The urban space is the privileged place to get to know the modern age with its euphoric constuctivism also with its destructive character. It is known that the city model used by Walter Benjamin is Paris; less known is the fact that at the base of his studies of the metropolis as “space” of the modernity has been another model of great city, in which the threshold between the Old and the New draw more complex implications. Benjamin perceives the topographical disposition of the modernity’s spaces: metropolis as Paris and Berlin have different characteristics compared to great cities as Naples, Marseille or Moscow. Naples is a “threshold”, a “space in between”, it is “archaic” and post-modern at the same time; the threshold between old and new takes the form of an access to the underworld (Pozzuoli) and mythical-magical world, an intermediate space where modernity, technology and the archetypal world might be confused. We can find in the modern metropolis not only the traces of the ancient city, its ruins, not only in the psyche of modern man are layered traces of archetypes, dreams and traumas of ancient and even primitive man, but Benjamin also refers to what happens in the "underground" of Paris, in sewers, subways, basements, in the underground topography of the metropolis. This Mediterranean, ancient, primitive threshold leads directly to the origin of Western civilization in Crete, to the primordial rites, to the myth of the labyrinth. Paradoxically, just as Benjamin descends “down”, in the “underground”, in the places of the Mythical, the Magical, the “Sacred”, he takes a “political” action: his raids in these areas take for him the value of a political-cultural battle against those who wanted to interpret as “inevitable” and in a certain way “unexplained” the phenomena of modernity.

Lo spazio urbano è il luogo privilegiato per esperire il moderno con i suoi furori costruttivisti, ma anche con il suo carattere distruttivo. Come scrive Walter Benjamin nel Passagen-Werk, l’esperienza della metropoli è l’esperienza del nuovo, e precisamente l’esperienza di ciò che è stato costruito al posto di quanto è stato distrutto per “fare spazio” all’ «ancora più nuovo». È noto che il modello a cui Benjamin fa riferimento è la Parigi del Secondo impero che egli definisce «la capitale del XIX secolo». Meno noto è invece il fatto che alla base dei suoi studi sulla metropoli come “spazio” del moderno ci sia stato un altro modello di grande città, in cui la soglia tra il vecchio e il nuovo si fa carico di implicazioni più complesse. Benjamin sembra essersi accorto di una disposizione topografica degli spazi del moderno: metropoli quali Parigi e Berlino presentano delle differenze rispetto a grandi città quali Napoli, Marsiglia, o Mosca. E – a dispetto della geografia – questo secondo modello di città ha qualcosa di “meridionale”, di “arcaico”, di “mediterraneo”: un sotterraneo e ancestrale legame con il mito. Il moderno che si può esperire nella metropoli trova in Napoli e nel modello “mediterraneo” una realtà più variegata, una sorta di “spazio intermedio” che costituisce la soglia tra passato e futuro. Ma questo spazio intermedio si costituisce come zona limitrofa in cui coesistono realtà contrastanti e contraddittorie, in cui si esplica quella “porosità” come capacità di assorbire tradizioni e fenomeni diversi. Lo spazio intermedio è anche il luogo in cui riemergono figure antropologiche sepolte nel tempo sotto forma di archetipi dal forte valore allegorico. E questi archetipi si manifestano nelle messe in scena, nei riti, nelle feste popolari e fanno affiorare, in maniera inquietante e contraddittoria, le radici antiche delle forme del moderno. Lo spazio intermedio è il luogo di rappresentazione allegorica (a volte addirittura dionisiaca) della mancanza di progresso, del ritorno del sempre uguale. Benjamin si confronta con la “mitologia del moderno”, con una concezione, cioè, molto diffusa nella cultura dei primi decenni del secolo, portata avanti, soprattutto, da intellettuali “eccentrici”, fuori dagli schemi convenzionali, che si servivano del pensiero psico-antropologico e che non erano propriamente progressisti. L’ambiguità, più volte evocata, della posizione di Benjamin, sta tutta nel suo interesse per questo tipo di metodologie, che cerca in parte di utilizzare, e la ferma volontà di combattere concettualmente contro un’interpretazione “mitologica” del moderno. Paradossalmente, proprio quando “scende” nei “sotterranei”, nei luoghi del mitico, del magico, del “sacro” egli compie un’azione “politica”: le scorrerie in questi territori assumono per lui il valore di una battaglia politico-culturale contro coloro che volevano interpretare come “ineluttabili” e in un certo qual modo “inspiegabili” i fenomeni della modernità. Ma questa tendenza è tornata in auge alla fine del secolo (e del millennio), riprendendo sia l’aspetto dell’ “ineluttabilità” della tecnica e del capitalismo, sia la rappresentazione del mondo in termini “mitico-magici”, sganciati da un ragionamento razionale, e soprattutto sganciati da qualsiasi discorso politico. Benjamin ha tentato di definire molto nettamente la soglia tra il pensiero “critico” e quello “mitico”. Se il campo di analisi in cui ha cercato di determinare tale differenza è stato il surrealismo francese e il suo saggio su Aragon, in cui la soglia era quella tra il sonno e il risveglio, dal punto di vista metodologico la sua sotterranea polemica è rivolta soprattutto contro il romanticismo. Benjamin, che pure ha ripreso molto della teoria romantica del linguaggio e dell’arte, si contrappone decisamente all’interpretazione universalistica del mito.

Napoli come topografia degli spazi intermedi. Walter Benjamin e la soglia tra vecchio e nuovo / Ponzi, Mauro. - STAMPA. - (2012), pp. 131-149.

