Concerning the proof that “international law” is ancient: “international law” is a rather recent designation, but “law of peoples (nations)”, by which the same subject matter was referred to in the past, is not. In support of this claim, one only has to keep in mind the difference between contracts regulated by civil law and treaties of alliance among one or more tribes or one or more peoples. Such distinction was in force in in ancient Rome. Take, for instance, Livy’s passage in which the historian emphasises the differences between the treaty of alliance concluded by Trojan exiles and Latins and the marriage contract between Aeneas and Latinus’ daughter (Livy, Ab Urbe Condita, I, 14, 1). Therefore, we can claim that the distinction between civil and international law already dates to antiquity. I then proceed to re-state my criticism of the notion of “law of war”: this latter is an entirely flawed and mistaken conceptual construct, which haunted and still does haunt legal doctrines. I had already harshly criticised the existence of such a thing as “law of war” in the first edition of “Guerra o Diritto?”, and I have presented further criticisms and arguments against it in the 2009 and 2013 editions of the book. The beginning of war constitutes the end of juridical relationships and replaces them with alternative means, i.e., warfare, in the same way as darkness replaces daylight in the evening. Similarly, a peace treaty represents the return to the use of law, in the same way as, at sunrise, light takes over darkness. Therefore, although, on the one hand, during armed conflicts there cannot be any such thing as “law”, on the other, in very exceptional circumstances, some juridical regulations may survive. Such are those which give rise to “humanitarian law”, which do not purport to turn armed conflicts (wars, revolutions) into a “parody” of war, into sports games (with referees and linesmen assisting), or into duels overseen by “seconds”, who are there to check the fairness of the combat, and, at the end, decree who wins and who loses. The aim of humanitarian law is different: to alleviate people’s sufferings, that is, reduce the disruptive effects of armed conflicts. Its origin lies in the creation of the International Red Cross, which was, in turn, prompted by the public opinion’s indignation about the tragical effects of war. Such indignation was spread among the population by the Genevan writer Henry Dunat’s account of the battle of Solferino, Souvenir de Solférino, an outcry of sorrow which was published in Geneva in 1862. To sum up, I argue that humanitarian law is neither a descendant of so-called “law of war” nor a transformation of it.

Sulla dimostrazione dell’antica origine del “diritto internazionale”: se la denominazione di “diritto internazionale” è piuttosto recente, non altrettanto può dirsi del “diritto delle genti”, qualificazione con la quale in precedenza la stessa materia veniva chiamata. A sostegno di questa tesi, basti ricordare la differenza tra i contratti disciplinati dal diritto civile e i trattati di alleanza tra due tribù o tra due e più popoli. Una differenza ben chiara nell’Antica Roma. Si veda, ad esempio, il passo di Tito Livio in cui si sottolinea la differenza tra il Trattato di alleanza stipulato tra esuli Troiani e Latini, e il contratto di matrimonio fra Enea e la figlia di Latino (Tito Livio, Ab urbe condita, I,14,1). Dunque si può affermare che fin dall’antichità si è sempre distinto tra diritto civile e diritto internazionale: tra un rapporto di diritto civile e uno ben diverso di diritto internazionale. Ciò premesso, si rinnova le forti critiche contro il “diritto bellico”: una falsa costruzione, evidente frutto di un abbaglio, che ha perseguitato la dottrina e la perseguita ancora. Tesi già da me sottoposta a severa critica fin dalla prima edizione di “Guerra o diritto?”, nel 2009 e rinnovata e approfondita nelle edizioni successive del 2010 e del 2013. L’inizio della guerra decreta la fine dei rapporti giuridici tra le parti e li sostituisce con strumenti alternativi: quelli bellici. Così come il buio sostituisce la luce del giorno quando si fa sera. All’opposto, il trattato di pace segna il ritorno all’utilizzo del diritto. Allo stesso modo con cui sul far del giorno la luce subentra al buio. Se durante i conflitti armati non v’è spazio per il diritto bellico, invece eccezionalmente, può sopravvivere qualche istituto giuridico. Questi istituti danno forma al “diritto umanitario”, il quale non ha la presunzione di trasformare i conflitti armati (guerre, rivoluzioni, ecc.) in una parodia della guerra, in una specie di gara sportiva (con tanto di arbitri e di segnalinee) o in un duello con i suoi padrini, che assistono allo regolarità dello scontro, e alla fine decretano a chi spetti la vittoria e a chi la sconfitta. Scopo del diritto umanitario è un altro: quello di alleviare le sofferenze, quello, cioè, di ridurre i flagelli prodotti dai conflitti armati. La sua origine può essere rinvenuta nella creazione della Croce Rossa Internazionale, creazione stimolata dallo sdegno per gli effetti più tragici delle guerre. Indignazione inoculata efficacemente dalla pubblicazione del tragico resoconto degli effetti della battaglia di Solferino da parte del ginevrino Henry Dunat Souvenir de Solférino, il grido di dolore pubblicato a Ginevra nel 1862. In sintesi, si dimostra che il diritto umanitario non è l’erede del c.d. diritto bellico né la sua metamorfosi.

Sull'alternativa tra guerra e diritto. La profonda distinzione tra il c.d. diritto bellico e il diritto umanitario / Federici, Renato. - STAMPA. - 5(2013), pp. 509-528.

