The city as dreams are made of desires and fears, even if the thread of their discourse is secret, their rules absurd, prospects misleading, and everything conceals another. Cities also believe they are the work of the mind or appropriate, but neither the one nor the other enough to take on their walls. Not in a city enjoy the seven or seventy wonders, but the answer you gave to your question. I. Calvin: The city invisibili.Queste two quotes taken out by one of the most challenging texts of our literature, allow me to define the research that follows a study on "Invisible Cities" of Lower Mesopotamia, or if you prefer a spatial analysis conducted on some Tell dell'alluvio. In Arabic, this word means "hill" but in the archaeological literature defines the typical form which, under certain environmental conditions, takes the sedimentation of deposits humanized. Expressing the equivalence in this way, it seems that in translating from Arabic to archaeological language, has been dissolved as the original node mysterious and unsolved, still retaining the term in his language, and yet in each of these "hills" is imprinted the genetic code of a city and its history. Looking from any map of ancient Babylon, one has the impression of entering a dotted cosmos and when we focus on all those points tell, they begin to be readable modern names and in some cases even the old ones of the main centers. Finally, if we tilt the head further, here's the surprise: the points are far from shapeless, each relies on the bare map with its special physical and persists even if the initial impression of an indistinct cloud of points, we are led intuitively to consider their possible relationships in space and time. From this impression I started to develop an experimental research on the forms and insediamentali, however trivial it may seem, I am very grateful because it is generated from the first working hypothesis, an examination of the instruments used, the encounter with different disciplines archeology, attempts to achieve an metadisciplinary. Each phase of this work, experimental, not only because it is proposed to explore the use of Artificial Neural Networks (RNA) on problems of archeology insediamentale, but also because it was conducted experiments with the electronic computer, was followed, discussed and analyzed in the Department of Historical, Archaeological and Anthropological University "La Sapienza" of Rome, principally by Professor Paolo Matthiae and Professor Rita Sweet. In them I found a constant critical parameter that sparked fruitful discussions on technical and methodological issues and operational, they deserve the credit for making the proposal a reality organic osmosis scientific, structured and based on the logic of the comparison. Professor Massimo Buscema are grateful for the opportunity given to study in the application of mathematics dynamic models, for giving me license to use the softwares products in the shop, which he founded and led eventually to the care shown towards the apparatus epistemological within which were later implemented applications. I would also like to thank Professor Marcella Frangipane to be encouraged and stimulated, with discussions and advice, drafting of employment

Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra. Anche le città credono di essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda. I. Calvino: Le città invisibili. Queste due citazioni estrapolate da uno dei testi più stimolanti della nostra letteratura, mi permettono di definire la ricerca che segue uno studio sulle «città invisibili» della Bassa Mesopotamia o se si preferisce un’analisi territoriale condotta su alcuni Tell dell’alluvio. In arabo questa parola significa “collina”, ma nella letteratura archeologica definisce quella tipica forma che, in determinate condizioni ambientali, assume la sedimentazione dei depositi antropizzati. Esprimendo l’equivalenza in questo modo, sembra quasi che nel tradurre dall’arabo al linguaggio archeologico, si sia come dissolto l’originario nodo di misterioso e irrisolto che ancora conserva il termine nella sua lingua: eppure dentro ognuna di queste “colline” è impresso il codice genetico di una città e della sua storia. Osservando dall’alto una qualsiasi carta geografica dell’antica Babilonia si ha come l’impressione di entrare in un cosmo punteggiato e quando focalizziamo l’attenzione su tutti quei punti informi, cominciano ad essere leggibili i nomi moderni e in alcuni casi anche quelli antichi dei centri principali. Se infine incliniamo ulteriormente il capo, ecco la