Among the world done for us and made us the world: a reflection on the sense of community, the mainstream media and grassrootsLe recent emergencies Neapolitan garbage and illegal immigrants can be read as symbols of a disturbing crisis of traditional models of communication, space public and, more generally, in relation to the views of the company's global society presente.Se properly means the production of inclusion through the recognition of the fact that today is the garbage that we treat illegal immigrants as problems both in the category of annoverabili "waste" and '"im-world", ie what is to be disposed of or be expelled from the world, reveals that something is hopelessly stuck and no longer works as it should in the mechanisms that govern the formation of social ties. The garbage that invades Naples and illegal immigration that is concentrated in the north of Italy are signs of a transformation that is sweeping our world and threatening the certainties of our daily lives. Apparently seem different issues and immeasurable, but in reality it could be two faces of the same phenomenon "immune" (Esposito), two aspects of the same social and cultural crisis that is sweeping the common feeling. A crisis that strikes at the heart of our ability to inhabit worlds municipalities and putting in the dock first and foremost our system talk-azione.Fenomeni as the "end of the social" (Touraine) and the advent of the so-called second modernity (Beck - Giddens - Lash) are destined to radically change the way it plays for individuals and recognize the fact of belonging to a community. The common good is no longer identified with the general interest of society, but with everything that gives way for individuals to develop their creativity and freedom, regardless of the obligations and affiliations influenced by their social position. As explained Marco Revelli, when the issue of a community is not so much that the allocation of scarce resources, it becomes one of an increasing risk sharing, radically changes the structure and quality of the community, since it passes "from ' commonality induced shortage 'to the' commonality induced by fear 'and therefore the primacy of the issue of equality to that of security. " We know that communication is a safe haven, the more required in times of crisis and social uncertainty (Morcellini). Our analysis aims to compare the role that mainstream media and grassroots media play in the construction of various types of public sphere and a sense of commonality, which describe, respectively, in terms of the world done for us and made us the world. In the world done for us the public is a discursive formation produced by the media industries through the principles of semiotics simulacra. In the world made us the public, however, is a real entity that impregnates the content of communication that uses legitimizing the relevance of a semiotics of the impression (Fontanille). Our goal is to examine whether and in what sense the new platforms and participatory practices of the world made us able to determine the conditions for the formation of a new sense of common, combining the expression of the personal subject with the passing of each result individualistic and immunity. Reflect, therefore, the scenario of a society in which every individual draws on his source of information, in which the confrontation takes place within a network of relatively common needs and goals, even if virtual, where the paths of knowledge following ways guided exclusively disorganized by the richness of the network, where everyone would end up having cognitive value systems and different from others. However, it is only right question: where are re-located the company and the public space? Who will have the role of ensuring the person the tools for social and cultural participation. What will be the big broadcast of shared knowledge? Who will ensure that the minimum necessary and (in) sufficient cultural capital shared by the memb

Tra il mondo fatto per noi ed il mondo fatto di noi: una riflessione su senso della comunanza, mainstream e media grassroots Le recenti emergenze della spazzatura napoletana e degli immigrati clandestini possono essere lette come simboli di una preoccupante crisi dei modelli tradizionali di comunicazione, dello spazio pubblico e, più in generale, della società in relazione ai panorami globali del presente. Se società significa propriamente produzione di inclusione attraverso il riconoscimento dell’altro, il fatto che oggi trattiamo sia l’immondizia che i clandestini come problemi entrambi annoverabili nella categoria dei “rifiuti” e dell’“im-mondo”, ovvero come ciò che è da smaltire o da espellere dal mondo, rivela che qualcosa si è irrimediabilmente bloccato e non funziona più come dovrebbe nei meccanismi che presiedono alla formazione del legame sociale. L’immondizia che invade Napoli e l’immigrazione clandestina che si concentra nel Nord Italia sono segnali di una trasformazione che sta investendo il nostro mondo e minacciando le certezze della nostra vita quotidiana. Apparentemente sembrano questioni diverse e incommensurabili, ma in realtà si potrebbe trattare di due facce di uno stesso fenomeno “immunitario” (Esposito), due aspetti della medesima crisi culturale e sociale che sta investendo il sentire comune. Una crisi che colpisce al cuore la nostra capacità di abitare mondi comuni e che mette sul banco degli imputati innanzitutto il nostro sistema di comunic-azione. Fenomeni come la “fine del sociale” (Touraine) e l’avvento della cosiddetta seconda modernità (Beck – Giddens – Lash) sono destinati a cambiare profondamente il senso che per i soggetti riveste il fatto di appartenere e riconoscersi in una collettività. Il bene comune non si identifica più con l’interesse generale della società, ma con tutto ciò che dà modo agli individui di sviluppare la propria libertà e creatività, a prescindere dagli obblighi e dalle affiliazioni condizionate dalla loro posizione sociale. Come ha spiegato Marco Revelli, quando il problema di una collettività non è più tanto quello della ripartizione di risorse scarse ma diventa quello della condivisione di un rischio crescente, muta radicalmente la struttura e la qualità della comunanza, dal momento che si passa “dalla ‘comunanza indotta dalla penuria’ alla ‘comunanza indotta dalla paura’ e dunque dal primato del tema dell’eguaglianza a quello della sicurezza”. Si sa che la comunicazione è un bene rifugio, tanto più richiesto nei momenti di crisi ed incertezza sociale (Morcellini). La nostra riflessione intende confrontare il ruolo che media mainstream e media grassroots svolgono nella costruzione di diverse tipologie di sfera pubblica e di senso della comunanza, che descriviamo rispettivamente in termini di mondo fatto per noi e di mondo fatto di noi. Nel mondo fatto per noi il pubblico è una formazione discorsiva prodotta dalle industrie mediali attraverso i principi di una semiotica del simulacro. Nel mondo fatto di noi il pubblico, invece, è un’entità reale che impregna di sé i contenuti comunicativi che usa, legittimando la pertinenza di una semiotica dell’impronta (Fontanille). Il nostro obiettivo è esaminare se e in che senso le nuove piattaforme e pratiche partecipative del mondo fatto di noi possano determinare le condizioni per la formazione di un nuovo senso del comune, capace di coniugare l’espressione del soggetto personale con il superamento di ogni deriva individualistica ed immunitaria. Riflettiamo, dunque, sullo scenario di una società in cui ogni individuo attinge ad una sua fonte di informazione, in cui il confronto avviene entro una rete di bisogni e obiettivi relativamente comuni, anche se virtuali, in cui i percorsi della conoscenza seguono vie guidate esclusivamente dalla ricchezza disorganizzata della Rete, in cui ognuno finirebbe per avere sistemi valoriali e conoscitivi diversi dagli altri. Tuttavia, è doveroso un interrogativo: dove si ri-trova la società e lo spazio pubblico? A chi spetterà il ruolo di garantire al soggetto gli strumenti per la partecipazione sociale e culturale. Quale sarà il grande broadcast della conoscenza condivisa? Chi garantirà quel minimo necessario e (in)sufficiente di capitale culturale condiviso dai membri delle comunità reali e virtuali?

Tra il “mondo fatto per noi” e il “mondo fatto di noi”: una riflessione su senso della comunanza, mainstream e media grassroots / D., Borrelli; Gavrila, Mihaela. - STAMPA. - (2008). (Intervento presentato al convegno al convegno dell’AIS, sezione Processi e istituzioni culturali “Oltre l’individualismo. Rileggere il legame sociale, tra nuove culture e nuovi media” tenutosi a Università di Milano Bicocca nel 16 ottobre 2008).

