Nella zona della Civita sorsero a partire dal XV secolo furono edificate le residenze delle famiglie più importanti della Città, fra cui si segnalano i palazzi Troiano, Santoro, De Scalzonibus, Malvezzi, Gattini, Festa, Noha, D’Afflitto, Ferraù e Venusio. Il Palazzo della famiglia Noha, edificato fra il XVI ed il XVII secolo, rappresenta uno degli esempi più significativi di architettura privata dei Sassi, grazie alla sua struttura in tufo ingentilita da cornici e intagli lavorati nella sobrietà caratteristica dell’epoca e del contesto urbano. E’ una tipica casa a corte in parte coperta, caratteristica raramente riscontrabile nei palazzi della Città e che conferisce al Palazzo una severità medievale. Il progetto prevede l’utilizzo del nucleo centrale del Palazzo Noha come spazio pubblico per attività didattica ed espositiva, unitamente alla funzione di sede regionale del F.A.I. per la Basilicata. La corte di accesso dal versante sud, nel gioco di ombre e di luci determinato dai raggi solari che filtrano attraverso le numerose bucature, offre la possibilità di ospitare esposizioni temporanee tematiche. Dagli elaborati di rilievo e in particolare dall’articolazione dei vari ambienti, si evince come queste interpretazioni, pur così differenti, siano congeniali tra loro. Gli interventi di restauro di Palazzo Noha a Matera riguardano: l’organismo murario in conci di tufo locale, le finiture ad intonaco e soprastanti decorazioni pittoriche, gli elementi decorativi scultorei e costruttivi in calcarenite dei prospetti esterni, la dotazione impiantistica legata alla nuova funzionalizzazione degli spazi e relativa fruizione, in linea con una metodologia operativa che tiene conto della consistenza materiale e strutturale della fabbrica, e vuole garantirne la conservazione delle caratteristiche storico-figurative, attraverso un “fare” restauro che non intende perseguire la strada del ripristino indiscriminato dell’immagine originaria riproponendo materia e forma dell’architettura, e che si pone come obiettivo principale l’analisi delle cause del degrado e del dissesto e l’individuazione di specifiche lavorazioni. Sovente, infatti, il ricorso alla rimozione di elementi, di finiture, di parti, originali o storicizzate, come gli intonaci per riproporre un’immagine figurativa presunta con la messa a nudo del paramento murario; la sostituzione di parti lapidee degradate quali conci, elementi modanati, mensole, con nuovo materiale di forma desunta per analogia con le preesistenze; l’uso prevalente di sistemi di reintegrazione, con la tecnica del cuci e scuci adottata estensivamente o anche per sostituire un solo concio murario e, di consolidamento con l’impiego del cemento armato per realizzare solette estradossali o di perforazioni armate per la pietra calcarea scarsamente resistente; sono scelte non compatibili ed irreversibili, che comportano sia la perdita della materia che un invasiva resa figurativa. Le soluzioni progettuali prefigurate rispondono, invece, ad una linea di metodo storico-critico-conservativa e ai principi del minimo intervento, della distinguibilità, della reversibilità, della compatibilità, quest’ultima espressa non solo nell’uso sapiente di prodotti chimicamente in linea con la materia costitutiva il bene, se non addirittura formulati dalla stessa per lavorazioni in situ, ma anche nella scelta della nuova destinazione, rispettosa della spazialità del luogo e della sua autenticità. Salvo interventi di consolidamento per i dissesti presenti in pochi punti localizzati, non saranno eseguite opere di demolizione per apertura vani o porte. Per quanto riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche l’acceso al museo sarà consentito mediante un percorso che partendo da via Potito supererà la scalinata verso il Recinto Cavone e la predisposizione di un sistema di superamento dei dislivelli su ruote che, durante le fasi di inattività sarà conservato in luogo protetto. All’interno del palazzo i dislivelli saranno ridotti mediante la riduzione dei massetti e il loro allineamento ad una quota comune, in particolare, nella parte destinata ai servizi igienici, previa verifica della consistenza dei medesimi mediante indagini debolmente distruttive da realizzarsi in una fase di progetto successiva all’attuale. All’interno del palazzo gli utenti si muoveranno seguendo un percorso ben evidenziato nell’elaborato grafico di progetto (P.04a) in cui gli aspetti museografici sono strutturati e pensati in un costante dinamismo reso esplicito da effetti sonori o proiezioni, per poi soffermarsi su oggetti la cui matericità rimanda al luogo. Dunque, sebbene, circoscritta ad uno spazio limitato, l’articolarsi della storia locale, tra dedali viari, cavità, passaggi sotterranei, corti e case palazzate, viene riproposta qui con tecnologie moderne, grazie all’ausilio della TELECOM, secondo un principio guida che è quello di non raggiungere un punto ma godere un percorso. L’esposizione avrà come tema centrale l’evocazione e la descrizione della ‘materia’ di Matera, nelle sue componenti geo-morfologiche, qualitative e architettoniche (in quanto materiale da costruzione) e in relazione con il contesto territoriale e naturale nel quale sussiste. Sotto quest’ultimo punto di vista si richiama la grande suggestione legata alle mutazioni cromatiche quotidiane e stagionali delle rocce calcarenitiche sotto l’azione mutevole dei raggi solari, un effetto che si intende riproporre, col supporto della strumentazione digitale e della riproduzione di video, nel percorso museale. Tali effetti, accompagnati da un commento sonoro che riprodurrà i “suoni” della lavorazione della pietra, saranno resi possibili attraverso programmi informatizzati in grado di riprodurre, in un tempo ragionevolmente più rapido, il ciclo giornaliero del sole proiettato su reperti lapidei parzialmente lavorati dall’uomo. In questo modo sarà possibile, lungo un breve percorso didattico, mettere in evidenza l’unicità dei caratteri materici, cromatici ed espressivi dei litotipi del luogo. La strumentazione, nel rispetto del carattere degli ambienti, potrà essere contenuta in oggetti ad alto contenuto tecnologico appositamente cablati, come meglio descritti nel paragrafo successivo.

