Il disegno, in quanto rappresentazione di una architettura reale o semplicemente ideata, è un artefatto dotato di una sua fisicità materiale che presuppone un suo specifico artefice: colui che disegna. Una qualsiasi elaborazione grafica dovrebbe presupporre l’esistenza di un originale da cui poter eventualmente ricavare delle copie. Questa distinzione, abbastanza chiara ed evidente fino a qualche decennio fa, è oggi, nell’era informatica, forse meno chiara ed un’attenta analisi del problema potrebbe indurci a valutare anche eventuali ripercussioni ontologiche sulla rappresentazione. Se si esclude il disegno a mano libera, nel senso letterario del termine, cioè un disegno fatto con le mani, qualsiasi altra forma di disegno prevede l’utilizzo di uno strumento, cioè di un artefatto. Se ci riferiamo agli strumenti classici del disegno, matita, pennello, china, pennarello si nota come in questo caso vi è un rapporto diretto, fisico, materiale, tra l’artefice, l’artefatto in quanto strumento e l’artefatto di quanto elaborato . Il prodotto di questa elaborazione è il documento originale; è la trasposizione diretta di una idea fissata su un supporto. Non ci sono intermediari. In alcuni casi l’artefatto si connota anche come fatto ad arte. I disegni originali di Michelangelo hanno valore in sé ben oltre la rappresentazione. Gli schizzi di Le Corbusier prescindono dal loro essere semplicemente elaborati ma acquistano valore nel momento in cui sono espressione di una idea originale. Ogni rappresentazione originale ha una sua specifica condizione ontologica: l’unicità. Quando pensiamo ad una fotografia (non digitale) abbiamo sempre ritenuto che l’originale fosse rappresentato dalla pellicola, non dalla stampa. Nei primi dagherrotipi l’originale era unico ed irriproducibile. Poi è arrivato il negativo da cui ricavare le copie necessarie. I bravi fotografi erano in grado di modificare i negativi, di agire direttamente sulla matrice generando altri e diversi originali. Cosa accade oggi nella rappresentazione informatica? Qual è il vero artefatto, quello che racchiude in sé l’emanazione diretta dell’artefice? La rappresentazione che scaturisce oggi dal nostro modo di disegnare con il computer (disegnare inteso qui nella sua accezione più ampia) è, prima di tutto, un file, cioè un insieme codificato di istruzioni da inviare ad una macchina che eseguirà gli ordini impartiti per la sua visualizzazione o stampa. Una linea non è più un segno su un supporto, o almeno non lo è nel momento in cui quella linea viene ideata; è di fatto un insieme di istruzioni matematiche: un punto di inizio ed un punto di fine per definire un segmento, un centro ed un raggio per una circonferenza o un arco, ecc. Si può parlare ontologicamente di file originario e di file copia? A ben vedere il file non è generato da noi ma dal computer che in questo caso assolve la funzione tipica di uno strumento; è uno strumento complesso che racchiude in sé più funzioni tra le quali quella di restituirci una prima versione grafica del disegno, quello sul video che ci consente di controllarne e/o modificarne la forma. La nostra azione produce, attraverso il computer un primo artefatto, l’immagine a video che esiste in quanto è lì davanti a noi ed è in grado comunque di rappresentare; ma al tempo stesso ne percepiamo la sua labilità, la sua evanescenza nel momento in cui quella stessa immagine scompare dal video. Ci da sicurezza il fatto non che ci sia l’immagine ma che ci sia il file e che ci sia comunque un programma in grado di leggerlo. Il contributo propone spunti di riflessione su aspetti che in qualche misura incidono quotidianamente sul nostro settore scientifico disciplinare anche da un punto di vista più propriamente didattico.

La rappresentazione originale / Paris, Leonardo. - STAMPA. - (2011), pp. 94-102. (Intervento presentato al convegno Idee per la rappresentazione 3 - Artefatti tenutosi a Perugia nel 20 nov 2009).

La rappresentazione originale

PARIS, Leonardo
2011

Abstract

Il disegno, in quanto rappresentazione di una architettura reale o semplicemente ideata, è un artefatto dotato di una sua fisicità materiale che presuppone un suo specifico artefice: colui che disegna. Una qualsiasi elaborazione grafica dovrebbe presupporre l’esistenza di un originale da cui poter eventualmente ricavare delle copie. Questa distinzione, abbastanza chiara ed evidente fino a qualche decennio fa, è oggi, nell’era informatica, forse meno chiara ed un’attenta analisi del problema potrebbe indurci a valutare anche eventuali ripercussioni ontologiche sulla rappresentazione. Se si esclude il disegno a mano libera, nel senso letterario del termine, cioè un disegno fatto con le mani, qualsiasi altra forma di disegno prevede l’utilizzo di uno strumento, cioè di un artefatto. Se ci riferiamo agli strumenti classici del disegno, matita, pennello, china, pennarello si nota come in questo caso vi è un rapporto diretto, fisico, materiale, tra l’artefice, l’artefatto in quanto strumento e l’artefatto di quanto elaborato . Il prodotto di questa elaborazione è il documento originale; è la trasposizione diretta di una idea fissata su un supporto. Non ci sono intermediari. In alcuni casi l’artefatto si connota anche come fatto ad arte. I disegni originali di Michelangelo hanno valore in sé ben oltre la rappresentazione. Gli schizzi di Le Corbusier prescindono dal loro essere semplicemente elaborati ma acquistano valore nel momento in cui sono espressione di una idea originale. Ogni rappresentazione originale ha una sua specifica condizione ontologica: l’unicità. Quando pensiamo ad una fotografia (non digitale) abbiamo sempre ritenuto che l’originale fosse rappresentato dalla pellicola, non dalla stampa. Nei primi dagherrotipi l’originale era unico ed irriproducibile. Poi è arrivato il negativo da cui ricavare le copie necessarie. I bravi fotografi erano in grado di modificare i negativi, di agire direttamente sulla matrice generando altri e diversi originali. Cosa accade oggi nella rappresentazione informatica? Qual è il vero artefatto, quello che racchiude in sé l’emanazione diretta dell’artefice? La rappresentazione che scaturisce oggi dal nostro modo di disegnare con il computer (disegnare inteso qui nella sua accezione più ampia) è, prima di tutto, un file, cioè un insieme codificato di istruzioni da inviare ad una macchina che eseguirà gli ordini impartiti per la sua visualizzazione o stampa. Una linea non è più un segno su un supporto, o almeno non lo è nel momento in cui quella linea viene ideata; è di fatto un insieme di istruzioni matematiche: un punto di inizio ed un punto di fine per definire un segmento, un centro ed un raggio per una circonferenza o un arco, ecc. Si può parlare ontologicamente di file originario e di file copia? A ben vedere il file non è generato da noi ma dal computer che in questo caso assolve la funzione tipica di uno strumento; è uno strumento complesso che racchiude in sé più funzioni tra le quali quella di restituirci una prima versione grafica del disegno, quello sul video che ci consente di controllarne e/o modificarne la forma. La nostra azione produce, attraverso il computer un primo artefatto, l’immagine a video che esiste in quanto è lì davanti a noi ed è in grado comunque di rappresentare; ma al tempo stesso ne percepiamo la sua labilità, la sua evanescenza nel momento in cui quella stessa immagine scompare dal video. Ci da sicurezza il fatto non che ci sia l’immagine ma che ci sia il file e che ci sia comunque un programma in grado di leggerlo. Il contributo propone spunti di riflessione su aspetti che in qualche misura incidono quotidianamente sul nostro settore scientifico disciplinare anche da un punto di vista più propriamente didattico.
2011
9788890458538
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/355985
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact