La storia sulla nascita della mafia, le sue evoluzioni nel tempo, gli effetti sull’economia nazionale ed internazionale, le dinamiche di collusione da un lato e le strategie di repressione dall’altro operate dallo Stato, sono tutti argomenti dibattuti da lungo tempo, e sui quali è difficile aggiungere altro. D’altro canto la complessità insita nel sistema mafioso, rende non esaustive le spiegazioni rivolte settorialmente alle sole componenti economiche, o strutturali, o organizzative. È dunque necessaria l’adozione di altre prospettive, e tale intento nella relazione congressuale che si presenta, cercherà di essere perseguito attraverso la spiegazione delle dinamiche “mentali” dell’organizzazione mafiosa, in riferimento al gruppo mafioso per eccellenza, ovvero “Cosa Nostra”. Vi è infatti nella fenomenologia mafiosa, qualcosa di più del considerarla come “mera” organizzazione criminale dedita al controllo economico, politico ed urbanistico-territoriale. Essa è anche un modo particolare di vedere il mondo, di pensarlo e di agirvi, tanto tipicamente inserito nel bacino antropo-culturale dei siciliani, da far risultare indistinguibile l’una dall’altra appartenenza (quella dell’essere siciliani, e quella dell’essere mafiosi). In tal senso, lo scopo della trattazione clinico-sociale che segue sarà dunque quello di comprendere “come pensa la mafia”, ovvero come riflette su stessa e come si proietta agli altri ed al futuro. Il modello interpretativo proposto permetterà di comprendere due differenti punti nodali, strettamente interconnessi tra loro: da un lato, quali processi si innescano nelle dinamiche gruppali di stampo mafioso, tanto da operare una vera e propria manipolazione mentale a livello del singolo individuo (che a dispetto di una volontà individuale, ne sceglie una di tipo gruppale), e dall’altro trovare una spiegazione ad una delle affermazioni più tipicamente rivolte a questo fenomeno, che definisce la Mafia come “cultura parassitaria radicata nella cultura siciliana”. Verrà fatto riferimento agli studi gruppoanalitici, che intendono il sistema mafioso fondato sulle componenti antropologiche della cultura di appartenenza del soggetto, e quindi sull’interiorizzazione di relazioni transpersonali (= che attraversano l’individuo) mediate dal contesto familiare e sociale in cui il soggetto vive e cresce. Il processo di “sensemaking” infine sarà utile per descrivere in che modo il gruppo mafioso diventa un sistema di significazione socialmente riconosciuto, che struttura le rappresentazioni sociali dei suoi affiliati all’interno della specifica comunità socioculturale nella quale esso si inserisce. Quanto detto, allo scopo di comprendere come il “pensiero mafioso” costituisca il substrato comune dell’intero agire dell’organizzazione criminale, sia esso nel campo del narcotraffico, degli appalti pubblici o del traffico illecito di beni culturali.

La cultura della mafia: dal "pensiero mafioso" alla criminalità organizzata / Pomilla, Antonella. - (2010). (Intervento presentato al convegno Le Archeomafie: reati contro il patrimonio artistico e traffico illecito di beni culturali" tenutosi a Rocca dei Papi, Città di Montefiascono (VT) nel 17 aprile 2010).

La cultura della mafia: dal "pensiero mafioso" alla criminalità organizzata

POMILLA, ANTONELLA
2010

Abstract

La storia sulla nascita della mafia, le sue evoluzioni nel tempo, gli effetti sull’economia nazionale ed internazionale, le dinamiche di collusione da un lato e le strategie di repressione dall’altro operate dallo Stato, sono tutti argomenti dibattuti da lungo tempo, e sui quali è difficile aggiungere altro. D’altro canto la complessità insita nel sistema mafioso, rende non esaustive le spiegazioni rivolte settorialmente alle sole componenti economiche, o strutturali, o organizzative. È dunque necessaria l’adozione di altre prospettive, e tale intento nella relazione congressuale che si presenta, cercherà di essere perseguito attraverso la spiegazione delle dinamiche “mentali” dell’organizzazione mafiosa, in riferimento al gruppo mafioso per eccellenza, ovvero “Cosa Nostra”. Vi è infatti nella fenomenologia mafiosa, qualcosa di più del considerarla come “mera” organizzazione criminale dedita al controllo economico, politico ed urbanistico-territoriale. Essa è anche un modo particolare di vedere il mondo, di pensarlo e di agirvi, tanto tipicamente inserito nel bacino antropo-culturale dei siciliani, da far risultare indistinguibile l’una dall’altra appartenenza (quella dell’essere siciliani, e quella dell’essere mafiosi). In tal senso, lo scopo della trattazione clinico-sociale che segue sarà dunque quello di comprendere “come pensa la mafia”, ovvero come riflette su stessa e come si proietta agli altri ed al futuro. Il modello interpretativo proposto permetterà di comprendere due differenti punti nodali, strettamente interconnessi tra loro: da un lato, quali processi si innescano nelle dinamiche gruppali di stampo mafioso, tanto da operare una vera e propria manipolazione mentale a livello del singolo individuo (che a dispetto di una volontà individuale, ne sceglie una di tipo gruppale), e dall’altro trovare una spiegazione ad una delle affermazioni più tipicamente rivolte a questo fenomeno, che definisce la Mafia come “cultura parassitaria radicata nella cultura siciliana”. Verrà fatto riferimento agli studi gruppoanalitici, che intendono il sistema mafioso fondato sulle componenti antropologiche della cultura di appartenenza del soggetto, e quindi sull’interiorizzazione di relazioni transpersonali (= che attraversano l’individuo) mediate dal contesto familiare e sociale in cui il soggetto vive e cresce. Il processo di “sensemaking” infine sarà utile per descrivere in che modo il gruppo mafioso diventa un sistema di significazione socialmente riconosciuto, che struttura le rappresentazioni sociali dei suoi affiliati all’interno della specifica comunità socioculturale nella quale esso si inserisce. Quanto detto, allo scopo di comprendere come il “pensiero mafioso” costituisca il substrato comune dell’intero agire dell’organizzazione criminale, sia esso nel campo del narcotraffico, degli appalti pubblici o del traffico illecito di beni culturali.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/414561
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