A reflection on the boundaries and the possessions of the drawing area is, of necessity, a reflection on time spent and on what to come. It seems to me that twenty-six years ago, the time of our first meeting, the landscape was more static, such as a plain in which the rocks were of descriptive geometry, the drawing and the importance of the monuments and the air was motionless, to the point that someone he preached the contemplation resigned immobility. Then he lifted the wind that information technology has eroded the rocks of this landscape has changed the look and has some messed up hair. Although the boundaries are not so marked more, we can expect to see a foreign army to appear on the horizon, from one moment to the next. But more powerful effect, this furious wind carries it on our certainties, crushed and remixed into a chaos apparente.Basta think about what was the relief and what it has become with the analytical photogrammetry, first, and 3d laser scanning, then. And the design is not far from the truth, if we think of the graphic design and color, and contaminations photographs, animations that are possible in raster formats. Finally, what about the geometry? The joint exercise of the imagination of forms in space, which was the soul (in the etymological sense, gave her life), made that year with the lids tightened with the effort, today is achieved in images that shine with light and colors and we can all see with good eyes aperti.Riflettendo long on these changes appeared to me a new entity or a new rock formation overlooking the windy plains of the design: this is the rock Modello.A tell the truth , a thorough geological survey shows clearly that this intrusive mass has an ancient history, which reports to the plastic in the first half of the twentieth century (the most recent metamorphosis, before the present) and the Renaissance and further back still at a temple terracotta. But its appearance is completely new, like a granite just emerged from suolo.E What is the model? The Model, I write with a capital M, is the idea of ​​the shape that we want to represent, and is the set of several models (I write with lowercase m). The models are sketches, technical drawings, watercolors, geometric constructions, computer models, numerical or mathematical rendering or chiaroscuro, models and whatnot visible forms of representation can give birth to the mind of an architect or a designer.C 'is confusion in everything? Not at all, the models, in fact, can be transformed into one another, from one another can be deducted, always increasing the detail or the synthesis, and are therefore ordinati.L 'order of the models is a spiral, or better yet a vortex, which converges towards the idea progettuale.Poco matter if we are really representing new, ie the invention, or the old, ie the relief. The relief is the reconstruction of a progetto.A seems to me that this is the key to the right, to define anew the contents of my discipline: descriptive geometry. And that is what I will try to fare.Ma first I want to communicate a positive feeling, full of optimism, the feeling that arises from these riflessioni.Quand 'I was a boy there was for me the most beautiful gift of a box of colors I liked even their smell and filled me with the joy of soul and my mind was a kaleidoscope of immagini.La freedom that these computer resources allow us today, gives me the same feelings and so I believe it is for our students. The descriptive geometry has never been so honest and deep in its three-dimensional constructs and, at the same time, it has never been so close to art, at least, I think, over the last fifty years. Let us see how they can still be processed or be transformed teaching programs of the past, of course, tapping fast only a few example.c 'has always been a doubt in the incipit: orthogonal projection or perspective? Some preferred to be

Una riflessione sui confini e sui possedimenti dell’area del disegno è, di necessità, una riflessione sul tempo trascorso e su quello a venire. Mi sembra che ventisei anni fa, tempo del nostro primo convegno, il panorama fosse più statico, come una pianura nella quale stavano le rocce della geometria descrittiva, del disegno dal vero e del rilievo dei monumenti e l’aria era immota, al punto che qualcuno ne predicava la contemplazione rassegnata all’immobilità. Poi si è levato il vento dell’informatica che ha eroso le rocce di questo paesaggio, ne ha cambiato l’aspetto e ha scompigliato qualche capigliatura. Anche i confini non sono così più marcati, possiamo aspettarci di veder comparire un esercito straniero all’orizzonte, da un momento all’altro. Ma l’effetto più potente, questo vento furioso lo esplica sulle nostre certezze, frantumate e rimescolate in un caos apparente. Basta pensare a cos’era il rilievo e a cosa è diventato con la fotogrammetria analitica, prima, e la scansione laser 3d, poi. E il disegno dal vero non è da meno, se pensiamo alle elaborazioni grafiche e cromatiche, alle contaminazioni fotografiche, alle animazioni che sono possibili nei formati raster. Infine, che dire della geometria? L’esercizio comune dell’immaginazione delle forme nello spazio, che ne era l’anima (nel senso etimologico, le dava la vita), quell’esercizio compiuto con le palpebre serrate per lo sforzo, oggi si realizza in immagini che brillano di luce e di colori e tutti possiamo ammirare con gli occhi bene aperti. Riflettendo a lungo su queste trasformazioni mi è apparsa una nuova entità, o una roccia di nuova formazione che sovrasta la ventosa pianura del disegno: questa roccia è il Modello. A dire il vero, un accurato esame geologico mostra chiaro che questa massa intrusiva ha una storia antica, che riporta alla plastica della prima metà del novecento (la metamorfosi più recente, prima dello stato attuale) e al Rinascimento e più indietro ancora ad un tempietto di terracotta. Ma il suo aspetto è del tutto nuovo, come quello di un granito appena emerso dal suolo. E cos’è il Modello? Il Modello, che scrivo con la M maiuscola, è l’idea della forma che vogliamo rappresentare ed è l’insieme di molti modelli (che scrivo con la m minuscola). I modelli sono schizzi, disegni tecnici, acquarelli, costruzioni geometriche, modelli informatici, numerici o matematici, rendering o chiaroscuri, plastici e quant’altre visibili forme della rappresentazione può partorire la mente di un architetto o di un designer. C’è confusione in tutto ciò? Nient’affatto, i modelli, infatti, possono trasformarsi l’uno nell’altro, l’uno dall’altro possono essere dedotti, sempre aumentando il dettaglio o la sintesi, e sono perciò ordinati. L’ordine dei modelli è una spirale, o meglio ancora un vortice, che converge verso l’idea progettuale. Poco importa se stiamo realmente rappresentando il nuovo, cioè l’invenzione, oppure l’antico, cioè il rilievo. Anche il rilievo è la ricostruzione di un progetto. A me sembra che questa sia la chiave di lettura giusta, per delineare ex novo i contenuti della mia disciplina: la geometria descrittiva. Ed è quanto cercherò di fare. Ma prima desidero comunicare un sentimento positivo, traboccante di ottimismo, il sentimento che nasce da queste riflessioni. Quand’ero ragazzo non c’era per me regalo più bello di una scatola di colori: mi piaceva persino il loro odore e mi colmavano l’anima di gioia e la mia mente era un caleidoscopio di immagini. La libertà che questi mezzi informatici ci concedono oggi, suscita in me le medesime sensazioni e così credo che sia per i nostri studenti. La geometria descrittiva non è mai stata così onesta e profonda nei suoi costrutti tridimensionali e, al tempo stesso, non è mai stata così vicina all’arte, almeno, credo, negli ultimi cinquant’anni. Vediamo allora come si sono trasformati o possono ancora essere trasformati i programmi di insegnamento di un tempo, naturalmente toccando velocemente solo qualche esempio. C’è sempre stato un dubbio, nell’incipit: proiezioni ortogonali o prospettiva? Qualcuno preferiva cominciare con le prime, per una ragione di chiarezza espositiva, altri con la seconda, perché storicamente ‘precede’. Ma sarà poi vero? Oggi a me pare la scelta obbligata, perché la prospettiva è la sintesi di tutti i metodi e premia chi studia con l’emozionante esperienza di una passeggiata virtuale all’interno dello spazio ideato o riletto e interpretato, e per questi motivi è bene che sia il punto finale e più alto. Comincerei perciò dalle proiezioni ortogonali e da quelle associate, in particolare. Tutti sappiamo che due punti su una retta di richiamo ne identificano un terzo nello spazio. Ma quanta fatica si faceva per vedere e far vedere quel punto! Oggi basta un modello informatico tridimensionale e tutto diventa ineccepibilmente chiaro. Cos’è, dunque, questo modello? E’ la più vera e autentica épure dell’ottocento: un disegno che puoi osservare dall’alto, di fronte e che ti restituisce un’immagine tridimensionale, collocata nello spazio, sopra e davanti il foglio da disegno. La differenza tra ieri e oggi è solo negli occhi: non occorre più stringerli, si possono spalancare, invece, sullo schermo del computer. Ci sono poi gli strumenti tipici del modus operandi geometrico-descrittivo. Come quello che porta un piano in posizione generica in vera forma: ieri un ribaltamento, oggi una grande libertà di scelte, tra il portare il piano sul piano di proiezione (ribaltamento, appunto) o il piano di proiezione sul piano nello spazio, o ancora il piano di costruzione sul piano osservato in posizione generica. C’è ancora lo studio delle superfici, che un tempo si faceva lavorando sull’immagine mentale, e sappiamo con quanta