L’articolo si occupa delle conseguenze ed aporie in tema di trattamento processuale della questione di giurisdizione, giudicato implicito e translatio iudicii derivanti da recenti interventi delle Sezioni Unite della Corte di cassazione che, ritenendo di poter incidere – e di fatto incidendo – con una sostanziale riscrittura su una serie di disposizioni del codice di rito civile, oltre a ridefinire in via “interpretativa” il volto di istituti processuali, hanno determinato un’invasione dei campi e delle competenze riservate dall’ordinamento alla Corte costituzionale. Il primo riferimento è alla pronuncia delle Sezioni Unite 9 ottobre 2008, n. 24883 relativa al regime della questione di giurisdizione, pronuncia che ha rimosso la rilevabilità, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del difetto di giurisdizione (con caducazione in parte qua del chiaro dettato dell’art. 37 c.p.c.), in base all’argomento che in ogni decisione di merito sarebbe implicita una decisione affermativa della giurisdizione – anche se su di essa il giudice di primo grado non si sia espressamente pronunciato – con conseguente onere per il soccombente di impugnare anche tale parte “invisibile” di sentenza, pena il formarsi su di essa del giudicato implicito. In proposito, lo scritto evidenzia come l’invocazione del principio di ragionevole durata del processo (che peraltro per la Corte costituzionale non ha mai costituito da solo ragione sufficiente per declaratorie di incostituzionalità di norme processuali) non possa a maggior ragione giustificare interpretazioni che si credono costituzionalmente orientate, ma che si risolvono in surrettizie abrogazioni di disposizioni legislative. Il secondo riferimento è alla sentenza 22 febbraio 2007, n. 4109 che, pur concernendo un’ipotesi in cui le Sezioni Unite stavano cassando una declinatoria di giurisdizione del Consiglio di Stato (intervenuta dopo l’espressa affermazione della giurisdizione da parte del TAR) per dichiarare effettivamente sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo (e dunque un’ipotesi in cui la causa sarebbe tornata al giudice che erroneamente si era dichiarato privo di giurisdizione), ha impropriamente costituito occasione per la Suprema Corte di occuparsi del diverso fenomeno, all’epoca sfornito di disciplina positiva, della trasmigrazione della causa dal giudice privo di giurisdizione a quello munito di giurisdizione. Al riguardo, l’articolo evidenzia come, anche in questo caso, le Sezioni Unite abbiano ritenuto di poter ricavare in via interpretativa, forzando gli artt. 362, 367 e 382 c.p.c., un’intera disciplina per la translatio iudicii fra giurisdizioni, idonea asseritamente a coprire sia il profilo strettamente processuale della tecnica volta ad assicurare la continuazione della causa dall’uno all’altro tipo di giudice sia il profilo della conservazione degli effetti della domanda originaria. Si trattava, in realtà, di una materia che avrebbe dovuto costituire oggetto di un intervento legislativo, come indicato dalla Corte costituzionale con la pronuncia, di pochi giorni successiva a quella delle Sezioni Unite, n. 77/2007, che nell’espungere in quanto incostituzionale il principio – all’epoca presupposto nel sistema dei rapporti tra giudici ordinari e speciali – impeditivo della conservazione degli effetti della domanda originaria, aveva rimesso al legislatore di disciplinare la tecnica di riattivazione del processo innanzi al giudice munito di giurisdizione. Lo scritto sottolinea, quindi, che i due interventi della Suprema Corte e dei giudici della legittimità delle leggi non hanno rappresentato due differenti prese di posizione sul tema della translatio iudicii, tuttavia finalizzate al medesimo risultato, ma hanno agito con una diversa consapevolezza degli strumenti processuali e secondo un diverso modo di intendere i rapporti tra interpretazione giurisprudenziale, legislatore e Corte costituzionale.

Rilevabilità del difetto di giurisdizione e translatio iudicii / Vaccarella, Romano. - In: GIURISPRUDENZA ITALIANA. - ISSN 1125-3029. - STAMPA. - fascicolo 2(2009), pp. 412-416.

