Il Tempio di Salomone a Gerusalemme è stato distrutto da Tito nel 70 d.C., durante l’assedio della città, però paradossalmente la sua scomparsa implica la sua permanenza e dà origine al mito. Nel corso della storia i dettagli architettonici del Tempio e i suoi ornamenti sono sempre stati considerati come elementi indicativi ed evocativi del mitico edificio biblico e per questo la loro rappresentazione è così frequente. L’uso di elementi salomonici, e tra questi in particolare quello delle colonne, diviene quindi una maniera di riaffermare, riproponendola tangibilmente, la presenza concreta del Tempio come Architettura Divina. Numerosi sono i modi con i quali le colonne del Tempio sono state raffigurate nell’arte e nella pratica costruttiva; alcuni hanno legami con le fonti storiche descritte nella Bibbia, altri invece sono di origine leggendaria e teoretica. Secondo una leggenda del XIV secolo le antiche colonne tortili con decorazione vitinea della pergula costantiniana nell’antica basilica di S. Pietro a Roma provenivano dal Tempio. In realtà l’uso di colonne tortili, decorate in modi differenti e collocate in luoghi di particolare valore religioso, precede la leggenda e si ritrova nell’arte palestinese del periodo ellenistico”. L’analisi degli studi archeologici e quella delle fonti antiche mostra come il valore attribuito alla decorazione con tralci di vite e grappoli d’uva, presente sulla porta del vestibolo e ricordata dagli storici antichi (Giuseppe Flavio, Lucio Annio Floro, Tacito) costituisce uno stilema importante dell’arte “Palestinese del Secondo Tempio”. L’uso di questi elementi decorativi rappresenta una costante dell’arte palestinese, e più in generale di quella medio-orientale in fabbriche di rilevante valore simbolico e religioso. L’uso, a partire dal periodo ellenistico, nelle decorazioni o negli oggetti di elementi vitinei evoca molto probabilmente la vite d’oro (grappoli, chicchi, foglie) che, secondo quanto scritto nella Mishnah, veniva donata dai fedeli al Tempio. Questo consente di sostenere che le antiche colonne vaticane - aldilà degli studi specifici che le datano al II-III secolo d.C. - risultano compatibili con l’architettura palestinese dei secoli precedenti (e in particolare con lo “stile palestinese del II Tempio”) e dunque apparirebbe verosimile che la presenza di questo tipo di colonne nella pergula contenga un riferimento al Tempio. Né si può escludere che Costantino nella pergola intendesse rievocare l’atmosfera del Tempio dal momento che uno dei principali consiglieri dell’imperatore Costantino, Eusebio vescovo di Cesarea, era sostenitore dell’importanza dell’evocazione del Tempio nelle chiese cristiane e autore di una ricostruzione in pianta di Gerusalemme e del Tempio di Salomone (probabilmente inserite nell’Onomasticon, nella Corographia o in qualche studio indipendente). L’uso di colonne spiraliformi, variamente decorate, in luoghi di particolare valore religioso ha quindi origine nell’arte palestinese di epoca ellenistica e si mantiene costante nel medioevo, sia in opere architettoniche che in codici miniati, per poi proseguire nel Rinascimento e nei dipinti del XVI secolo, soprattutto a partire dai Cartoni di Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina che ne consacrano la fortuna in pittura. In architettura la fortuna delle colonne salomoniche è legata al Baldacchino di Bernini nella basilica di S. Pietro a Roma che costituisce il preludio alla loro diffusione in retablos, cori e facciate di edifici religiosi; diffusione che si deve non solo al loro significato religioso ma anche alle intrinseche qualità espressive che Bernini per primo sperimenta e dopo di lui gli artisti barocchi proporranno in innumerevoli varianti.

Il percorso dei simboli. Salomone da Gerusalemme a Roma / PORTOGHESI TUZI, Stefania. - STAMPA. - (2007), pp. 139-146.

