Il fondamento dei poteri magistratuali è nel popolo, inteso nella concreta interezza di tutte le sue parti, e l’elezione del magistrato non è frutto di una imposizione divina, ma della volontà del popolo sostenuta dalla divinità attraverso gli auspici favorevoli. Gli auspici dei magistrati sono definiti pubblici perché hanno come fondamento gli auspici del popolo. I sacerdoti sovrintendono ai culti della città secondo varie specializzazioni. Quattro sono i collegi sacerdotali più importanti a Roma: pontifices, augures, septemviri epulones, decemviri sacris faciundis. I sacerdoti organizzati in collegi sono scelti dagli stessi membri del collegio nel quale entrano a far parte, attraverso la cooptazione. Anche il pontefice massimo è scelto tra i pontefici dagli stessi componenti del collegio pontificio. Tra i poteri dei sacerdoti sono gli auspici; ma questi poteri hanno caratteristiche diverse da quelli magistratuali, perché non hanno fondamento nel popolo che non partecipa in alcun modo né alla scelta né alla inaugurazione dei sacerdoti. Le modalità di scelta dei sacerdoti cambiano a partire dal 212 a.C., anno in cui emerge nelle fonti l’esistenza dei comitia pontificis maximi, che provvedono alla elezione del pontefice massimo; inoltre, nel 103 a.C. il tribuno della plebe Domizio Enobarbo fa approvare un plebiscito in virtù del quale la competenza sulla scelta di sacerdoti organizzati in collegi è attribuita ai comitia sacerdotiorum. Con l’introduzione del principio elettorale nelle modalità di scelta dei sacerdoti, la distinzione tra sacerdoti e magistrati sembra meno netta. Dall’esame delle fonti, però, è evidente che questa distinzione non cade. Dalle fonti si ricava che: questi comizi sono organizzati per tribù; le tribù che compongono tali comizi sono diciassette; queste diciassette tribù sono qualificate come minor pars populi. Nelle nuove modalità di scelta dei sacerdoti appare evidente il riconoscimento della distinzione tra volontà divina e volontà umana: la scelta dei sacerdoti organizzati in collegi non può essere effettuata attraverso gli strumenti con i quali il popolo usa conferire le magistrature. Non è il popolo intero organizzato nei comizi delle trentacinque tribù che elegge i sacerdoti, ma sono alcune parti del popolo, le diciassette tribù, che scelgono il nome del candidato da cooptare. Il rapporto somma-popolo, presente nel concetto di minor pars populi, è puntualizzato dai giuristi: Servio Sulpicio Rufo ed il suo allievo Alfeno Varo, Ateio Capitone ed il suo allievo Masurio Sabino. Parimenti, la definizione di parte elaborata dal giurista Quinto Mucio Scevola è stata ispirata anche dalla necessità di mettere a fuoco concetti quali parte-parti del popolo. Dalle fonti si ricava che la cooptazione resta comunque un atto necessario ai fini della scelta del sacerdote, pur dopo l’introduzione del principio elettorale. La cooptazione assume un valore formale per ciò che concerne la scelta dell’aspirante alla carica, ma conserva tutto il suo valore sostanziale in relazione ai presupposti necessari ai fini della scelta e, dunque, della inaugurazione del sacerdote.
Collegi sacerdotali ed assemblee popolari nella Repubblica Romana / Vallocchia, Franco. - STAMPA. - (2008), pp. 1-282.
Collegi sacerdotali ed assemblee popolari nella Repubblica Romana
VALLOCCHIA, Franco
2008
Abstract
Il fondamento dei poteri magistratuali è nel popolo, inteso nella concreta interezza di tutte le sue parti, e l’elezione del magistrato non è frutto di una imposizione divina, ma della volontà del popolo sostenuta dalla divinità attraverso gli auspici favorevoli. Gli auspici dei magistrati sono definiti pubblici perché hanno come fondamento gli auspici del popolo. I sacerdoti sovrintendono ai culti della città secondo varie specializzazioni. Quattro sono i collegi sacerdotali più importanti a Roma: pontifices, augures, septemviri epulones, decemviri sacris faciundis. I sacerdoti organizzati in collegi sono scelti dagli stessi membri del collegio nel quale entrano a far parte, attraverso la cooptazione. Anche il pontefice massimo è scelto tra i pontefici dagli stessi componenti del collegio pontificio. Tra i poteri dei sacerdoti sono gli auspici; ma questi poteri hanno caratteristiche diverse da quelli magistratuali, perché non hanno fondamento nel popolo che non partecipa in alcun modo né alla scelta né alla inaugurazione dei sacerdoti. Le modalità di scelta dei sacerdoti cambiano a partire dal 212 a.C., anno in cui emerge nelle fonti l’esistenza dei comitia pontificis maximi, che provvedono alla elezione del pontefice massimo; inoltre, nel 103 a.C. il tribuno della plebe Domizio Enobarbo fa approvare un plebiscito in virtù del quale la competenza sulla scelta di sacerdoti organizzati in collegi è attribuita ai comitia sacerdotiorum. Con l’introduzione del principio elettorale nelle modalità di scelta dei sacerdoti, la distinzione tra sacerdoti e magistrati sembra meno netta. Dall’esame delle fonti, però, è evidente che questa distinzione non cade. Dalle fonti si ricava che: questi comizi sono organizzati per tribù; le tribù che compongono tali comizi sono diciassette; queste diciassette tribù sono qualificate come minor pars populi. Nelle nuove modalità di scelta dei sacerdoti appare evidente il riconoscimento della distinzione tra volontà divina e volontà umana: la scelta dei sacerdoti organizzati in collegi non può essere effettuata attraverso gli strumenti con i quali il popolo usa conferire le magistrature. Non è il popolo intero organizzato nei comizi delle trentacinque tribù che elegge i sacerdoti, ma sono alcune parti del popolo, le diciassette tribù, che scelgono il nome del candidato da cooptare. Il rapporto somma-popolo, presente nel concetto di minor pars populi, è puntualizzato dai giuristi: Servio Sulpicio Rufo ed il suo allievo Alfeno Varo, Ateio Capitone ed il suo allievo Masurio Sabino. Parimenti, la definizione di parte elaborata dal giurista Quinto Mucio Scevola è stata ispirata anche dalla necessità di mettere a fuoco concetti quali parte-parti del popolo. Dalle fonti si ricava che la cooptazione resta comunque un atto necessario ai fini della scelta del sacerdote, pur dopo l’introduzione del principio elettorale. La cooptazione assume un valore formale per ciò che concerne la scelta dell’aspirante alla carica, ma conserva tutto il suo valore sostanziale in relazione ai presupposti necessari ai fini della scelta e, dunque, della inaugurazione del sacerdote.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.