Lo scritto, nell’offrire un commento all’art. 808 ter c.p.c. introdotto con il d.lgs. n. 40/2006 ed applicabile alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo il 2 marzo 2006, analizza dal punto di vista sistematico ed applicativo l’arbitrato irrituale, istituto metalegislativo sorto dalla prassi in funzione derogatoria rispetto all’arbitrato regolamentato dalla legge processuale e c.d. rituale e definitivamente attratto nel codice di rito. La pubblicazione muove dall’analisi delle sistemazioni teoriche elaborate in dottrina e giurisprudenza e dall’enucleazione dei tratti distintivi dell’arbitrato irrituale sia rispetto a quello rituale sia rispetto ad altri strumenti negoziali di composizione delle controversie ad esso ritenuti affini (perizia contrattuale, arbitraggio, transazione). Il contributo dà quindi conto dell'impostazione tradizionale, secondo la quale, mentre con la stipulazione di un patto compromissorio rituale le parti conferirebbero a terzi il potere di decidere una controversia, all'esito di giudizio secondo diritto o secondo equità, svolgentesi nelle forme fissate dal codice di rito ed avente epilogo in un dictum assimilabile a quello del giudice statale, con la convenzione per arbitrato irrituale esse attribuirebbero ai terzi il potere di addivenire, in loro vece, ad una composizione della controversia avente valore meramente negoziale, che le parti stesse si impegnano anticipatamente ad accettare come diretta espressione della loro volontà. Da ciò è derivata la opinabile polarizzazione dell'arbitrato in due species antitetiche, quanto a natura, funzione ed attività destinata a svolgersi nell'una piuttosto che nell'altra ipotesi, apparendo così l'istituto arbitrale scisso in due tipologie, secondo una bipartizione che oppone l'arbitrato rituale-processo-giudizio all'arbitrato irrituale-negozio e che per lungo tempo si è sovrapposta alla contrapposizione fra un arbitrato avente natura ed effetti giurisdizionali e un arbitrato avente natura ed effetti meramente contrattuali. Detta impostazione, da un lato, è stata posta in discussione, anche alla luce del nuovo art. 808 ter c.p.c., dalla dottrina maggioritaria, che ha sottolineato il fondamento unitario dell’arbitrato, anche nella sua species irrituale; dall’altro, ha trovato parziale superamento nella giurisprudenza di legittimità, a partire dal 2002, dal momento che la stessa Suprema Corte, pur mantenendosi l’antico bagaglio distintivo, ha tuttavia ridotto il discrimine della forma irrituale rispetto alla species rituale in ciò, che con la prima le parti escludono il deposito e la finalizzazione del lodo agli effetti esecutivi secondo la disciplina dell’art. 825 c.p.c. Il contributo passa poi a verificare la tenuta delle diverse ricostruzioni alla luce dell’art. 808 ter c.p.c. e, sulla base di una lettura testuale della disposizione, disposta tuttavia a non arrestarsi alla locuzione di «determinazione contrattuale», ma a considerare anche i riferimenti al giudizio e al processo in essa contenuti, prospetta la conclusione che l’art. 808 ter c.p.c. accredita la realtà dell'arbitrato irrituale come processo tendente alla decisione di una controversia all'esito di un giudizio secondo diritto o secondo equità e destinato a mettere capo ad un dictum che, per espressa scelta legislativa, differisce da quello rituale solo con riferimento al trattamento processuale del lodo. Il contributo analizza quindi dettagliatamente le conseguenze applicative che il dettato dell’art. 808 ter, comma primo, c.p.c. ricollega alla scelta in favore dell’arbitrato irrituale, dall’ambito di arbitrabilità, alla forma e disciplina della convenzione di arbitrato, alla nomina degli arbitri, al procedimento, alle impugnazioni. In particolare, dopo aver ripercorso le diverse letture dottrinali, propende per la conclusione che, nel silenzio delle parti ed in mancanza di un’espressa deroga pattizia, restano applicabili all’arbitrato irrituale le norme del titolo ottavo del libro quarto del codice di rito (artt. 806 ss. c.p.c.), ad eccezione di quelle espressamente escluse dal legislatore (artt. 824 bis e 825 c.p.c.) o incompatibili (artt. 827 ss. c.p.c.) con la disciplina dettata per l’arbitrato irrituale. Il contributo infine si occupa del trattamento processuale del lodo irrituale, quanto ad impugnazioni ed efficaciam nonché del coordinamento fra l'art. 808 ter c.p.c. e le previsioni normative di arbitrati c.d. speciali (es. in materia di lavoro e societaria).

Art. 808 ter / Bertoldi, Valentina. - STAMPA. - (2010), pp. 58-102.

Art. 808 ter

BERTOLDI, Valentina
2010

Abstract

Lo scritto, nell’offrire un commento all’art. 808 ter c.p.c. introdotto con il d.lgs. n. 40/2006 ed applicabile alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo il 2 marzo 2006, analizza dal punto di vista sistematico ed applicativo l’arbitrato irrituale, istituto metalegislativo sorto dalla prassi in funzione derogatoria rispetto all’arbitrato regolamentato dalla legge processuale e c.d. rituale e definitivamente attratto nel codice di rito. La pubblicazione muove dall’analisi delle sistemazioni teoriche elaborate in dottrina e giurisprudenza e dall’enucleazione dei tratti distintivi dell’arbitrato irrituale sia rispetto a quello rituale sia rispetto ad altri strumenti negoziali di composizione delle controversie ad esso ritenuti affini (perizia contrattuale, arbitraggio, transazione). Il contributo dà quindi conto dell'impostazione tradizionale, secondo la quale, mentre con la stipulazione di un patto compromissorio rituale le parti conferirebbero a terzi il potere di decidere una controversia, all'esito di giudizio secondo diritto o secondo equità, svolgentesi nelle forme fissate dal codice di rito ed avente epilogo in un dictum assimilabile a quello del giudice statale, con la convenzione per arbitrato irrituale esse attribuirebbero ai terzi il potere di addivenire, in loro vece, ad una composizione della controversia avente valore meramente negoziale, che le parti stesse si impegnano anticipatamente ad accettare come diretta espressione della loro volontà. Da ciò è derivata la opinabile polarizzazione dell'arbitrato in due species antitetiche, quanto a natura, funzione ed attività destinata a svolgersi nell'una piuttosto che nell'altra ipotesi, apparendo così l'istituto arbitrale scisso in due tipologie, secondo una bipartizione che oppone l'arbitrato rituale-processo-giudizio all'arbitrato irrituale-negozio e che per lungo tempo si è sovrapposta alla contrapposizione fra un arbitrato avente natura ed effetti giurisdizionali e un arbitrato avente natura ed effetti meramente contrattuali. Detta impostazione, da un lato, è stata posta in discussione, anche alla luce del nuovo art. 808 ter c.p.c., dalla dottrina maggioritaria, che ha sottolineato il fondamento unitario dell’arbitrato, anche nella sua species irrituale; dall’altro, ha trovato parziale superamento nella giurisprudenza di legittimità, a partire dal 2002, dal momento che la stessa Suprema Corte, pur mantenendosi l’antico bagaglio distintivo, ha tuttavia ridotto il discrimine della forma irrituale rispetto alla species rituale in ciò, che con la prima le parti escludono il deposito e la finalizzazione del lodo agli effetti esecutivi secondo la disciplina dell’art. 825 c.p.c. Il contributo passa poi a verificare la tenuta delle diverse ricostruzioni alla luce dell’art. 808 ter c.p.c. e, sulla base di una lettura testuale della disposizione, disposta tuttavia a non arrestarsi alla locuzione di «determinazione contrattuale», ma a considerare anche i riferimenti al giudizio e al processo in essa contenuti, prospetta la conclusione che l’art. 808 ter c.p.c. accredita la realtà dell'arbitrato irrituale come processo tendente alla decisione di una controversia all'esito di un giudizio secondo diritto o secondo equità e destinato a mettere capo ad un dictum che, per espressa scelta legislativa, differisce da quello rituale solo con riferimento al trattamento processuale del lodo. Il contributo analizza quindi dettagliatamente le conseguenze applicative che il dettato dell’art. 808 ter, comma primo, c.p.c. ricollega alla scelta in favore dell’arbitrato irrituale, dall’ambito di arbitrabilità, alla forma e disciplina della convenzione di arbitrato, alla nomina degli arbitri, al procedimento, alle impugnazioni. In particolare, dopo aver ripercorso le diverse letture dottrinali, propende per la conclusione che, nel silenzio delle parti ed in mancanza di un’espressa deroga pattizia, restano applicabili all’arbitrato irrituale le norme del titolo ottavo del libro quarto del codice di rito (artt. 806 ss. c.p.c.), ad eccezione di quelle espressamente escluse dal legislatore (artt. 824 bis e 825 c.p.c.) o incompatibili (artt. 827 ss. c.p.c.) con la disciplina dettata per l’arbitrato irrituale. Il contributo infine si occupa del trattamento processuale del lodo irrituale, quanto ad impugnazioni ed efficaciam nonché del coordinamento fra l'art. 808 ter c.p.c. e le previsioni normative di arbitrati c.d. speciali (es. in materia di lavoro e societaria).
2010
Commentario breve al diritto dell'arbitrato nazionale ed internazionale diretto da Benedettelli, Consolo, Radicati di Brozolo
9788813290238
02 Pubblicazione su volume::02b Commentario
Art. 808 ter / Bertoldi, Valentina. - STAMPA. - (2010), pp. 58-102.
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