Napoli come topografia degli spazi intermedi. Walter Benjamin e la soglia tra vecchio e nuovo

PONZI, Mauro
2012

Abstract

The urban space is the privileged place to get to know the modern age with its euphoric constuctivism also with its destructive character. It is known that the city model used by Walter Benjamin is Paris; less known is the fact that at the base of his studies of the metropolis as “space” of the modernity has been another model of great city, in which the threshold between the Old and the New draw more complex implications. Benjamin perceives the topographical disposition of the modernity’s spaces: metropolis as Paris and Berlin have different characteristics compared to great cities as Naples, Marseille or Moscow. Naples is a “threshold”, a “space in between”, it is “archaic” and post-modern at the same time; the threshold between old and new takes the form of an access to the underworld (Pozzuoli) and mythical-magical world, an intermediate space where modernity, technology and the archetypal world might be confused. We can find in the modern metropolis not only the traces of the ancient city, its ruins, not only in the psyche of modern man are layered traces of archetypes, dreams and traumas of ancient and even primitive man, but Benjamin also refers to what happens in the "underground" of Paris, in sewers, subways, basements, in the underground topography of the metropolis. This Mediterranean, ancient, primitive threshold leads directly to the origin of Western civilization in Crete, to the primordial rites, to the myth of the labyrinth. Paradoxically, just as Benjamin descends “down”, in the “underground”, in the places of the Mythical, the Magical, the “Sacred”, he takes a “political” action: his raids in these areas take for him the value of a political-cultural battle against those who wanted to interpret as “inevitable” and in a certain way “unexplained” the phenomena of modernity.
2012
Soglie. Per una nuova teoria dello spazio
978-88-5750-969-3
Lo spazio urbano è il luogo privilegiato per esperire il moderno con i suoi furori costruttivisti, ma anche con il suo carattere distruttivo. Come scrive Walter Benjamin nel Passagen-Werk, l’esperienza della metropoli è l’esperienza del nuovo, e precisamente l’esperienza di ciò che è stato costruito al posto di quanto è stato distrutto per “fare spazio” all’ «ancora più nuovo». È noto che il modello a cui Benjamin fa riferimento è la Parigi del Secondo impero che egli definisce «la capitale del XIX secolo». Meno noto è invece il fatto che alla base dei suoi studi sulla metropoli come “spazio” del moderno ci sia stato un altro modello di grande città, in cui la soglia tra il vecchio e il nuovo si fa carico di implicazioni più complesse. Benjamin sembra essersi accorto di una disposizione topografica degli spazi del moderno: metropoli quali Parigi e Berlino presentano delle differenze rispetto a grandi città quali Napoli, Marsiglia, o Mosca. E – a dispetto della geografia – questo secondo modello di città ha qualcosa di “meridionale”, di “arcaico”, di “mediterraneo”: un sotterraneo e ancestrale legame con il mito. Il moderno che si può esperire nella metropoli trova in Napoli e nel modello “mediterraneo” una realtà più variegata, una sorta di “spazio intermedio” che costituisce la soglia tra passato e futuro. Ma questo spazio intermedio si costituisce come zona limitrofa in cui coesistono realtà contrastanti e contraddittorie, in cui si esplica quella “porosità” come capacità di assorbire tradizioni e fenomeni diversi. Lo spazio intermedio è anche il luogo in cui riemergono figure antropologiche sepolte nel tempo sotto forma di archetipi dal forte valore allegorico. E questi archetipi si manifestano nelle messe in scena, nei riti, nelle feste popolari e fanno affiorare, in maniera inquietante e contraddittoria, le radici antiche delle forme del moderno. Lo spazio intermedio è il luogo di rappresentazione allegorica (a volte addirittura dionisiaca) della mancanza di progresso, del ritorno del sempre uguale. Benjamin si confronta con la “mitologia del moderno”, con una concezione, cioè, molto diffusa nella cultura dei primi decenni del secolo, portata avanti, soprattutto, da intellettuali “eccentrici”, fuori dagli schemi convenzionali, che si servivano del pensiero psico-antropologico e che non erano propriamente progressisti. L’ambiguità, più volte evocata, della posizione di Benjamin, sta tutta nel suo interesse per questo tipo di metodologie, che cerca in parte di utilizzare, e la ferma volontà di combattere concettualmente contro un’interpretazione “mitologica” del moderno. Paradossalmente, proprio quando “scende” nei “sotterranei”, nei luoghi del mitico, del magico, del “sacro” egli compie un’azione “politica”: le scorrerie in questi territori assumono per lui il valore di una battaglia politico-culturale contro coloro che volevano interpretare come “ineluttabili” e in un certo qual modo “inspiegabili” i fenomeni della modernità. Ma questa tendenza è tornata in auge alla fine del secolo (e del millennio), riprendendo sia l’aspetto dell’ “ineluttabilità” della tecnica e del capitalismo, sia la rappresentazione del mondo in termini “mitico-magici”, sganciati da un ragionamento razionale, e soprattutto sganciati da qualsiasi discorso politico. Benjamin ha tentato di definire molto nettamente la soglia tra il pensiero “critico” e quello “mitico”. Se il campo di analisi in cui ha cercato di determinare tale differenza è stato il surrealismo francese e il suo saggio su Aragon, in cui la soglia era quella tra il sonno e il risveglio, dal punto di vista metodologico la sua sotterranea polemica è rivolta soprattutto contro il romanticismo. Benjamin, che pure ha ripreso molto della teoria romantica del linguaggio e dell’arte, si contrappone decisamente all’interpretazione universalistica del mito.
soglie; metropoli; spazi di esperienza del moderno
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Napoli come topografia degli spazi intermedi. Walter Benjamin e la soglia tra vecchio e nuovo / Ponzi, Mauro. - STAMPA. - (2012), pp. 131-149.
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