Progetto di restauro della Casa Noha (Matera) / Fondo Ambiente, Italiano; E., Di Rocco; Esposito, Daniela; DE CESARIS, Fabrizio; R., Fibbi; C., De Camillis. - (In corso di stampa).

Progetto di restauro della Casa Noha (Matera)

ESPOSITO, Daniela;DE CESARIS, FABRIZIO;
In corso di stampa

Abstract

Nella zona della Civita sorsero a partire dal XV secolo furono edificate le residenze delle famiglie più importanti della Città, fra cui si segnalano i palazzi Troiano, Santoro, De Scalzonibus, Malvezzi, Gattini, Festa, Noha, D’Afflitto, Ferraù e Venusio. Il Palazzo della famiglia Noha, edificato fra il XVI ed il XVII secolo, rappresenta uno degli esempi più significativi di architettura privata dei Sassi, grazie alla sua struttura in tufo ingentilita da cornici e intagli lavorati nella sobrietà caratteristica dell’epoca e del contesto urbano. E’ una tipica casa a corte in parte coperta, caratteristica raramente riscontrabile nei palazzi della Città e che conferisce al Palazzo una severità medievale. Il progetto prevede l’utilizzo del nucleo centrale del Palazzo Noha come spazio pubblico per attività didattica ed espositiva, unitamente alla funzione di sede regionale del F.A.I. per la Basilicata. La corte di accesso dal versante sud, nel gioco di ombre e di luci determinato dai raggi solari che filtrano attraverso le numerose bucature, offre la possibilità di ospitare esposizioni temporanee tematiche. Dagli elaborati di rilievo e in particolare dall’articolazione dei vari ambienti, si evince come queste interpretazioni, pur così differenti, siano congeniali tra loro. Gli interventi di restauro di Palazzo Noha a Matera riguardano: l’organismo murario in conci di tufo locale, le finiture ad intonaco e soprastanti decorazioni pittoriche, gli elementi decorativi scultorei e costruttivi in calcarenite dei prospetti esterni, la dotazione impiantistica legata alla nuova funzionalizzazione degli spazi e relativa fruizione, in linea con una metodologia operativa che tiene conto della consistenza materiale e strutturale della fabbrica, e vuole garantirne la conservazione delle caratteristiche storico-figurative, attraverso un “fare” restauro che non intende perseguire la strada del ripristino indiscriminato dell’immagine originaria riproponendo materia e forma dell’architettura, e che si pone come obiettivo principale l’analisi delle cause del degrado e del dissesto e l’individuazione di specifiche lavorazioni. Sovente, infatti, il ricorso alla rimozione di elementi, di finiture, di parti, originali o storicizzate, come gli intonaci per riproporre un’immagine figurativa presunta con la messa a nudo del paramento murario; la sostituzione di parti lapidee degradate quali conci, elementi modanati, mensole, con nuovo materiale di forma desunta per analogia con le preesistenze; l’uso prevalente di sistemi di reintegrazione, con la tecnica del cuci e scuci adottata estensivamente o anche per sostituire un solo concio murario e, di consolidamento con l’impiego del cemento armato per realizzare solette estradossali o di perforazioni armate per la pietra calcarea scarsamente resistente; sono scelte non compatibili ed irreversibili, che comportano sia la perdita della materia che un invasiva resa figurativa. Le soluzioni progettuali prefigurate rispondono, invece, ad una linea di metodo