Barbari, Romani e Greci. Versatilità di un motivo polemico nelle Storie di Polibio

In questo saggio si esamina l'impiego del motivo della contrapposizione fra Greci e barbari nelle Storie di Polibio, in due sensi: da un lato, si cerca di rilevare le tracce dell'utilizzazione polemica della dicotomia fra Greci e barbari nell'età coperta dall'opera di Polibio, e dall'altro ci si sforza di indagare la posizione di Polibio intorno al problema della barbarie o meno dei Romani. Sul primo versante, si evidenzia la straordinaria versatilità degli antichi temi della contrapposizione fra Greci e barbari: dalla fine del III alla metà del II secolo a.C., in Grecia, essi poterono essere applicati tanto in funzione antiromana quanto in funzione antimacedone, e non mancano neppure prove di un loro impiego in funzione antietolica. Anche la grecità degli Etoli, infatti, nel calore della polemica, poté essere negata dai loro avversari politici, il re macedone Filippo V e gli Achei. Nei confronti dei Romani, l'accusa di barbarie si può rintracciare anche all'epoca della terza guerra di Macedonia e poi della guerra acaica, quando dovette animare la propaganda di Critolao e Dieo – dunque, ben più a lungo di quanto comunemente non si ritenga. Per quanto riguarda Polibio, nelle Storie affiora la conquista progressiva di un più maturo panellenismo ‘diplomatico’: l'autore esorta i Greci a non approfittare delle reciproche disgrazie, e a fare fronte comune nei confronti dell'imperium Romanum. Più in generale, mette la sua attività storiografica al servizio del programma politico volto a garantire ai popoli soggetti all'imperium Romanum il trattamento più mite e benevolo da parte della potenza egemone; in questo modo, le Storie divengono strumento con cui perseguire il programma politico realistico ma non entusiasmante del panellenismo diplomatico.