ABSTRACT Roberto Miccú The European constitutionalism and the challenge of national constitutional identity in the "narrative" on constitutionalism and constitution for the European Union undertaken by legal science have expressed different cultures and traditions, political and constitutional, as well as visions of the future European base of which it is possible to identify different approaches, which roughly correspond to different stages of European integration itself. In the course of this narrative, the ideas and the forms taken by the experience its underlying legal integration have been - we might say - a process of mutual influence and transformation. If, from the point of view of positive law, the doctrinal dispute of the last years of the twentieth century has focused on whether or not a supranational constitution, the reconstruction of the process of European integration can be articulated at least three different perspectives: the "functionalist "the federalist and that, recently, is known as" multilevel constitutionalism ". The functionalist view identified in the case law of the Court of Justice of the European Communities and its reception by national constitutional courts elements of a constitutional process: the emergence of the principles of direct effect and supremacy of Community law over national law were seen as the characteristic features of a constitution built through judicial interpretation. The prospect of "functionalist" has, however, always left in the background the question of the constitutional approach of the integration process. Some of the founding fathers of the European community and the proponents of functionalism matrix monnetiana shared with the philosophy of "federalist" the "ultimate goal" of the "Federation". Only the association to which they thought was a "stateless Federation", whose implementation was entrusted to the long time of a gradual process, typically incremental. This theoretical assumption is a real point of rupture with the isomorfisno nation-state-territory of the European legal tradition. Sovereignty, according to functionalism, can be divided and this division can arise from a plurality of spaces non-state, non-political and, in this sense, de-territorialized. The federalist vision, as it is known, has stressed the need to reach a political transition through the drafting of a European constitution mold Federal authentically. From the point of view of the history of ideas of European federalism, the contribution of Spinelli remains of fundamental importance for European integration, expressing at the same time, a specific constitutional tradition, the one inherent in the internationalist vision and institutional pluralism, typical of Italian regionalism. As has been recently highlighted "in the history of Italian regionalism coexist two souls that correspond to very different conceptions of the role of local government in the constitutional assembly. [...] The first is the soul municipalistica, to imprint strongly garantista. It because it follows the tradition of democratic government in the history of Italian and he exalted the component of 'defense' from interference of centralized power. [...] The second is the soul federalist, who conceived the fight against centralization and in favor of autonomy as they battle for the creation and dissemination of popular sovereignty, a sovereignty articulated and organized on several levels among their co-ordinates. Through the 'federation of free forces, you would have to implement the ideal of integration between democracy at the national, local and supranational. " Now, you can not deny that, at least initially, the model of '"Europeanism federalist" was, in essence, the U.S. Constitutional Convention and a revolutionary transformation, expression of the constituent power of the people ("We the People"). The creation of a E

ABSTRACT Roberto Miccú Il costituzionalismo europeo e la sfida delle identità costituzionali nazionali Nella “narrazione” sul costituzionalismo e la costituzione per l’Unione europea intrapresa dalla scienza giuridica si sono espresse diverse culture e tradizioni politico-costituzionali, nonché visioni del futuro europeo, alla base delle quali è possibile individuare diversi approcci, cui corrispondono approssimativamente diverse fasi della stessa integrazione europea . Nel corso di questa narrazione, le idee e le forme assunte dall’esperienza giuridica dell’integrazione ad essa sottostante hanno subito – potremmo dire – un processo di reciproca influenza e trasformazione. Se dal punto di vista del diritto positivo, la disputa dottrinale degli ultimi anni del XX secolo si è incentrata sull’esistenza o meno di una costituzione sovranazionale, le ricostruzione del processo di integrazione europea si possono articolare almeno secondo tre differenti prospettive: quella “funzionalista”, quella federalista e quella che, di recente, è nota come “costituzionalismo multilivello”. La visione funzionalista ha individuato nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e nella sua ricezione da parte delle corti costituzionali nazionali elementi di un