Il percorso dei simboli. Salomone da Gerusalemme a Roma

PORTOGHESI TUZI, STEFANIA
2007

Abstract

Il Tempio di Salomone a Gerusalemme è stato distrutto da Tito nel 70 d.C., durante l’assedio della città, però paradossalmente la sua scomparsa implica la sua permanenza e dà origine al mito. Nel corso della storia i dettagli architettonici del Tempio e i suoi ornamenti sono sempre stati considerati come elementi indicativi ed evocativi del mitico edificio biblico e per questo la loro rappresentazione è così frequente. L’uso di elementi salomonici, e tra questi in particolare quello delle colonne, diviene quindi una maniera di riaffermare, riproponendola tangibilmente, la presenza concreta del Tempio come Architettura Divina. Numerosi sono i modi con i quali le colonne del Tempio sono state raffigurate nell’arte e nella pratica costruttiva; alcuni hanno legami con le fonti storiche descritte nella Bibbia, altri invece sono di origine leggendaria e teoretica. Secondo una leggenda del XIV secolo le antiche colonne tortili con decorazione vitinea della pergula costantiniana nell’antica basilica di S. Pietro a Roma provenivano dal Tempio. In realtà l’uso di colonne tortili, decorate in modi differenti e collocate in luoghi di particolare valore religioso, precede la leggenda e si ritrova nell’arte palestinese del periodo ellenistico”. L’analisi degli studi archeologici e quella delle fonti antiche mostra come il valore attribuito alla decorazione con tralci di vite e grappoli d’uva, presente sulla porta del vestibolo e ricordata dagli storici antichi (Giuseppe Flavio, Lucio Annio Floro, Tacito) costituisce uno stilema importante dell’arte “Palestinese del Secondo Tempio”. L’uso di questi elementi decorativi rappresenta una costante dell’arte palestinese, e più in generale di quella medio-orientale in fabbriche di rilevante valore simbolico e religioso. L’uso, a partire dal periodo ellenistico, nelle decorazioni o negli oggetti di elementi vitinei evoca molto probabilmente la vite d’oro (grappoli, chicchi, foglie) che, secondo quanto scritto nella Mishnah, veniva donata dai fedeli al Tempio. Questo consente di sostenere che le antiche colonne vaticane - aldilà degli studi specifici che le datano al II-III secolo d.C. - risultano compatibili con l’architettura palestinese dei secoli precedenti (e in particolare con lo “stile palestinese del II Tempio”) e dunque apparirebbe verosimile che la presenza di questo tipo di colonne nella pergula contenga un riferimento al Tempio. Né si può escludere che Costantino nella pergola intendesse rievocare l’atmosfera del Tempio dal momento che uno dei principali consiglieri dell’imperatore Costantino, Eusebio vescovo di Cesarea, era sostenitore dell’importanza dell’evocazione del Tempio nelle chiese cristiane e autore di una ricostruzione in pianta di Gerusalemme e del Tempio di Salomone (probabilmente inserite nell’Onomasticon, nella Corographia o in qualche studio indipendente). L’uso di colonne spiraliformi, variamente decorate, in luoghi di particolare valore religioso ha quindi origine nell’arte palestinese di epoca ellenistica e si mantiene costante nel medioevo, sia in opere architettoniche che in codici miniati, per poi proseguire nel Rinascimento e nei dipinti del XVI secolo, soprattutto a partire dai Cartoni di Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina che ne consacrano la fortuna in pittura. In architettura la fortuna delle colonne salomoniche è legata al Baldacchino di Bernini nella basilica di S. Pietro a Roma che costituisce il preludio alla loro diffusione in retablos, cori e facciate di edifici religiosi; diffusione che si deve non solo al loro significato religioso ma anche alle intrinseche qualità espressive che Bernini per primo sperimenta e dopo di lui gli artisti barocchi proporranno in innumerevoli varianti.
2007
Italia Ebraica. Oltre duemila anni di incontro tra la cultura italiana e l’ebraismo (catalogo della mostra, Tel Aviv, dicembre 2007-gennaio 2008)
9788842214670
Tempio di Salomone; archeologia; Gerusalemme
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Il percorso dei simboli. Salomone da Gerusalemme a Roma / PORTOGHESI TUZI, Stefania. - STAMPA. - (2007), pp. 139-146.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/177629
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