fatica e, spesso, con quanta incertezza. Quelle medesime forme vivono oggi nel mondo virtuale e possono essere sezionate con facilità ed esattezza di esecuzione, al punto che il modello tridimensionale si presenta come un laboratorio nel quale sperimentare quelle proprietà geometriche cui un tempo si è giunti solo in virtù del ragionamento. Da ultimo, la prospettiva e la teoria delle ombre e del chiaroscuro. E’ qui che l’arte prende il sopravvento, ed è anche giusto, se si considera che i maggiori sviluppi di questa scienza si sono avuti in funzione dell’arte. Se tralasciamo le tecniche di costruzione dell’immagine, non perché non siano più necessarie, ma per la necessaria brevità di questo discorso, possiamo concentrarci in primo luogo sulla scelta del punto di vista e dell’inquadratura, ma soprattutto possiamo dare al nostro modello la profondità dell’aria e lo splendore della luce del sole. E non solo, perché a differenza di quanto poteva farsi in passato, oggi l’osservazione dello spazio può essere fruita in modo continuo e interattivo. Dunque non più uno o più punti di vista, statici, né una animazione, come potrebbe essere un film, che mostra inquadrature e movimenti di camera scelti per noi da altri, ma una vera esplorazione virtuale, nella quale siamo padroni dei movimenti del nostro sguardo e delle nostre gambe. Il modello dinamico interattivo ci offre una infinità di scorci, di vedute d’insieme e di dettaglio, e ognuno di noi può correre sospinto dalla curiosità o soffermarsi a ragionare e modificare, in tempo reale, i rapporti dell’uomo con l’architettura che ha creato. Mi piace, in particolare, il carattere non realistico, ma pittorico di questi modelli, perché questo carattere conferma il rapporto con la tradizione, il prodotto, ancora una volta, della scatola di colori. Mi piace, infine, vedere questa nuova prospettiva al centro del vortice che avvicina il progettista alla sua idea. Essa è, appunto, il risultato di molte trasformazioni, da un primo schizzo su carta, alle grandi masse modellate in tre dimensioni, all’intervento poetico della luce e del colore per giungere all’esperienza finale di un disegno che muta indefinitamente come nella vita muta la visione del mondo.

Una scatola di colori / Migliari, Riccardo. - STAMPA. - (2004), pp. 15-19. (Intervento presentato al convegno 1° Congresso UID - XXVI Convegno Internazionale delle Discipline della Rappresentazione tenutosi a Lerici, Villa Marigola nel 14,15,16 Ottobre 2004).

Una scatola di colori

MIGLIARI, Riccardo
2004

Abstract

A reflection on the boundaries and the possessions of the drawing area is, of necessity, a reflection on time spent and on what to come. It seems to me that twenty-six years ago, the time of our first meeting, the landscape was more static, such as a plain in which the rocks were of descriptive geometry, the drawing and the importance of the monuments and the air was motionless, to the point that someone he preached the contemplation resigned immobility. Then he lifted the wind that information technology has eroded the rocks of this landscape has changed the look and has some messed up hair. Although the boundaries are not so marked more, we can expect to see a foreign army to appear on the horizon, from one moment to the next. But more powerful effect, this furious wind carries it on our certainties, crushed and remixed into a chaos apparente.Basta think about what was the relief and what it has become with the analytical photogrammetry, first, and 3d laser scanning, then. And the design is not far from the truth, if we think of the graphic design and color, and contaminations photographs, animations that are possible in raster formats. Finally, what about the geometry? The joint exercise of the imagination of forms in space, which was the soul (in the etymological sense, gave her life), made that year with the lids tightened with the effort, today is achieved in images that shine with light and colors and we can all see with good eyes aperti.Riflettendo long on these changes appeared to me a new entity or a new rock formation overlooking the windy plains of the design: this is the rock Modello.A tell the truth , a thorough geological survey shows clearly that this intrusive mass has an ancient history, which reports to the plastic in the first half of the twentieth century (the most recent metamorphosis, before the present) and the Renaissance and further back still at a temple terracotta. But its appearance is completely new, like a granite just emerged from suolo.E What is the model? The Model, I write with a capital M, is the idea of ​​the shape that we want to represent, and is the set of several models (I write with lowercase m). The models are sketches, technical drawings, watercolors, geometric constructions, computer models, numerical