sorpresa: quei punti sono tutt’altro che informi, ognuno si poggia sulla nuda cartina con le sue particolarità fisiche e anche se permane l’impressione iniziale di un’indistinta nuvola di punti, siamo portati intuitivamente a considerare le loro possibili relazioni nello spazio e nel tempo. Da questa impressione sono partito per sviluppare una ricerca sperimentale sulle forme insediamentali e, per quanto banale possa apparire, le sono molto grato perché da essa si sono generate le prime ipotesi di lavoro, l’esame degli strumenti utilizzabili, l’incontro con discipline diverse dall’archeologia, i tentativi di realizzare un’esperienza metadisciplinare. Ogni fase di questo lavoro, sperimentale non solo in quanto si propone di sperimentare l’uso delle Reti Neurali Artificiali (R.N.A.) su problemi di archeologia insediamentale, ma anche perché è stato condotto con esperimenti al calcolatore elettronico, è stata seguita, discussa e analizzata nel Dipartimento di Scienze Storiche, Archeologiche e Antropologiche dell’Università «La Sapienza» di Roma, principalmente dal professor Paolo Matthiae e dalla professoressa Rita Dolce. In loro ho trovato un costante parametro critico che ha suscitato proficue discussioni su problematiche tecnico-metodologiche ed operative, a loro va il merito di aver reso l’osmosi scientifica proposta una realtà organica, strutturata e fondata sulla logica del confronto. Al professor Massimo Buscema sono grato per la possibilità offertami di studiare in modo applicativo i modelli di matematica dinamica, per avermi concesso licenza d’uso dei softwares prodotti nel laboratorio da lui fondato e diretto, infine per l’attenzione dimostrata nei confronti dell’apparato epistemologico entro il quale si sarebbero in seguito realizzate le applicazioni. Desidero, inoltre, ringraziare la professoressa Marcella Frangipane per avere incoraggiato e stimolato, con discussioni e suggerimenti, la stesura del lavoro; la Dott. ssa Frances Pinnock per aver curato gli aspetti editoriali e la Dott. ssa Gabriella Scandone Matthiae per i preziosi consigli seguiti alla revisione finale del testo. Nella prassi, quando utilizziamo un telefono, una macchina fotografica oppure, per fare un esempio più consono alla nostra disciplina, il teodolite per le misurazioni di quote e superfici, le foto aeree o quelle scattate dal satellite, non chiediamo alla nostra specializzazione di ispezionare scientificamente il mondo delle regole che ne determinano il funzionamento e per risolvere un qualsiasi problema relativo allo strumento ci si rivolgerebbe agli specialisti del settore pagando il prezzo della loro esperienza e professionalità. Se il rapporto si fermasse a questo livello non verrebbero contraddette le regole della compravendita di mezzi in funzione della qualità dei prodotti, regole che nei fatti favoriscono la sinergia tra imprese piuttosto che intenti dichiaratamente epistemologici: la relazione tra due discipline diverse comporta invece, un salto che chiamerei “antropologico”... perché essa si realizzi è fondamentale una coincidenza di interessi scientifici e non finalistici, e soprattutto un interesse per la ricerca in quanto tale. A fondamento operativo di questo lavoro è un approccio metadisciplinare perché chi scrive ritiene che le cosiddette «scienze ausiliarie della storia», seppur divenute «primarie» secondo la nota definizione di H. Bengston, non abbiano apportato contributi sostanziali al recente dibattito storiografico, in particolare a quello seguito dopo la rivoluzione delle «Annales» , ma abbiano perseguito un autonomo cammino, il quale in termini sovrastrutturali è servito per assicurare loro spazi di autonomia istituzionale e giuridica. In termini strutturali, invece ha accelerato quel processo univoco di distinzione e frammentazione che ha rinvigorito un po’ ovunque le già naturali spinte al corporativismo. Per realizzare la frequentazione di una simile relazione metadisciplinare sono state seguite diverse tappe: dopo aver scelto lo strumento ritenuto maggiormente opportuno per uno studio di archeologia sperimentale e territoriale, concordatolo con la cattedra di Archeologia del Vicino Oriente Antico, ho avuto la possibilità di applicarlo nelle strutture logistiche del Semeion, unico laboratorio in Italia riconosciuto dallo Stato, che si interessa prevalentemente del valore strumentale delle Reti Neurali Artificiali, ne studia e ricerca le componenti sistemiche e promuove costantemente la loro divulgazione in diversi ambiti di ricerca. In questo laboratorio sono stato seguito passo passo da esperti e studiosi del