La storia dell’edificio di Tiergartenstrasse n. 22 a Berlino inquadra lo stato di fatto al momento dell’avvio dei lavori di restauro del 2000-2006 e fa da cornice alle scelte di progetto che manifestano un atteggiamento maturo nei confronti della storia, che ha saputo arricchirsi del passato senza vincolarsi al mantenimento dello status quo ante. Lo strumento progettuale è stato sfruttato con sapienza per soddisfare le esigenze di oggi nel rispetto dell’organismo originario, senza tuttavia fingere che tutto ciò che sta nel mezzo non sia accaduto o non abbia lasciato tracce, nelle pietre come negli uomini. Nel 1937 fu concepito il nuovo piano per Berlino “capitale universale Germania”, secondo i programmi imperialisti della Germania nazista. Lo spostamento delle rappresentanze diplomatiche fu l’occasione per una importante operazione di politica estera, nella quale l’Italia, come alleato privilegiato, fu posta in posizione di primo piano: l’Ambasciata italiana sarebbe stata la più bella e sontuosa di Berlino. Il progetto per l’Ambasciata d’Italia fu affidato al giovane architetto Friedrich Hetzelt, già noto e gradito al governo fascista. Per il disegno delle facciate si accettò il contributo di eminenti architetti italiani, ma Albert Speer soprassedette personalmente alle fasi di progetto, fornendo anche a costruzione avviata precise indicazioni anche su aspetti di dettaglio. Il progetto, che doveva avere una immagine spiccatamente italiana, fu ispirato al palazzo della consulta di Roma, disegnato nel 1732 dall’architetto Ferdinando Fuga, che il Führer stesso aveva visitato e apprezzato. Il cantiere di costruzione fu avviato all’inizio del 1939, e nel mese di settembre le principali strutture murarie erano già in fase di ultimazione. All’entrata dell’Italia in guerra a fianco della Germania, i lavori furono ulteriormente accelerati, soprattutto nell’ala della Cancelleria, che fu inaugurata il 17 maggio 1941. Non senza difficoltà, i lavori dovevano essere grossomodo ultimati nel 1943. Le sale di rappresentanza non furono mai utilizzate, così come l’appartamento dell’Ambasciatore. L’edificio di Tiergartenstrasse fu sede dell’Ambasciata d’Italia fino al 1950. Con la divisione in due stati della Germania e il trasferimento della Capitale provvisoria a Bonn, nell’immobile fu collocata la sede del Consolato Generale d’Italia, che continuò ad occuparne i locali adibiti a uffici, con funzioni e competenze progressivamente calanti. Il resto dell’edificio, di fatto mai utilizzato, andò progressivamente in rovina. Riunificata la Germania e trasferita la capitale a Berlino, il Ministero degli Affari Esteri bandisce un concorso di progettazione per il recupero dell’immobile da destinare a sede dell’Ambasciata d’Italia. Il progetto selezionato, ritenuto dalla commissione di aggiudicazione “il più rispettoso del passato e della valenza storica dell’edificio”, è dell’Architetto Vittorio De Feo. Le fondamentali scelte di progetto sono tutt’altro che rivolte al recupero del palazzo tal quale era al termine della costruzione: il progetto prevede la costruzione di uno scalone previsto nel progetto originario ma mai realizzato, e di mantenere visibili sulle facciate i segni dei bombardamenti. Tale intervento si pone come un segno di grandissima sensibilità e maturità, che ha fatto dell’Ambasciata d’Italia a Berlino una delle mete turistiche della città, unico superstite della dannatio memoriae che ha raso al suolo la città di Berlino più delle bombe e dell’usura del tempo.

La storia di un edificio e la trasformazione nel tempo dei suoi significati / Ivaldi, Paolo. - STAMPA. - (2003), pp. 5-13.