processo di costituzionalizzazione: l’emersione dei principi di efficacia diretta e di supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale sono stati visti come i tratti caratterizzanti di una costituzione costruita attraverso l’interpretazione giudiziaria . La prospettiva “funzionalista” ha, tuttavia, sempre lasciato sullo sfondo la questione dell’approccio costituzionale del processo d’integrazione. Alcuni dei padri fondatori dell’Europa comunitaria e dei fautori del funzionalismo di matrice monnetiana condividevano con la filosofia “federalista” la “meta finale” della “Federazione”. Solo che la Federazione alla quale essi pensavano era una “Federazione senza Stato”, la cui realizzazione era affidata ai tempi lunghi di un processo graduale, tipicamente incrementale. Questo assunto teorico rappresenta un vero punto di cesura con l’isomorfisno popolo-stato-territorio della tradizione giuridica europea. La sovranità, secondo il funzionalismo, può essere divisa e da questa divisione può nascere una pluralità di spazi non statali, non politici e, in questo senso, de-territorializzati. La visione federalista, come è noto, ha insistito sulla necessità di addivenire ad un passaggio politico mediante la redazione di una costituzione europea di stampo autenticamente federale . Dal punto di vista della storia delle idee del federalismo europeo, il contributo di Altiero Spinelli rimane di fondamentale importanza per l’integrazione europea, esprimendo, al tempo stesso, una specifica tradizione costituzionale, quella insita nella visione internazionalista e del pluralismo istituzionale, tipica del regionalismo italiano . Come è stato, di recente, evidenziato, «nella storia del regionalismo italiano convivono due anime che corrispondono a concezioni profondamente differenti del ruolo delle autonomie territoriali nell’assetto costituzionale complessivo. [...] La prima è l’anima municipalistica, di impronta spiccatamente garantista. Essa si riallacciava alla tradizione delle libertà comunali nella storia italiana e ne esaltava la componente di ‘difesa’ dalle ingerenze di un potere accentrato. [...] La seconda è l’anima federalista, che concepì la lotta contro l’accentramento e a favore delle autonomie come battaglia per la realizzazione e la diffusione della sovranità popolare, una sovranità articolata e organizzata su più livelli fra loro coordinati. Attraverso la ‘federazione delle forze libere, si sarebbe dovuto attuare l’ideale dell’integrazione fra democrazia a livello nazionale, locale e sopranazionale» . Ora, non si può negare che, almeno inizialmente, il modello dell’“europeismo federalista” fosse, in sostanza, quello statunitense della Convenzione costituzionale e di una trasformazione rivoluzionaria, espressione del potere costituente di un popolo (“We the People”). La creazione di una Federazione europea al quale gli Stati avrebbero conferito ampie porzioni dei loro poteri in settori strategici e fondamentali della sovranità, quali la politica estera, la difesa, la politica economica. Tuttavia, quale che sia la recezione delle narrative federali statunitensi da parte del federalismo europeo, rimane, tuttavia, una distinzione fondamentale tra la natura propriamente nazionalistica del processo di federalizzazione delle unità statali nordamericane e la natura sovranazionalistica del processo di federalizzazione degli stati nazionali europei . Proprio il nazionalismo metodologico mostra ad un certo punto del processo di integrazione tutte le sue insufficienze – descrittive e normative – nel costruire una credibile narrativa del futuro dell’Unione europea . Non a caso, nei tempi più recenti, grazie soprattutto all’apporto degli studiosi del diritto costituzionale, e in connessione con l’evoluzione oggettiva del processo di integrazione, si è cominciato a porre il problema della corrispondenza dell’ordinamento fondamentale dell’Unione con il concetto di costituzione in senso normativo ereditato dalla tradizione del costituzionalismo e dalla teoria dello Stato . Con riferimento specifico all’Italia, probabilmente non è in errore chi ritiene che l’approccio funzionalista delle origini abbia rappresentato uno tra i motivi per cui, fino alla seconda metà degli anni Ottanta – con alcune importanti eccezioni – il lento e progressivo avanzare del processo di integrazione non può dirsi sia stato colto dalla scienza del diritto pubblico in tutta la sua portata dalla scienza italiana del diritto pubblico . Il dubbioso scetticismo che ancora nel 1967 esprimeva ad esempio Massimo Severo Giannini circa l’esistenza di un diritto costituzionale e amministrativo europeo deve dirsi oggi in gran parte superato . L’ampliamento delle funzioni attribuite alle Comunità ed all’Unione ed il riconoscimento dei diritti fondamentali ai cittadini europei ha condotto al superamento di tali ostacoli, in effetti già pienamente riscontrabili nell’epoca in cui Giannini scriveva. Gli sviluppi più recenti hanno fatto maturare nel più ampio dibattito europeo sono maturate sia le posizioni di chi, come Dieter Grimm oppure Niklas Luhmann, hanno evidenziato un processo generale di erosione della stessa forza