or mathematical rendering or chiaroscuro, models and whatnot visible forms of representation can give birth to the mind of an architect or a designer.C 'is confusion in everything? Not at all, the models, in fact, can be transformed into one another, from one another can be deducted, always increasing the detail or the synthesis, and are therefore ordinati.L 'order of the models is a spiral, or better yet a vortex, which converges towards the idea progettuale.Poco matter if we are really representing new, ie the invention, or the old, ie the relief. The relief is the reconstruction of a progetto.A seems to me that this is the key to the right, to define anew the contents of my discipline: descriptive geometry. And that is what I will try to fare.Ma first I want to communicate a positive feeling, full of optimism, the feeling that arises from these riflessioni.Quand 'I was a boy there was for me the most beautiful gift of a box of colors I liked even their smell and filled me with the joy of soul and my mind was a kaleidoscope of immagini.La freedom that these computer resources allow us today, gives me the same feelings and so I believe it is for our students. The descriptive geometry has never been so honest and deep in its three-dimensional constructs and, at the same time, it has never been so close to art, at least, I think, over the last fifty years. Let us see how they can still be processed or be transformed teaching programs of the past, of course, tapping fast only a few example.c 'has always been a doubt in the incipit: orthogonal projection or perspective? Some preferred to be
2004
Una riflessione sui confini e sui possedimenti dell’area del disegno è, di necessità, una riflessione sul tempo trascorso e su quello a venire. Mi sembra che ventisei anni fa, tempo del nostro primo convegno, il panorama fosse più statico, come una pianura nella quale stavano le rocce della geometria descrittiva, del disegno dal vero e del rilievo dei monumenti e l’aria era immota, al punto che qualcuno ne predicava la contemplazione rassegnata all’immobilità. Poi si è levato il vento dell’informatica che ha eroso le rocce di questo paesaggio, ne ha cambiato l’aspetto e ha scompigliato qualche capigliatura. Anche i confini non sono così più marcati, possiamo aspettarci di veder comparire un esercito straniero all’orizzonte, da un momento all’altro. Ma l’effetto più potente, questo vento furioso lo esplica sulle nostre certezze, frantumate e rimescolate in un caos apparente. Basta pensare a cos’era il rilievo e a cosa è diventato con la fotogrammetria analitica, prima, e la scansione laser 3d, poi. E il disegno dal vero non è da meno, se pensiamo alle elaborazioni grafiche e cromatiche, alle contaminazioni fotografiche, alle animazioni che sono possibili nei formati raster. Infine, che dire della geometria? L’esercizio comune dell’immaginazione delle forme nello spazio, che ne era l’anima (nel senso etimologico, le dava la vita), quell’esercizio compiuto con le palpebre serrate per lo sforzo, oggi si realizza in immagini che brillano di luce e di colori e tutti possiamo ammirare con gli occhi bene aperti. Riflettendo a lungo su queste trasformazioni mi è apparsa una nuova entità, o una roccia di nuova formazione che sovrasta la ventosa pianura del disegno: questa roccia è il Modello. A dire il vero, un accurato esame geologico mostra chiaro che questa massa intrusiva ha una storia antica, che riporta alla plastica della prima metà del novecento (la metamorfosi più recente, prima dello stato attuale) e al Rinascimento e più indietro ancora ad un tempietto di terracotta. Ma il suo aspetto è del tutto nuovo, come quello di un granito appena emerso dal suolo. E cos’è il Modello? Il Modello, che scrivo con la M maiuscola, è l’idea della forma che vogliamo rappresentare ed è l’insieme di molti modelli (che scrivo con la m minuscola). I modelli sono schizzi, disegni tecnici, acquarelli, costruzioni geometriche, modelli informatici, numerici o matematici, rendering o chiaroscuri, plastici e quant’altre visibili forme della rappresentazione può partorire la mente di un architetto o di un designer. C’è confusione in tutto ciò? Nient’affatto, i modelli, infatti, possono trasformarsi l’uno nell’altro, l’uno dall’altro possono essere dedotti, sempre aumentando il dettaglio o la sintesi, e sono perciò ordinati. L’ordine dei modelli è una spirale, o meglio ancora un vortice, che converge verso l’idea progettuale. Poco importa se stiamo realmente rappresentando il nuovo, cioè l’invenzione, oppure l’antico, cioè il rilievo. Anche il rilievo è la ricostruzione di un progetto. A me sembra che questa sia la chiave di lettura giusta, per delineare ex novo i contenuti della mia disciplina: la geometria descrittiva. Ed è quanto cercherò di fare. Ma prima desidero comunicare un sentimento positivo, traboccante di ottimismo, il sentimento che nasce da queste riflessioni. Quand’ero ragazzo non c’era per me regalo più bello di una scatola di colori: mi piaceva persino il loro odore e mi colmavano l’anima di gioia e la mia mente era un caleidoscopio di immagini. La libertà che questi mezzi informatici ci concedono oggi, suscita in me le medesime sensazioni e così credo che sia per i nostri studenti. La geometria descrittiva non è mai stata così onesta e profonda nei suoi costrutti tridimensionali e, al tempo stesso, non è mai stata così vicina all’arte, almeno, credo, negli ultimi cinquant’anni. Vediamo allora come si sono trasformati o possono ancora essere trasformati i programmi di insegnamento di un tempo, naturalmente toccando velocemente solo qualche esempio. C’è sempre stato un dubbio, nell’incipit: proiezioni ortogonali o prospettiva? Qualcuno preferiva cominciare con le prime, per una ragione di chiarezza espositiva, altri con la seconda, perché storicamente ‘precede’. Ma sarà poi vero? Oggi a me pare la scelta obbligata, perché la prospettiva è la sintesi di tutti i metodi e premia chi studia con l’emozionante esperienza di una passeggiata virtuale all’interno dello spazio ideato o riletto e interpretato, e per questi motivi è bene che sia il punto finale e più alto. Comincerei perciò dalle proiezioni ortogonali e da quelle associate, in particolare. Tutti sappiamo che due punti su una retta di richiamo ne identificano un terzo nello spazio. Ma quanta fatica si faceva per vedere e far vedere quel punto! Oggi basta un modello informatico tridimensionale e tutto diventa ineccepibilmente chiaro. Cos’è, dunque, questo modello? E’ la più vera e autentica épure dell’ottocento: un disegno che puoi osservare dall’alto, di fronte e che ti restituisce un’immagine tridimensionale, collocata nello spazio, sopra e davanti il foglio da disegno. La differenza tra ieri e oggi è solo negli occhi: non occorre più stringerli, si possono spalancare, invece, sullo schermo del computer. Ci sono poi gli strumenti tipici del modus operandi geometrico-descrittivo. Come quello che porta un piano in posizione generica in vera forma: ieri un ribaltamento, oggi una grande libertà di scelte, tra il portare il piano sul piano di proiezione (ribaltamento, appunto) o il piano di proiezione sul piano nello spazio, o ancora il piano di costruzione sul piano osservato in posizione generica. C’è ancora lo studio delle superfici, che un tempo si faceva lavorando sull’immagine mentale, e sappiamo con quanta fatica e, spesso, con quanta incertezza. Quelle medesime forme vivono oggi nel mondo virtuale e possono essere sezionate con facilità ed esattezza di esecuzione, al punto che il modello tridimensionale si presenta come un laboratorio nel quale sperimentare quelle proprietà geometriche cui un tempo si è giunti solo in virtù del ragionamento. Da ultimo, la prospettiva e la teoria delle ombre e del chiaroscuro. E’ qui che l’arte prende il sopravvento, ed è anche giusto, se si considera che i maggiori sviluppi di questa scienza si sono avuti in funzione dell’arte. Se tralasciamo le tecniche di costruzione dell’immagine, non perché non siano più necessarie, ma per la necessaria brevità di questo discorso, possiamo concentrarci in primo luogo sulla scelta del punto di vista e dell’inquadratura, ma soprattutto possiamo dare al nostro modello la profondità dell’aria e lo splendore della luce del sole. E non solo, perché a differenza di quanto poteva farsi in passato, oggi l’osservazione dello spazio può essere fruita in modo continuo e interattivo. Dunque non più uno o più punti di vista, statici, né una animazione, come potrebbe essere un film, che mostra inquadrature e movimenti di camera scelti per noi da altri, ma una vera esplorazione virtuale, nella quale siamo padroni dei movimenti del nostro sguardo e delle nostre gambe. Il modello dinamico interattivo ci offre una infinità di scorci, di vedute d’insieme e di dettaglio, e ognuno di noi può correre sospinto dalla curiosità o soffermarsi a ragionare e modificare, in tempo reale, i rapporti dell’uomo con l’architettura che ha creato. Mi piace, in particolare, il carattere non realistico, ma pittorico di questi modelli, perché questo carattere conferma il rapporto con la tradizione, il prodotto, ancora una volta, della scatola di colori. Mi piace, infine, vedere questa nuova prospettiva al centro del vortice che avvicina il progettista alla sua idea. Essa è, appunto, il risultato di molte trasformazioni, da un primo schizzo su carta, alle grandi masse modellate in tre dimensioni, all’intervento poetico della luce e del colore per giungere all’esperienza finale di un disegno che muta indefinitamente come nella vita muta la visione del mondo.
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