settore, i quali per educarmi ad un uso “critico” dei programmi, mi hanno trasmesso le necessarie nozioni fondamentali di informatica e matematica, inoltre hanno controllato scrupolosamente ogni fase dell’apprendimento per rendermi capace di eseguire le operazioni sperimentali nel modo più autonomo e libero possibile. Solo dopo questa fase sono stati mossi i primi passi nell’universo filosofico del «Connessionismo» e di conseguenza nella logica che regola il funzionamento di questi modelli. Essi hanno dunque assunto progressivamente il ruolo di interfaccia posta tra ricercatore e dati analizzabili, tra documentazione archeologica raccolta e tentativi di comprenderne i significati storici, e sono divenuti il mezzo attraverso cui entrare nel mondo delle connessioni semantiche, geografiche e strutturali che determinano i processi insediamentali. Oggi, guardando a ritroso le tappe trascorse di questa esperienza, mi sono convinto che la scelta di ipotizzare l’introduzione delle Reti Neurali Artificiali come potenziale strumento euristico, generatore di ipotesi e modelli di ricostruzione storica nell’ambito dell’archeologia territoriale è una delle scelte che consentono di investigare la fitta trama di relazioni tra l’uomo, il suo ambiente e i pochi brandelli della cultura materiale sopravvissuti al tempo per merito delle ricerche sul campo. È quindi una delle scelte possibili, ma anche, e direi soprattutto una proposta metodologica che potrà essere valutata serenamente solo se i risultati ottenuti verranno concepiti come il prodotto di un «laboratorio storico-archeologico». In tal caso sarà possibile, considerando la genesi di questo embrione, apprezzare scientificamente le prime, faticose, passeggiate di una disciplina straniera nell’universo virtuale, o meglio le possibilità offerte dalle ricerche sulla vita artificiale alla comprensione della vita passata.

La Bassa Mesopotamia come laboratorio storico in età protostorica. Le Reti Neurali Artificiali come strumento di ausilio alle ricerche di archeologia territoriale / Ramazzotti, Marco. - STAMPA. - VIII:CMAO(1999), pp. 1-365.

La Bassa Mesopotamia come laboratorio storico in età protostorica. Le Reti Neurali Artificiali come strumento di ausilio alle ricerche di archeologia territoriale.

RAMAZZOTTI, Marco
1999

Abstract

The city as dreams are made of desires and fears, even if the thread of their discourse is secret, their rules absurd, prospects misleading, and everything conceals another. Cities also believe they are the work of the mind or appropriate, but neither the one nor the other enough to take on their walls. Not in a city enjoy the seven or seventy wonders, but the answer you gave to your question. I. Calvin: The city invisibili.Queste two quotes taken out by one of the most challenging texts of our literature, allow me to define the research that follows a study on "Invisible Cities" of Lower Mesopotamia, or if you prefer a spatial analysis conducted on some Tell dell'alluvio. In Arabic, this word means "hill" but in the archaeological literature defines the typical form which, under certain environmental conditions, takes the sedimentation of deposits humanized. Expressing the equivalence in this way, it seems that in translating from Arabic to archaeological language, has been dissolved as the original node mysterious and unsolved, still retaining the term in his language, and yet in each of these "hills" is imprinted the genetic code of a city and its history. Looking from any map of ancient Babylon, one has the impression of entering a dotted cosmos and when we focus on all those points tell, they begin to be readable modern names and in some cases even the old ones of the main centers. Finally, if we tilt the head further, here's the surprise: the points are far from shapeless, each relies on the bare map with its special physical and persists even if the initial impression of an indistinct cloud of points, we are led intuitively to consider their possible relationships in space and time. From this impression I started to develop an experimental research on the forms and insediamentali, however trivial it may seem, I am very grateful because it is generated from the first working hypothesis, an examination of the instruments used, the encounter with different disciplines archeology, attempts to achieve an metadisciplinary. Each phase of this work, experimental, not only because it is proposed to explore the use of Artificial Neural Networks (RNA) on problems of archeology insediamentale, but also because it was conducted experiments with the electronic computer, was followed, discussed and analyzed in the Department of Historical, Archaeological and Anthropological University "La Sapienza" of Rome, principally by Professor Paolo Matthiae and Professor Rita Sweet. In them I found a constant critical parameter that sparked fruitful discussions on technical and methodological issues and operational, they deserve the credit for making the proposal a reality organic osmosis scientific, structured and based on the logic of the comparison. Professor Massimo Buscema are grateful for the opportunity given to study in the application of mathematics dynamic models, for giving me license to use the softwares products in the shop, which he founded and led eventually to the care shown towards the apparatus epistemological within which were later implemented applications. I would also like to thank Professor Marcella Frangipane to be encouraged and stimulated, with discussions and advice, drafting of employment
1999
Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra. Anche le città credono di essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda. I. Calvino: Le città invisibili. Queste due citazioni estrapolate da uno dei testi più stimolanti della nostra letteratura, mi permettono di definire la ricerca che segue uno studio sulle «città invisibili» della Bassa Mesopotamia o se si preferisce un’analisi territoriale condotta su alcuni Tell dell’alluvio. In arabo questa parola significa “collina”, ma nella letteratura archeologica definisce quella tipica forma che, in determinate condizioni ambientali, assume la sedimentazione dei depositi antropizzati. Esprimendo l’equivalenza in questo modo, sembra quasi che nel tradurre dall’arabo al linguaggio archeologico, si sia come dissolto l’originario nodo di misterioso e irrisolto che ancora conserva il termine nella sua lingua: eppure dentro ognuna di queste “colline” è impresso il codice genetico di una città e della sua storia. Osservando dall’alto una qualsiasi carta geografica dell’antica Babilonia si ha come l’impressione di entrare in un cosmo punteggiato e quando focalizziamo l’attenzione su tutti quei punti informi, cominciano ad essere leggibili i nomi moderni e in alcuni casi anche quelli antichi dei centri principali. Se infine incliniamo ulteriormente il capo, ecco la sorpresa: quei punti sono tutt’altro che informi, ognuno si poggia sulla nuda cartina con le sue particolarità fisiche e anche se permane l’impressione iniziale di un’indistinta nuvola di punti, siamo portati intuitivamente a considerare le loro possibili relazioni nello spazio e nel tempo. Da questa impressione sono partito per sviluppare una ricerca sperimentale sulle forme insediamentali e, per quanto banale possa apparire, le sono molto grato perché da essa si sono generate le prime ipotesi di lavoro, l’esame degli strumenti utilizzabili, l’incontro con discipline diverse dall’archeologia, i tentativi di realizzare un’esperienza metadisciplinare. Ogni fase di questo lavoro, sperimentale non solo in quanto si propone di sperimentare l’uso delle Reti Neurali Artificiali (R.N.A.) su problemi di archeologia insediamentale, ma anche perché è stato condotto con esperimenti al calcolatore elettronico, è stata seguita, discussa e analizzata nel Dipartimento di Scienze Storiche, Archeologiche e Antropologiche dell’Università «La Sapienza» di Roma, principalmente dal professor Paolo Matthiae e dalla professoressa Rita Dolce. In loro ho trovato un costante parametro critico che ha suscitato proficue discussioni su problematiche tecnico-metodologiche ed operative, a loro va il merito di aver reso l’osmosi scientifica proposta una realtà organica, strutturata e fondata sulla logica del confronto. Al professor Massimo Buscema sono grato per la possibilità offertami di studiare in modo applicativo i modelli di matematica dinamica, per avermi concesso licenza d’uso dei softwares prodotti nel laboratorio da lui fondato e diretto, infine per l’attenzione dimostrata nei confronti dell’apparato epistemologico entro il quale si sarebbero in seguito realizzate le applicazioni. Desidero, inoltre, ringraziare la professoressa Marcella Frangipane per avere incoraggiato e stimolato, con discussioni e suggerimenti, la stesura del lavoro; la Dott. ssa Frances Pinnock per aver curato gli aspetti editoriali e la Dott. ssa Gabriella Scandone Matthiae per i preziosi consigli seguiti alla revisione finale del testo. Nella prassi, quando utilizziamo un telefono, una macchina fotografica oppure, per fare un esempio più consono alla nostra disciplina, il teodolite per le misurazioni