storico-critico-conservativa e ai principi del minimo intervento, della distinguibilità, della reversibilità, della compatibilità, quest’ultima espressa non solo nell’uso sapiente di prodotti chimicamente in linea con la materia costitutiva il bene, se non addirittura formulati dalla stessa per lavorazioni in situ, ma anche nella scelta della nuova destinazione, rispettosa della spazialità del luogo e della sua autenticità. Salvo interventi di consolidamento per i dissesti presenti in pochi punti localizzati, non saranno eseguite opere di demolizione per apertura vani o porte. Per quanto riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche l’acceso al museo sarà consentito mediante un percorso che partendo da via Potito supererà la scalinata verso il Recinto Cavone e la predisposizione di un sistema di superamento dei dislivelli su ruote che, durante le fasi di inattività sarà conservato in luogo protetto. All’interno del palazzo i dislivelli saranno ridotti mediante la riduzione dei massetti e il loro allineamento ad una quota comune, in particolare, nella parte destinata ai servizi igienici, previa verifica della consistenza dei medesimi mediante indagini debolmente distruttive da realizzarsi in una fase di progetto successiva all’attuale. All’interno del palazzo gli utenti si muoveranno seguendo un percorso ben evidenziato nell’elaborato grafico di progetto (P.04a) in cui gli aspetti museografici sono strutturati e pensati in un costante dinamismo reso esplicito da effetti sonori o proiezioni, per poi soffermarsi su oggetti la cui matericità rimanda al luogo. Dunque, sebbene, circoscritta ad uno spazio limitato, l’articolarsi della storia locale, tra dedali viari, cavità, passaggi sotterranei, corti e case palazzate, viene riproposta qui con tecnologie moderne, grazie all’ausilio della TELECOM, secondo un principio guida che è quello di non raggiungere un punto ma godere un percorso. L’esposizione avrà come tema centrale l’evocazione e la descrizione della ‘materia’ di Matera, nelle sue componenti geo-morfologiche, qualitative e architettoniche (in quanto materiale da costruzione) e in relazione con il contesto territoriale e naturale nel quale sussiste. Sotto quest’ultimo punto di vista si richiama la grande suggestione legata alle mutazioni cromatiche quotidiane e stagionali delle rocce calcarenitiche sotto l’azione mutevole dei raggi solari, un effetto che si intende riproporre, col supporto della strumentazione digitale e della riproduzione di video, nel percorso museale. Tali effetti, accompagnati da un commento sonoro che riprodurrà i “suoni” della lavorazione della pietra, saranno resi possibili attraverso programmi informatizzati in grado di riprodurre, in un tempo ragionevolmente più rapido, il ciclo giornaliero del sole proiettato su reperti lapidei parzialmente lavorati dall’uomo. In questo modo sarà possibile, lungo un breve percorso didattico, mettere in evidenza l’unicità dei caratteri materici, cromatici ed espressivi dei litotipi del luogo. La strumentazione, nel rispetto del carattere degli ambienti, potrà essere contenuta in oggetti ad alto contenuto tecnologico appositamente cablati, come meglio descritti nel paragrafo successivo.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/467865
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact