Nell'ultimo decennio si è rafforzato il rapporto – proprio del contesto aziendale – tra compliance, governo societario (corporate governance) e responsabilità sociale delle imprese (corporate social responsability). La compliance, esprimendo l'obiettivo minimo della conformità alle prescrizioni normative, riflette un principio elementare: nel perseguire i loro legittimi scopi utilitaristici, le imprese non devono sfruttare o incorrere in condotte vietate, violando il dovere generale di non procurare danni a singoli individui e alla collettività. Il “Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo” di cui al D.Lgs. 231/01 rappresenta, a tale scopo, la più significativa concretizzazione di questa filosofia giuridica nell'ordinamento interno. I criteri per la costruzione di un adeguato modello preventivo sono articolati su tre diversi livelli, dove la vincolatività del precetto è inversamente proporzionale al suo grado di determinatezza: (i) legge e fonti subordinate alla legge; (ii) Linee Guida” redatte dalle associazioni di categoria; (iii) migliori prassi e conoscenze empiriche (la cd. best practice). Nel primo ambito rientrano le esigenze e i parametri generali fissati dagli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 231/01 per l'efficace prevenzione di qualsiasi reato-presupposto: valutazione sistematica dei rischi da prevenire (mappatura delle aree in cui possono essere commessi reati), protocolli preventivi, corretta gestione delle risorse finanziarie, flussi informativi verso l'organismo deputato alla vigilanza sul Modello, sistema disciplinare, meccanismi volti a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. Le Linee Guida di categoria costituiscono una forma di autoregolamentazione privata rinforzata, in quanto pur non arrivando alla imperatività dell'hard law, non sono neppure prive di qualsiasi rilievo giuridico. Esse superano, così, la portata puramente “volontaristica” dei tradizionali codici di corporate governance (si pensi al Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana). D'altra parte, della scarsità di direttive fornite ai destinatari del decreto era consapevole lo stesso Legislatore, che ha avvertito la necessità di “coniare” questo inedito strumento giuridico. Infine, per agevolare l'adozione di misure di contenimento efficaci rispetto a specifici rischi, si potrebbe far rifermento alla cd. best practice a livello nazionale (ma anche internazionale, ove pertinente), la quale rimanda a regole prasseologiche, non scritte ma diffuse nella realtà socio-economica. Le più valide tecniche di prevenzione dei reati possono essere ricavate, ad esempio, attraverso un metodo induttivo, dal basso, selezionando le migliori prassi organizzativo-gestionali seguite dalle imprese nel conformarsi alle esigenze del D.Lgs. 231/01. L'esigenza di una profonda razionalizzazione del D.Lgs. 231/01, dopo il primo decennio di vigenza, è sentita come indifferibile tra i giuristi. L'obiettivo da perseguire è il consolidamento, anche attraverso efficaci strumenti di consultazione, coordinamento ed elaborazione, di principi e protocolli standard di prevenzione, diversificati per categorie di reato, settori di attività e livelli di complessità organizzativa, ma - ovviamente - sempre suscettibili di integrazioni di dettaglio e di adeguamento alle singole fattispecie aziendali.

Il giudizio di idoneità del Modello di Organizzazione ex d.lgs. 231/2001: incertezza dei parametri di riferimento e prospettive di soluzione / Mongillo, Vincenzo. - In: LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE SOCIETÀ E DEGLI ENTI. - ISSN 2239-2416. - STAMPA. - 3(2011), pp. 69-100.

Il giudizio di idoneità del Modello di Organizzazione ex d.lgs. 231/2001: incertezza dei parametri di riferimento e prospettive di soluzione

MONGILLO, Vincenzo
2011

Abstract

Nell'ultimo decennio si è rafforzato il rapporto – proprio del contesto aziendale – tra compliance, governo societario (corporate governance) e responsabilità sociale delle imprese (corporate social responsability). La compliance, esprimendo l'obiettivo minimo della conformità alle prescrizioni normative, riflette un principio elementare: nel perseguire i loro legittimi scopi utilitaristici, le imprese non devono sfruttare o incorrere in condotte vietate, violando il dovere generale di non procurare danni a singoli individui e alla collettività. Il “Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo” di cui al D.Lgs. 231/01 rappresenta, a tale scopo, la più significativa concretizzazione di questa filosofia giuridica nell'ordinamento interno. I criteri per la costruzione di un adeguato modello preventivo sono articolati su tre diversi livelli, dove la vincolatività del precetto è inversamente proporzionale al suo grado di determinatezza: (i) legge e fonti subordinate alla legge; (ii) Linee Guida” redatte dalle associazioni di categoria; (iii) migliori prassi e conoscenze empiriche (la cd. best practice). Nel primo ambito rientrano le esigenze e i parametri generali fissati dagli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 231/01 per l'efficace prevenzione di qualsiasi reato-presupposto: valutazione sistematica dei rischi da prevenire (mappatura delle aree in cui possono essere commessi reati), protocolli preventivi, corretta gestione delle risorse finanziarie, flussi informativi verso l'organismo deputato alla vigilanza sul Modello, sistema disciplinare, meccanismi volti a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. Le Linee Guida di categoria costituiscono una forma di autoregolamentazione privata rinforzata, in quanto pur non arrivando alla imperatività dell'hard law, non sono neppure prive di qualsiasi rilievo giuridico. Esse superano, così, la portata puramente “volontaristica” dei tradizionali codici di corporate governance (si pensi al Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana). D'altra parte, della scarsità di direttive fornite ai destinatari del decreto era consapevole lo stesso Legislatore, che ha avvertito la necessità di “coniare” questo inedito strumento giuridico. Infine, per agevolare l'adozione di misure di contenimento efficaci rispetto a specifici rischi, si potrebbe far rifermento alla cd. best practice a livello nazionale (ma anche internazionale, ove pertinente), la quale rimanda a regole prasseologiche, non scritte ma diffuse nella realtà socio-economica. Le più valide tecniche di prevenzione dei reati possono essere ricavate, ad esempio, attraverso un metodo induttivo, dal basso, selezionando le migliori prassi organizzativo-gestionali seguite dalle imprese nel conformarsi alle esigenze del D.Lgs. 231/01. L'esigenza di una profonda razionalizzazione del D.Lgs. 231/01, dopo il primo decennio di vigenza, è sentita come indifferibile tra i giuristi. L'obiettivo da perseguire è il consolidamento, anche attraverso efficaci strumenti di consultazione, coordinamento ed elaborazione, di principi e protocolli standard di prevenzione, diversificati per categorie di reato, settori di attività e livelli di complessità organizzativa, ma - ovviamente - sempre suscettibili di integrazioni di dettaglio e di adeguamento alle singole fattispecie aziendali.
2011
Modello di Organizzazione ex d.lgs. 231/2001; giudizio di idoneità; hardl law; soft law e best practice; linee guida associazioni di categoria
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Il giudizio di idoneità del Modello di Organizzazione ex d.lgs. 231/2001: incertezza dei parametri di riferimento e prospettive di soluzione / Mongillo, Vincenzo. - In: LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE SOCIETÀ E DEGLI ENTI. - ISSN 2239-2416. - STAMPA. - 3(2011), pp. 69-100.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/397679
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