Già nel suo “Trattato di Criminologia, Medicina Criminologica e Psichiatria Forense” (1988), F. Ferracuti sottolineava l’importanza di rivolgere alla questione della criminalità organizzata un’attenzione che non fosse esclusivamente penale o investigativa, bensì piuttosto psicodinamica e di tipo criminalistico, giustificando in tal senso la necessità di comprendere tale fenomeno come “un’ attività associativa gerarchicamente strutturata, finalizzata alla commissione di delitti, e fondata su di una motivazione criminogenetica individuale allargata ad un gruppo e da questo condivisa.” Così gli studi compiuti nei decenni successivi, da più fronti e da differenti Autori (tra giornalisti, uomini di giustizia e della classe politica, studiosi di scienze sociali e psicologi), hanno via via spostato il focus interpretativo dalla dimensione esclusivamente normativa (rivolta alla necessità di organizzare le fattispecie reato che si adeguassero alla criminalità operata) verso la possibilità di effettuare una differenziazione tra criminalità organizzata e mafia, attraverso l’analisi di specifiche componenti culturali che quest’ultima possiede. Il fulcro di questi studi è costituito dalle ricerche e dalle riflessioni che, a partire dagli anni ’80, sono state elaborate da un gruppo di studiosi e docenti dell’Ateneo palermitano per i quali l’organizzazione mafiosa è un “tema culturale derivante dall’interiorizzazione di relazioni transpersonali tipiche del contesto sociale e soprattutto familiare in cui i soggetti in età evolutiva si trovano inseriti” . L’interesse rivolto alla possibilità di comprendere la forma mentis degli uomini di Mafia, muove, dal presente periodo in poi, tutte le ricerche rivolte in campo preventivo, con la consapevolezza che, come già sosteneva Giovanni Falcone, se pur si possa giungere ad un momento in cui la Mafia veda la propria fine, questa scomparsa in realtà potrebbe non coincidere con la soluzione dei gravi problemi di illegalità diffusa nel territorio in cui opera, se prima non vi sia stata la possibilità di capire e risolvere le questioni, anche culturali, che ne costituiscono la matrice fondante.

Criminalità organizzata di stampo mafioso: reinserimento economico, prevenzione e trasformazione culturale / Pomilla, Antonella; Mastronardi, Vincenzo. - STAMPA. - (2007). (Intervento presentato al convegno XXI Congresso Nazionale della Società Italiana di Criminologia: "La prevenzione della criminalità e la politica criminale" tenutosi a Gargnano del Garda nel 18-20 OTTOBRE 2007).

Criminalità organizzata di stampo mafioso: reinserimento economico, prevenzione e trasformazione culturale

POMILLA, ANTONELLA;MASTRONARDI, Vincenzo
2007

Abstract

Già nel suo “Trattato di Criminologia, Medicina Criminologica e Psichiatria Forense” (1988), F. Ferracuti sottolineava l’importanza di rivolgere alla questione della criminalità organizzata un’attenzione che non fosse esclusivamente penale o investigativa, bensì piuttosto psicodinamica e di tipo criminalistico, giustificando in tal senso la necessità di comprendere tale fenomeno come “un’ attività associativa gerarchicamente strutturata, finalizzata alla commissione di delitti, e fondata su di una motivazione criminogenetica individuale allargata ad un gruppo e da questo condivisa.” Così gli studi compiuti nei decenni successivi, da più fronti e da differenti Autori (tra giornalisti, uomini di giustizia e della classe politica, studiosi di scienze sociali e psicologi), hanno via via spostato il focus interpretativo dalla dimensione esclusivamente normativa (rivolta alla necessità di organizzare le fattispecie reato che si adeguassero alla criminalità operata) verso la possibilità di effettuare una differenziazione tra criminalità organizzata e mafia, attraverso l’analisi di specifiche componenti culturali che quest’ultima possiede. Il fulcro di questi studi è costituito dalle ricerche e dalle riflessioni che, a partire dagli anni ’80, sono state elaborate da un gruppo di studiosi e docenti dell’Ateneo palermitano per i quali l’organizzazione mafiosa è un “tema culturale derivante dall’interiorizzazione di relazioni transpersonali tipiche del contesto sociale e soprattutto familiare in cui i soggetti in età evolutiva si trovano inseriti” . L’interesse rivolto alla possibilità di comprendere la forma mentis degli uomini di Mafia, muove, dal presente periodo in poi, tutte le ricerche rivolte in campo preventivo, con la consapevolezza che, come già sosteneva Giovanni Falcone, se pur si possa giungere ad un momento in cui la Mafia veda la propria fine, questa scomparsa in realtà potrebbe non coincidere con la soluzione dei gravi problemi di illegalità diffusa nel territorio in cui opera, se prima non vi sia stata la possibilità di capire e risolvere le questioni, anche culturali, che ne costituiscono la matrice fondante.
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