Tra il “mondo fatto per noi” e il “mondo fatto di noi”: una riflessione su senso della comunanza, mainstream e media grassroots

GAVRILA, Mihaela
2008

Abstract

Among the world done for us and made us the world: a reflection on the sense of community, the mainstream media and grassrootsLe recent emergencies Neapolitan garbage and illegal immigrants can be read as symbols of a disturbing crisis of traditional models of communication, space public and, more generally, in relation to the views of the company's global society presente.Se properly means the production of inclusion through the recognition of the fact that today is the garbage that we treat illegal immigrants as problems both in the category of annoverabili "waste" and '"im-world", ie what is to be disposed of or be expelled from the world, reveals that something is hopelessly stuck and no longer works as it should in the mechanisms that govern the formation of social ties. The garbage that invades Naples and illegal immigration that is concentrated in the north of Italy are signs of a transformation that is sweeping our world and threatening the certainties of our daily lives. Apparently seem different issues and immeasurable, but in reality it could be two faces of the same phenomenon "immune" (Esposito), two aspects of the same social and cultural crisis that is sweeping the common feeling. A crisis that strikes at the heart of our ability to inhabit worlds municipalities and putting in the dock first and foremost our system talk-azione.Fenomeni as the "end of the social" (Touraine) and the advent of the so-called second modernity (Beck - Giddens - Lash) are destined to radically change the way it plays for individuals and recognize the fact of belonging to a community. The common good is no longer identified with the general interest of society, but with everything that gives way for individuals to develop their creativity and freedom, regardless of the obligations and affiliations influenced by their social position. As explained Marco Revelli, when the issue of a community is not so much that the allocation of scarce resources, it becomes one of an increasing risk sharing, radically changes the structure and quality of the community, since it passes "from ' commonality induced shortage 'to the' commonality induced by fear 'and therefore the primacy of the issue of equality to that of security. " We know that communication is a safe haven, the more required in times of crisis and social uncertainty (Morcellini). Our analysis aims to compare the role that mainstream media and grassroots media play in the construction of various types of public sphere and a sense of commonality, which describe, respectively, in terms of the world done for us and made us the world. In the world done for us the public is a discursive formation produced by the media industries through the principles of semiotics simulacra. In the world made us the public, however, is a real entity that impregnates the content of communication that uses legitimizing the relevance of a semiotics of the impression (Fontanille). Our goal is to examine whether and in what sense the new platforms and participatory practices of the world made us able to determine the conditions for the formation of a new sense of common, combining the expression of the personal subject with the passing of each result individualistic and immunity. Reflect, therefore, the scenario of a society in which every individual draws on his source of information, in which the confrontation takes place within a network of relatively common needs and goals, even if virtual, where the paths of knowledge following ways guided exclusively disorganized by the richness of the network, where everyone would end up having cognitive value systems and different from others. However, it is only right question: where are re-located the company and the public space? Who will have the role of ensuring the person the tools for social and cultural participation. What will be the big broadcast of shared knowledge? Who will ensure that the minimum necessary and (in) sufficient cultural capital shared by the memb
2008
al convegno dell’AIS, sezione Processi e istituzioni culturali “Oltre l’individualismo. Rileggere il legame sociale, tra nuove culture e nuovi media”
