetture a membrana consentono, senza penalizzare le loro caratteristiche prestazionali che ormai hanno raggiunto risultati notevoli per quel che riguarda la resistenza al fuoco, alla salsedine, all’umidità, alle escursioni termiche a venti molto forti. Le possibilità compositive di queste architetture sono fortemente legate all’evoluzione dei tessili tecnici, un comparto produttivo molto ampio e in continua evoluzione dove ricerca e sperimentazione hanno avuto, specie negli anni più recenti, un forte sviluppo: tessuti tridimensionali, tessuti in ptfe espansi, film thv, nuovi mix quali i compositi vetro/silicone, stratificati (superfici spalmate, accoppiate, laminate, spruzzate), compositi a matrice (come i nontessuti coesionati con un legante). In molti casi si tratta di prodotti nati per altri settori – ad esempio per la realizzazione delle vele delle barche da competizione, o per l’abbigliamento dedicato alla sicurezza - che, attraverso una sorta di transfert tecnologico, vengono impiegati nell’architettura. Tra quelli tradizionalmente usati la fibra di poliestere ad alta tenacità (con diversi titoli a secondo della resistenza richiesta) spalmata di PVC, con l’aggiunta di plastificanti, agenti ignifughi, anti raggi UV, antimuffa. La spalmatura consente anche la giunzione tra le diverse membrane mediante termosaldatura ad aria o ad alta frequenza. Generalmente vi è un ulteriore rivestimento esterno atto a rendere il tessuto antiaderente, autopulente, resistente agli agenti inquinanti. Questi rivestimenti erano inizialmente realizzati con resine acriliche che conferivano al tessuto un aspetto lucido laccato, oggi queste resine sono state quasi del tutto sostituite da vernici a base di PVDF, dall’ossido di titanio e da rivestimenti siliconici. Fondamentale, in fase di scelta del materiale, la valutazione delle qualità prestazionali delle membrane tessili – certificabili da prove codificate – quali la resistenza a trazione (ordito e trama) e alla lacerazione, l’allungamento a trazione, l’adesione, la resistenza delle saldature, la trasmissione luminosa. Un aspetto, quest’ultimo, che può influire in modo determinante sugli esiti compositivi delle architetture e che può contare su tessuti che vanno dall’oscuramento totale alla massima trasparenza, a tessuti in grado di diffondere la luce in presenza di illuminazione interna o esterna. Il TensiNet Symposium 2007 intitolato Ephemeral architecture: time and texiles che si è recentemnte concluso (organizzato dal network TensiNet con il patrocinio del Politecnico di Milano e del Dipartimento B.E.S.T.), ha fatto il punto sull’innovazione formale e tecnologica raggiunta dall’architettura a membrana, prefigurando anche i suoi sviluppi. Di particolare interesse le nuove possibilità legate al comfort interno, alla coibentazione degli spazi ed al conseguente risparmio energetico: membrane multistrato costituite da più layer di tessuto intervallati da camere d’aria e/o da strati di materassini isolanti traslucenti di nuova generazione; materiali a transizione di fase che permettono di conciliare elevati livelli di isolamento termo-acustici degli involucri con il mantenimento della traslucenza, così da ottenere vantaggi sul piano estetico, ma anche il contenimento dell’illuminazione artificiale, derivante dalla presenza della radiazione luminosa naturale diffusa. Altra possibilità interessante quella dell’applicazione fotovoltaica su un film trasparente di ETFE. Strutture, dunque, non solo flessibili e adattabili, rispondenti a quelle destinazioni funzionali che hanno una durata temporale limitata, ma anche ambientalmente corrette, facenti parte di un “effimero sostenibile” – e non usa e getta – in virtù di un uso minimo di materiale a fronte della superficie coperta, della loro reversibilità costruttiva, della possibilità di smontarle, stoccarle, rimontarle e, infine, riciclarle. Così come avviene già oggi nei 20 centri di riciclo delle membrane in poliestere/PVC dislocati in Europa gestiti da un produttore tessile francese, a dimostrazione che questo tipo di architettura consente, con le più innovative tecnologie, anche il riciclo alla fine della sua vita.

