L’analisi della produzione normativa delle confraternite italiane tra XIII e XV secolo – che dal punto di vista dell’organizzazione istituzionale prende a modello le coeve (o quasi ) istituzioni comunali e corporative - ha avuto come principale intento quello di evidenziare il programma ideale di vita del buon fedele, con particolare riguardo agli aspetti devozionali, liturgici, sacramentali e più genericamente comportamentali. Anzi è proprio l’aspetto relativo ai comportamenti nel vivere quotidiano che ha fornito elementi di maggior interesse. Infatti, per quanto riguarda la religiosità espressa dai pii sodalizi italiani, la mia ricerca ha messo in rilievo tra gli elementi più significativi, peraltro già segnalati dalla storiografia in materia, da una parte la grande diffusione della devozione penitenziale nelle confraternite dei ‘battuti’, la quale – pur con una ritualità molto più contenuta – rimane una tra le pratiche in uso ancora nel ‘500; la riduzione delle occasioni di incontro tra soci al di fuori delle devozioni comuni istituzionalmente stabilite, come ad esempio il banchetto sociale, che o scompare del tutto o viene completamente trasformato; dall’altra l’aumento progressivo della cerimonialità liturgica e delle manifestazioni pubbliche come le processioni o le feste patronali. L’unico elemento costante nel tempo, sempre ribadito e regolamentato con cura, è l’attenzione per le onoranze funebri e per le commemorazioni verso i confratelli defunti. Invece nessuna approfondita analisi si è finora concentrata sul codice morale proprio di un buon confratello, codice morale che, unitamente alle pratiche religiose e caritative, aveva come obbiettivo finale la salvezza dell’anima e giustificava l’adesione ad un pio sodalizio. L’esame sul lungo periodo delle norme che vietavano l’ingresso a specifiche categorie di peccatori o di lavoratori, considerati ‘a rischio’ per l’attività che praticavano, o quelle sui motivi d’espulsione, delineano un quadro non statico dei comportamenti considerati desiderabili per un buon cristiano. Infine per mettere meglio a fuoco il ruolo delle confraternite nella vita sociale e religiosa è sembrato opportuno valutare la presenza – non sempre permessa - delle donne nei pii sodalizi, presenza che in alcune realtà non si limiterà ad essere semplicemente di adesione passiva ma assumerà dei connotati di attiva partecipazione, cosa questa puntualmente rilevata anche dagli statuti, oltre che da altre tipologie di fonti.
Statuti confraternali italiani del tardo medioevo. Aspetti religiosi e comportamentali, / Esposito, Anna. - STAMPA. - (2009), pp. 297-309.
Statuti confraternali italiani del tardo medioevo. Aspetti religiosi e comportamentali,
ESPOSITO, Anna
2009
Abstract
L’analisi della produzione normativa delle confraternite italiane tra XIII e XV secolo – che dal punto di vista dell’organizzazione istituzionale prende a modello le coeve (o quasi ) istituzioni comunali e corporative - ha avuto come principale intento quello di evidenziare il programma ideale di vita del buon fedele, con particolare riguardo agli aspetti devozionali, liturgici, sacramentali e più genericamente comportamentali. Anzi è proprio l’aspetto relativo ai comportamenti nel vivere quotidiano che ha fornito elementi di maggior interesse. Infatti, per quanto riguarda la religiosità espressa dai pii sodalizi italiani, la mia ricerca ha messo in rilievo tra gli elementi più significativi, peraltro già segnalati dalla storiografia in materia, da una parte la grande diffusione della devozione penitenziale nelle confraternite dei ‘battuti’, la quale – pur con una ritualità molto più contenuta – rimane una tra le pratiche in uso ancora nel ‘500; la riduzione delle occasioni di incontro tra soci al di fuori delle devozioni comuni istituzionalmente stabilite, come ad esempio il banchetto sociale, che o scompare del tutto o viene completamente trasformato; dall’altra l’aumento progressivo della cerimonialità liturgica e delle manifestazioni pubbliche come le processioni o le feste patronali. L’unico elemento costante nel tempo, sempre ribadito e regolamentato con cura, è l’attenzione per le onoranze funebri e per le commemorazioni verso i confratelli defunti. Invece nessuna approfondita analisi si è finora concentrata sul codice morale proprio di un buon confratello, codice morale che, unitamente alle pratiche religiose e caritative, aveva come obbiettivo finale la salvezza dell’anima e giustificava l’adesione ad un pio sodalizio. L’esame sul lungo periodo delle norme che vietavano l’ingresso a specifiche categorie di peccatori o di lavoratori, considerati ‘a rischio’ per l’attività che praticavano, o quelle sui motivi d’espulsione, delineano un quadro non statico dei comportamenti considerati desiderabili per un buon cristiano. Infine per mettere meglio a fuoco il ruolo delle confraternite nella vita sociale e religiosa è sembrato opportuno valutare la presenza – non sempre permessa - delle donne nei pii sodalizi, presenza che in alcune realtà non si limiterà ad essere semplicemente di adesione passiva ma assumerà dei connotati di attiva partecipazione, cosa questa puntualmente rilevata anche dagli statuti, oltre che da altre tipologie di fonti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.