Sull'alternativa tra guerra e diritto. La profonda distinzione tra il c.d. diritto bellico e il diritto umanitario

FEDERICI, Renato
2013

Abstract

Concerning the proof that “international law” is ancient: “international law” is a rather recent designation, but “law of peoples (nations)”, by which the same subject matter was referred to in the past, is not. In support of this claim, one only has to keep in mind the difference between contracts regulated by civil law and treaties of alliance among one or more tribes or one or more peoples. Such distinction was in force in in ancient Rome. Take, for instance, Livy’s passage in which the historian emphasises the differences between the treaty of alliance concluded by Trojan exiles and Latins and the marriage contract between Aeneas and Latinus’ daughter (Livy, Ab Urbe Condita, I, 14, 1). Therefore, we can claim that the distinction between civil and international law already dates to antiquity. I then proceed to re-state my criticism of the notion of “law of war”: this latter is an entirely flawed and mistaken conceptual construct, which haunted and still does haunt legal doctrines. I had already harshly criticised the existence of such a thing as “law of war” in the first edition of “Guerra o Diritto?”, and I have presented further criticisms and arguments against it in the 2009 and 2013 editions of the book. The beginning of war constitutes the end of juridical relationships and replaces them with alternative means, i.e., warfare, in the same way as darkness replaces daylight in the evening. Similarly, a peace treaty represents the return to the use of law, in the same way as, at sunrise, light takes over darkness. Therefore, although, on the one hand, during armed conflicts there cannot be any such thing as “law”, on the other, in very exceptional circumstances, some juridical regulations may survive. Such are those which give rise to “humanitarian law”, which do not purport to turn armed conflicts (wars, revolutions) into a “parody” of war, into sports games (with referees and linesmen assisting), or into duels overseen by “seconds”, who are there to check the fairness of the combat, and, at the end, decree who wins and who loses. The aim of humanitarian law is different: to alleviate people’s sufferings, that is, reduce the disruptive effects of armed conflicts. Its origin lies in the creation of the International Red Cross, which was, in turn, prompted by the public opinion’s indignation about the tragical effects of war. Such indignation was spread among the population by the Genevan writer Henry Dunat’s account of the battle of Solferino, Souvenir de Solférino, an outcry of sorrow which was published in Geneva in 1862. To sum up, I argue that humanitarian law is neither a descendant of so-called “law of war” nor a transformation of it.
2013
Studi in onore di Augusto Sinagra
9788854864047
Sulla dimostrazione dell’antica origine del “diritto internazionale”: se la denominazione di “diritto internazionale” è piuttosto recente, non altrettanto può dirsi del “diritto delle genti”, qualificazione con la quale in precedenza la stessa materia veniva chiamata. A sostegno di questa tesi, basti ricordare la differenza tra i contratti disciplinati dal diritto civile e i trattati di alleanza tra due tribù o tra due e più popoli. Una differenza ben chiara nell’Antica Roma. Si veda, ad esempio, il passo di Tito Livio in cui si sottolinea la differenza tra il Trattato di alleanza stipulato tra esuli Troiani e Latini, e il contratto di matrimonio fra Enea e la figlia di Latino (Tito Livio, Ab urbe condita, I,14,1). Dunque si può affermare che fin dall’antichità si è sempre distinto tra diritto civile e diritto internazionale: tra un rapporto di diritto civile e uno ben diverso di diritto internazionale. Ciò premesso, si rinnova le forti critiche contro il “diritto bellico”: una falsa costruzione, evidente frutto di un abbaglio, che ha perseguitato la dottrina e la perseguita ancora. Tesi già da me sottoposta a severa critica fin dalla prima edizione di “Guerra o diritto?”, nel 2009 e rinnovata e approfondita nelle edizioni successive del 2010 e del 2013. L’inizio della guerra decreta la fine dei rapporti giuridici tra le parti e li sostituisce con strumenti alternativi: quelli bellici. Così come il buio sostituisce la luce del giorno quando si fa sera. All’opposto, il trattato di pace segna il ritorno all’utilizzo del diritto. Allo stesso modo con cui sul far del giorno la luce subentra al buio. Se durante i conflitti armati non v’è spazio per il diritto bellico, invece eccezionalmente, può sopravvivere qualche istituto giuridico. Questi istituti danno forma al “diritto umanitario”, il quale non ha la presunzione di trasformare i conflitti armati (guerre, rivoluzioni, ecc.) in una parodia della guerra, in una specie di gara sportiva (con tanto di arbitri e di segnalinee) o in un duello con i suoi padrini, che assistono allo regolarità dello scontro, e alla fine decretano a chi spetti la vittoria e a chi la sconfitta. Scopo del diritto umanitario è un altro: quello di alleviare le sofferenze, quello, cioè, di ridurre i flagelli prodotti dai conflitti armati. La sua origine può essere rinvenuta nella creazione della Croce Rossa Internazionale, creazione stimolata dallo sdegno per gli effetti più tragici delle guerre. Indignazione inoculata efficacemente dalla pubblicazione del tragico resoconto degli effetti della battaglia di Solferino da parte del ginevrino Henry Dunat Souvenir de Solférino, il grido di dolore pubblicato a Ginevra nel 1862. In sintesi, si dimostra che il diritto umanitario non è l’erede del c.d. diritto bellico né la sua metamorfosi.
Diritto internazionale; diritto delle genti; diritto umanitario; diritto feziale; croce rossa internazionale; rapporto tra logica e diritto; funzione del diritto; definizione del diritto. Teoria generale del diritto
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Sull'alternativa tra guerra e diritto. La profonda distinzione tra il c.d. diritto bellico e il diritto umanitario / Federici, Renato. - STAMPA. - 5(2013), pp. 509-528.
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