Con le membrane opere spettacolari e resistenti / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 17:(2007), pp. 7-7.

Con le membrane opere spettacolari e resistenti.

CECCHINI, Cecilia
2007

Abstract

La ricerca della leggerezza è una costante nell’evoluzione dell’architettura. Nel corso dei secoli il peso proprio delle strutture si è andato via via riducendo rispetto ai carichi: dalla logica gravitazionale dei sistemi in pietra, alle strutture in laterizio, al cemento armato, al metallo, fino alle tensostrutture. Un percorso verso la leggerezza che ha avuto una forte accelerazione dai primi del ‘900 – riduzione del materiale impiegato a fronte del suo massimo sfruttamento – ed ha invertito il rapporto peso proprio/carichi accidentali. L’architettura ultraleggera delle membrane tessili – figlia delle ricerche di Frei Otto, Buckminster Fuller, degli Archigram, di Cedric Price - costituisce oggi l’apice di tale cammino. Le prime realizzazioni di questo tipo utilizzavano pesanti tessuti monocomponenti a base di cotone trattati superficialmente con prodotti impermeabilizzanti, negli anni ’50 è iniziato l’impiego di tessuti più leggeri, originariamente usati come filtri per fumi e polveri nelle industrie. Nel 1968 venne realizzato in Italia il primo esempio di ibrido tra tensostruttura e struttura pneumatica: quattro cilindri pressostatici in tessuto di PVC sospesi ad un cavo uniti tra loro da un telo a capanna, costituivano il collegamento tra il Palazzo delle Esposizioni ed il Nuovo Padiglione Italiano alla Triennale di Milano. Un progetto di De Pas, D’Urbino e Lomazzi, che continuarono a sperimentare su questi temi fino alla metà degli anni ’70 – partendo dall’esperienza della loro celebre poltrona trasparente Blow – fino al progetto per il Padiglione Italiano all’Esposizione di Osaka. Una struttura avveniristica, purtroppo mai realizzata, costituita da una serie di cupole componibili unite tra loro con cerniere lampo. Da allora molta strada è stata fatta nella realizzazione di pressostrutture - nelle quali la membrana è sostenuta dalla sovrapressione creata nell’ambiente interno - nel campo delle strutture tensili - nelle quali la forma è determinata dal tessuto tensionato in più punti - e, più in generale, nella costruzione di strutture a membrana sostenute con sistemi diversi. Oggi è possibile realizzare con questi sistemi architetture sempre più ardite e spettacolari con forme complesse e luci libere notevoli, rese possibili dalla produzione di tessili tecnici via via più leggeri e performanti, dall’affinamento dei metodi di gestione dell’analisi dei carichi, dalla esatta definizione della forma di equilibrio delle tensostrutture e dalla conseguente definizione dei pattern di taglio industriale dei diversi pannelli costituenti le membrane. Generalmente si è portati a credere che le strutture tessili, comunque sostenute, consentano la realizzazione di architetture di piccole dimensioni, con scarsa resistenza e durata limitata; se ciò era vero per le prime sperimentazioni oggi la situazione è del tutto diversa, come dimostrano i sempre più numerosi esempi costruiti negli anni recenti in tutto il mondo, in molti casi innovativi sia sotto il profilo tipologico che formale. In Italia sono rare le architetture dimensionalmente rilevanti, per contro ci sono ottime aziende produttrici specializzate che lavorano, anche su disegno, in tutto il mondo. Quello che manca nel nostro Paese è una cultura in grado di progettare correttamente del campo dell’ultraleggero, in modo da sfruttare le libertà formali che le architetture a membrana consentono, senza penalizzare le loro caratteristiche prestazionali che ormai hanno raggiunto risultati notevoli per quel che riguarda la resistenza al fuoco, alla salsedine, all’umidità, alle escursioni termiche a venti molto forti. Le possibilità compositive di queste architetture sono fortemente legate all’evoluzione dei tessili tecnici, un comparto produttivo molto ampio e in continua evoluzione dove ricerca e