La storia di un edificio e la trasformazione nel tempo dei suoi significati

IVALDI, PAOLO
2003

Abstract

La storia dell’edificio di Tiergartenstrasse n. 22 a Berlino inquadra lo stato di fatto al momento dell’avvio dei lavori di restauro del 2000-2006 e fa da cornice alle scelte di progetto che manifestano un atteggiamento maturo nei confronti della storia, che ha saputo arricchirsi del passato senza vincolarsi al mantenimento dello status quo ante. Lo strumento progettuale è stato sfruttato con sapienza per soddisfare le esigenze di oggi nel rispetto dell’organismo originario, senza tuttavia fingere che tutto ciò che sta nel mezzo non sia accaduto o non abbia lasciato tracce, nelle pietre come negli uomini. Nel 1937 fu concepito il nuovo piano per Berlino “capitale universale Germania”, secondo i programmi imperialisti della Germania nazista. Lo spostamento delle rappresentanze diplomatiche fu l’occasione per una importante operazione di politica estera, nella quale l’Italia, come alleato privilegiato, fu posta in posizione di primo piano: l’Ambasciata italiana sarebbe stata la più bella e sontuosa di Berlino. Il progetto per l’Ambasciata d’Italia fu affidato al giovane architetto Friedrich Hetzelt, già noto e gradito al governo fascista. Per il disegno delle facciate si accettò il contributo di eminenti architetti italiani, ma Albert Speer soprassedette personalmente alle fasi di progetto, fornendo anche a costruzione avviata precise indicazioni anche su aspetti di dettaglio. Il progetto, che doveva avere una immagine spiccatamente italiana, fu ispirato al palazzo della consulta di Roma, disegnato nel 1732 dall’architetto Ferdinando Fuga, che il Führer stesso aveva visitato e apprezzato. Il cantiere di costruzione fu avviato all’inizio del 1939, e nel mese di settembre le principali strutture murarie erano già in fase di ultimazione. All’entrata dell’Italia in guerra a fianco della Germania, i lavori furono ulteriormente accelerati, soprattutto nell’ala della Cancelleria, che fu inaugurata il 17 maggio 1941. Non senza difficoltà, i lavori dovevano essere grossomodo ultimati nel 1943. Le sale di rappresentanza non furono mai utilizzate, così come l’appartamento dell’Ambasciatore. L’edificio di Tiergartenstrasse fu sede dell’Ambasciata d’Italia fino al 1950. Con la divisione in due stati della Germania e il trasferimento della Capitale provvisoria a Bonn, nell’immobile fu collocata la sede del Consolato Generale d’Italia, che continuò ad occuparne i locali adibiti a uffici, con funzioni e competenze progressivamente calanti. Il resto dell’edificio, di fatto mai utilizzato, andò progressivamente in rovina. Riunificata la Germania e trasferita la capitale a Berlino, il Ministero degli Affari Esteri bandisce un concorso di progettazione per il recupero dell’immobile da destinare a sede dell’Ambasciata d’Italia. Il progetto selezionato, ritenuto dalla commissione di aggiudicazione “il più rispettoso del passato e della valenza storica dell’edificio”, è dell’Architetto Vittorio De Feo. Le fondamentali scelte di progetto sono tutt’altro che rivolte al recupero del palazzo tal quale era al termine della costruzione: il progetto prevede la costruzione di uno scalone previsto nel progetto originario ma mai realizzato, e di mantenere visibili sulle facciate i segni dei bombardamenti. Tale intervento si pone come un segno di grandissima sensibilità e maturità, che ha fatto dell’Ambasciata d’Italia a Berlino una delle mete turistiche della città, unico superstite della dannatio memoriae che ha raso al suolo la città di Berlino più delle bombe e dell’usura del tempo.
2003
Il restauro dell’Ambasciata d’Italia a Berlino
restauro; Ambasciata; Berlino
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
La storia di un edificio e la trasformazione nel tempo dei suoi significati / Ivaldi, Paolo. - STAMPA. - (2003), pp. 5-13.
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