di quote e superfici, le foto aeree o quelle scattate dal satellite, non chiediamo alla nostra specializzazione di ispezionare scientificamente il mondo delle regole che ne determinano il funzionamento e per risolvere un qualsiasi problema relativo allo strumento ci si rivolgerebbe agli specialisti del settore pagando il prezzo della loro esperienza e professionalità. Se il rapporto si fermasse a questo livello non verrebbero contraddette le regole della compravendita di mezzi in funzione della qualità dei prodotti, regole che nei fatti favoriscono la sinergia tra imprese piuttosto che intenti dichiaratamente epistemologici: la relazione tra due discipline diverse comporta invece, un salto che chiamerei “antropologico”... perché essa si realizzi è fondamentale una coincidenza di interessi scientifici e non finalistici, e soprattutto un interesse per la ricerca in quanto tale. A fondamento operativo di questo lavoro è un approccio metadisciplinare perché chi scrive ritiene che le cosiddette «scienze ausiliarie della storia», seppur divenute «primarie» secondo la nota definizione di H. Bengston, non abbiano apportato contributi sostanziali al recente dibattito storiografico, in particolare a quello seguito dopo la rivoluzione delle «Annales» , ma abbiano perseguito un autonomo cammino, il quale in termini sovrastrutturali è servito per assicurare loro spazi di autonomia istituzionale e giuridica. In termini strutturali, invece ha accelerato quel processo univoco di distinzione e frammentazione che ha rinvigorito un po’ ovunque le già naturali spinte al corporativismo. Per realizzare la frequentazione di una simile relazione metadisciplinare sono state seguite diverse tappe: dopo aver scelto lo strumento ritenuto maggiormente opportuno per uno studio di archeologia sperimentale e territoriale, concordatolo con la cattedra di Archeologia del Vicino Oriente Antico, ho avuto la possibilità di applicarlo nelle strutture logistiche del Semeion, unico laboratorio in Italia riconosciuto dallo Stato, che si interessa prevalentemente del valore strumentale delle Reti Neurali Artificiali, ne studia e ricerca le componenti sistemiche e promuove costantemente la loro divulgazione in diversi ambiti di ricerca. In questo laboratorio sono stato seguito passo passo da esperti e studiosi del settore, i quali per educarmi ad un uso “critico” dei programmi, mi hanno trasmesso le necessarie nozioni fondamentali di informatica e matematica, inoltre hanno controllato scrupolosamente ogni fase dell’apprendimento per rendermi capace di eseguire le operazioni sperimentali nel modo più autonomo e libero possibile. Solo dopo questa fase sono stati mossi i primi passi nell’universo filosofico del «Connessionismo» e di conseguenza nella logica che regola il funzionamento di questi modelli. Essi hanno dunque assunto progressivamente il ruolo di interfaccia posta tra ricercatore e dati analizzabili, tra documentazione archeologica raccolta e tentativi di comprenderne i significati storici, e sono divenuti il mezzo attraverso cui entrare nel mondo delle connessioni semantiche, geografiche e strutturali che determinano i processi insediamentali. Oggi, guardando a ritroso le tappe trascorse di questa esperienza, mi sono convinto che la scelta di ipotizzare l’introduzione delle Reti Neurali Artificiali come potenziale strumento euristico, generatore di ipotesi e modelli di ricostruzione storica nell’ambito dell’archeologia territoriale è una delle scelte che consentono di investigare la fitta trama di relazioni tra l’uomo, il suo ambiente e i pochi brandelli della cultura materiale sopravvissuti al tempo per merito delle ricerche sul campo. È quindi una delle scelte possibili, ma anche, e direi soprattutto una proposta metodologica che potrà essere valutata serenamente solo se i risultati ottenuti verranno concepiti come il prodotto di un «laboratorio storico-archeologico». In tal caso sarà possibile, considerando la genesi di questo embrione, apprezzare scientificamente le prime, faticose, passeggiate di una disciplina straniera nell’universo virtuale, o meglio le possibilità offerte dalle ricerche sulla vita artificiale alla comprensione della vita passata.
reti neurali; mesopotamia; intelligenza artificiale; rivoluzione urbana
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
La Bassa Mesopotamia come laboratorio storico in età protostorica. Le Reti Neurali Artificiali come strumento di ausilio alle ricerche di archeologia territoriale / Ramazzotti, Marco. - STAMPA. - VIII:CMAO(1999), pp. 1-365.
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