sperimentazione hanno avuto, specie negli anni più recenti, un forte sviluppo: tessuti tridimensionali, tessuti in ptfe espansi, film thv, nuovi mix quali i compositi vetro/silicone, stratificati (superfici spalmate, accoppiate, laminate, spruzzate), compositi a matrice (come i nontessuti coesionati con un legante). In molti casi si tratta di prodotti nati per altri settori – ad esempio per la realizzazione delle vele delle barche da competizione, o per l’abbigliamento dedicato alla sicurezza - che, attraverso una sorta di transfert tecnologico, vengono impiegati nell’architettura. Tra quelli tradizionalmente usati la fibra di poliestere ad alta tenacità (con diversi titoli a secondo della resistenza richiesta) spalmata di PVC, con l’aggiunta di plastificanti, agenti ignifughi, anti raggi UV, antimuffa. La spalmatura consente anche la giunzione tra le diverse membrane mediante termosaldatura ad aria o ad alta frequenza. Generalmente vi è un ulteriore rivestimento esterno atto a rendere il tessuto antiaderente, autopulente, resistente agli agenti inquinanti. Questi rivestimenti erano inizialmente realizzati con resine acriliche che conferivano al tessuto un aspetto lucido laccato, oggi queste resine sono state quasi del tutto sostituite da vernici a base di PVDF, dall’ossido di titanio e da rivestimenti siliconici. Fondamentale, in fase di scelta del materiale, la valutazione delle qualità prestazionali delle membrane tessili – certificabili da prove codificate – quali la resistenza a trazione (ordito e trama) e alla lacerazione, l’allungamento a trazione, l’adesione, la resistenza delle saldature, la trasmissione luminosa. Un aspetto, quest’ultimo, che può influire in modo determinante sugli esiti compositivi delle architetture e che può contare su tessuti che vanno dall’oscuramento totale alla massima trasparenza, a tessuti in grado di diffondere la luce in presenza di illuminazione interna o esterna. Il TensiNet Symposium 2007 intitolato Ephemeral architecture: time and texiles che si è recentemnte concluso (organizzato dal network TensiNet con il patrocinio del Politecnico di Milano e del Dipartimento B.E.S.T.), ha fatto il punto sull’innovazione formale e tecnologica raggiunta dall’architettura a membrana, prefigurando anche i suoi sviluppi. Di particolare interesse le nuove possibilità legate al comfort interno, alla coibentazione degli spazi ed al conseguente risparmio energetico: membrane multistrato costituite da più layer di tessuto intervallati da camere d’aria e/o da strati di materassini isolanti traslucenti di nuova generazione; materiali a transizione di fase che permettono di conciliare elevati livelli di isolamento termo-acustici degli involucri con il mantenimento della traslucenza, così da ottenere vantaggi sul piano estetico, ma anche il contenimento dell’illuminazione artificiale, derivante dalla presenza della radiazione luminosa naturale diffusa. Altra possibilità interessante quella dell’applicazione fotovoltaica su un film trasparente di ETFE. Strutture, dunque, non solo flessibili e adattabili, rispondenti a quelle destinazioni funzionali che hanno una durata temporale limitata, ma anche ambientalmente corrette, facenti parte di un “effimero sostenibile” – e non usa e getta – in virtù di un uso minimo di materiale a fronte della superficie coperta, della loro reversibilità costruttiva, della possibilità di smontarle, stoccarle, rimontarle e, infine, riciclarle. Così come avviene già oggi nei 20 centri di riciclo delle membrane in poliestere/PVC dislocati in Europa gestiti da un produttore tessile francese, a dimostrazione che questo tipo di architettura consente, con le più innovative tecnologie, anche il riciclo alla fine della sua vita.
2007
Tessili tecnici; film sottili; architetture tensili
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Con le membrane opere spettacolari e resistenti / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 17:(2007), pp. 7-7.
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