Tra il mondo fatto per noi ed il mondo fatto di noi: una riflessione su senso della comunanza, mainstream e media grassroots Le recenti emergenze della spazzatura napoletana e degli immigrati clandestini possono essere lette come simboli di una preoccupante crisi dei modelli tradizionali di comunicazione, dello spazio pubblico e, più in generale, della società in relazione ai panorami globali del presente. Se società significa propriamente produzione di inclusione attraverso il riconoscimento dell’altro, il fatto che oggi trattiamo sia l’immondizia che i clandestini come problemi entrambi annoverabili nella categoria dei “rifiuti” e dell’“im-mondo”, ovvero come ciò che è da smaltire o da espellere dal mondo, rivela che qualcosa si è irrimediabilmente bloccato e non funziona più come dovrebbe nei meccanismi che presiedono alla formazione del legame sociale. L’immondizia che invade Napoli e l’immigrazione clandestina che si concentra nel Nord Italia sono segnali di una trasformazione che sta investendo il nostro mondo e minacciando le certezze della nostra vita quotidiana. Apparentemente sembrano questioni diverse e incommensurabili, ma in realtà si potrebbe trattare di due facce di uno stesso fenomeno “immunitario” (Esposito), due aspetti della medesima crisi culturale e sociale che sta investendo il sentire comune. Una crisi che colpisce al cuore la nostra capacità di abitare mondi comuni e che mette sul banco degli imputati innanzitutto il nostro sistema di comunic-azione. Fenomeni come la “fine del sociale” (Touraine) e l’avvento della cosiddetta seconda modernità (Beck – Giddens – Lash) sono destinati a cambiare profondamente il senso che per i soggetti riveste il fatto di appartenere e riconoscersi in una collettività. Il bene comune non si identifica più con l’interesse generale della società, ma con tutto ciò che dà modo agli individui di sviluppare la propria libertà e creatività, a prescindere dagli obblighi e dalle affiliazioni condizionate dalla loro posizione sociale. Come ha spiegato Marco Revelli, quando il problema di una collettività non è più tanto quello della ripartizione di risorse scarse ma diventa quello della condivisione di un rischio crescente, muta radicalmente la struttura e la qualità della comunanza, dal momento che si passa “dalla ‘comunanza indotta dalla penuria’ alla ‘comunanza indotta dalla paura’ e dunque dal primato del tema dell’eguaglianza a quello della sicurezza”. Si sa che la comunicazione è un bene rifugio, tanto più richiesto nei momenti di crisi ed incertezza sociale (Morcellini). La nostra riflessione intende confrontare il ruolo che media mainstream e media grassroots svolgono nella costruzione di diverse tipologie di sfera pubblica e di senso della comunanza, che descriviamo rispettivamente in termini di mondo fatto per noi e di mondo fatto di noi. Nel mondo fatto per noi il pubblico è una formazione discorsiva prodotta dalle industrie mediali attraverso i principi di una semiotica del simulacro. Nel mondo fatto di noi il pubblico, invece, è un’entità reale che impregna di sé i contenuti comunicativi che usa, legittimando la pertinenza di una semiotica dell’impronta (Fontanille). Il nostro obiettivo è esaminare se e in che senso le nuove piattaforme e pratiche partecipative del mondo fatto di noi possano determinare le condizioni per la formazione di un nuovo senso del comune, capace di coniugare l’espressione del soggetto personale con il superamento di ogni deriva individualistica ed immunitaria. Riflettiamo, dunque, sullo scenario di una società in cui ogni individuo attinge ad una sua fonte di informazione, in cui il confronto avviene entro una rete di bisogni e obiettivi relativamente comuni, anche se virtuali, in cui i percorsi della conoscenza seguono vie guidate esclusivamente dalla ricchezza disorganizzata della Rete, in cui ognuno finirebbe per avere sistemi valoriali e conoscitivi diversi dagli altri. Tuttavia, è doveroso un interrogativo: dove si ri-trova la società e lo spazio pubblico? A chi spetterà il ruolo di garantire al soggetto gli strumenti per la partecipazione sociale e culturale. Quale sarà il grande broadcast della conoscenza condivisa? Chi garantirà quel minimo necessario e (in)sufficiente di capitale culturale condiviso dai membri delle comunità reali e virtuali?
04 Pubblicazione in atti di convegno::04d Abstract in atti di convegno
Tra il “mondo fatto per noi” e il “mondo fatto di noi”: una riflessione su senso della comunanza, mainstream e media grassroots / D., Borrelli; Gavrila, Mihaela. - STAMPA. - (2008). (Intervento presentato al convegno al convegno dell’AIS, sezione Processi e istituzioni culturali “Oltre l’individualismo. Rileggere il legame sociale, tra nuove culture e nuovi media” tenutosi a Università di Milano Bicocca nel 16 ottobre 2008).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/413276
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