Rilevabilità del difetto di giurisdizione e translatio iudicii

VACCARELLA, ROMANO
2009

Abstract

L’articolo si occupa delle conseguenze ed aporie in tema di trattamento processuale della questione di giurisdizione, giudicato implicito e translatio iudicii derivanti da recenti interventi delle Sezioni Unite della Corte di cassazione che, ritenendo di poter incidere – e di fatto incidendo – con una sostanziale riscrittura su una serie di disposizioni del codice di rito civile, oltre a ridefinire in via “interpretativa” il volto di istituti processuali, hanno determinato un’invasione dei campi e delle competenze riservate dall’ordinamento alla Corte costituzionale. Il primo riferimento è alla pronuncia delle Sezioni Unite 9 ottobre 2008, n. 24883 relativa al regime della questione di giurisdizione, pronuncia che ha rimosso la rilevabilità, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del difetto di giurisdizione (con caducazione in parte qua del chiaro dettato dell’art. 37 c.p.c.), in base all’argomento che in ogni decisione di merito sarebbe implicita una decisione affermativa della giurisdizione – anche se su di essa il giudice di primo grado non si sia espressamente pronunciato – con conseguente onere per il soccombente di impugnare anche tale parte “invisibile” di sentenza, pena il formarsi su di essa del giudicato implicito. In proposito, lo scritto evidenzia come l’invocazione del principio di ragionevole durata del processo (che peraltro per la Corte costituzionale non ha mai costituito da solo ragione sufficiente per declaratorie di incostituzionalità di norme processuali) non possa a maggior ragione giustificare interpretazioni che si credono costituzionalmente orientate, ma che si risolvono in surrettizie abrogazioni di disposizioni legislative. Il secondo riferimento è alla sentenza 22 febbraio 2007, n. 4109 che, pur concernendo un’ipotesi in cui le Sezioni Unite stavano cassando una declinatoria di giurisdizione del Consiglio di Stato (intervenuta dopo l’espressa affermazione della giurisdizione da parte del TAR) per dichiarare effettivamente sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo (e dunque un’ipotesi in cui la causa sarebbe tornata al giudice che erroneamente si era dichiarato privo di giurisdizione), ha impropriamente costituito occasione per la Suprema Corte di occuparsi del diverso fenomeno, all’epoca sfornito di disciplina positiva, della trasmigrazione della causa dal giudice privo di giurisdizione a quello munito di giurisdizione. Al riguardo, l’articolo evidenzia come, anche in questo caso, le Sezioni Unite abbiano ritenuto di poter ricavare in via interpretativa, forzando gli artt. 362, 367 e 382 c.p.c., un’intera disciplina per la translatio iudicii fra giurisdizioni, idonea asseritamente a coprire sia il profilo strettamente processuale della tecnica volta ad assicurare la continuazione della causa dall’uno all’altro tipo di giudice sia il profilo della conservazione degli effetti della domanda originaria. Si trattava, in realtà, di una materia che avrebbe dovuto costituire oggetto di un intervento legislativo, come indicato dalla Corte costituzionale con la pronuncia, di pochi giorni successiva a quella delle Sezioni Unite, n. 77/2007, che nell’espungere in quanto incostituzionale il principio – all’epoca presupposto nel sistema dei rapporti tra giudici ordinari e speciali – impeditivo della conservazione degli effetti della domanda originaria, aveva rimesso al legislatore di disciplinare la tecnica di riattivazione del processo innanzi al giudice munito di giurisdizione. Lo scritto sottolinea, quindi, che i due interventi della Suprema Corte e dei giudici della legittimità delle leggi non hanno rappresentato due differenti prese di posizione sul tema della translatio iudicii, tuttavia finalizzate al medesimo risultato, ma hanno agito con una diversa consapevolezza degli strumenti processuali e secondo un diverso modo di intendere i rapporti tra interpretazione giurisprudenziale, legislatore e Corte costituzionale.
2009
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Rilevabilità del difetto di giurisdizione e translatio iudicii / Vaccarella, Romano. - In: GIURISPRUDENZA ITALIANA. - ISSN 1125-3029. - STAMPA. - fascicolo 2(2009), pp. 412-416.
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