normativa della costituzione statuale, sia quelle di chi giunge, invece, ad affermare l’esistenza di una costituzione europea, evidenziando l’insufficienza delle ricostruzioni che utilizzano le tradizionali categorie giuridiche fondate sul binomio Stato-costituzione. Ciò che sembra potersi affermare con decisione è che oggi le due visioni tradizionali, vengono ibridate e finiscono col confluire in una lettura della realtà istituzionale ispirata da entrambe, confermando la vetustà dell’equiparazione tra federalismo e stato federale . Sia che si parli di costituzionalizzazione dei trattati istitutivi, sia che si parli di internazionalizzazione delle costituzioni nazionali, sia che si cerchi una via di mezzo nella nuova figura del trattato costituzionale o della costituzione composita, lo ius publicum europeum rileva l’impraticabilità della tradizionale distinzione nazionale/internazionale ovvero interno/esterno su cui la dottrina tradizionale aveva costruito la distinzione costituzione/trattato . Prospettive ricostruttive come quelle di Ingolf Pernice, con la sua teoria del multilevel constitutionalism, hanno avuto il merito di porre in maniera chiara la questione di una “sdrammatizzazione” del momento costituente, insieme all’idea di una costituzione composita per l’Europa . In altri termini, la progressiva integrazione europea avrebbe dato ormai vita ad un ordinamento composito, ove convivono più entità sovrane che mantengono i loro diritti e le loro istituzioni, ma nello stesso tempo riconoscono di far parte di un ordinamento più ampio, del quale si giunge persino a ravvisare la superiorità. E, tuttavia, l’Unione Europea non ambirebbe a sostituirsi agli ordinamenti statali, ma in qualche modo finirebbe con l’assorbirli . Di conseguenza, la conformazione, il profilo costituzionale dell’ordinamento comunitario sarebbe riconducibile solo in maniera parziale ai modelli di stato federale, presentandosi come una varia composizione di elementi federali e confederali, con un’aggiunta di amministrazioni di settore . Da un punto di vista teorico, la prospettiva di Pernice si colloca nel contesto del dibattito aperto dalla querelle tra le posizioni di Dieter Grimm e di Jürgen Habermas relativa alla questione se l’Unione Europea avesse o meno bisogno di una Costituzione. E in questo contesto si colloca in maniera originale, affermando in termini nuovi l’”irrilevanza” della questione, dal momento che l’Unione avrebbe già una costituzione multilivello, composta dalle Costituzioni degli Stati membri collegate insieme da un corpo costituzionale complementare costituito dai Trattati europei, e si presenta come un sistema di poteri separati, in cui ciascun livello di governo – regionale, nazionale e sovranazionale – riflette una delle due o più identità politiche dei cittadini rispettivamente coinvolti. In particolare, va sottolineato come la prima formulazione della teoria di Ingolf Pernice del Verfassungsverbund o della “constitution composé”, altrimenti nota con la sua denominazione anglosassone di “multilevel constitutionalism” , sia nata nel periodo a cavallo tra il Trattato di Maastricht e il Trattato di Amsterdam. La formula del costituzionalismo multilivello ha incontrato da allora una crescente fortuna scientifica, dimostrandosi - anche al di là della sua costruzione teorica originaria – una sintesi verbale e un “paradigma” interpretativo potenzialmente in grado di catturare un imponente processo di trasformazione del diritto e delle istituzioni non solo europee, ma anche nazionali e regionali, e di riorganizzare intorno ad esso i discorsi dei costituzionalisti. Le riflessioni prendono spunto dall’insufficienza dell’approccio stato-centrico e di quello internazionalistico all’UE, dalla consapevolezza dell’impossibilità di comprendere gli ordinamenti nazionali e quello comunitario senza un rinvio da parte dei primi al secondo e viceversa. Da questa intuizione parte la successiva riflessione che, sostenendo l’esistenza di una Costituzione europea, sviluppa l’idea di una costituzione integrata, composita , espressione di un multilevel constitutionalism, riunione di almeno due livelli di governo diversi: quello nazionale e quello comunitario. Questa ricostruzione si basa su un presupposto fondamentale, sfuggito per lo più a chi pur sostiene l’esistenza di una costituzione europea: l’ordinamento comunitario preso in sé è un ordinamento monco, incompleto, che non riesce a fondare un ordine giuridico autonomo, che ha bisogno degli ordinamenti statali e che di questi si nutre. I Trattati hanno bisogno delle Costituzioni nazionali e dei loro principi a cui, in alcuni casi, si fa espresso rinvio (art. 6, c. 2 TUE, ora artt. 2-3 del nuovo Trattato di Lisbona). Il proposito è quello di concepire le costituzioni nazionali e il diritto primario dell’UE come elementi di un “sistema costituzionale unico, composito o integrato, in tedesco un Verfassungsverbund, una unione di costituzioni, oppure, più semplicemente, di considerare questo insieme di norme costituzionali a due livelli come la costituzione integrata” . Tale realtà sarebbe il coordinarsi di un livello nazionale e di uno sovranazionale. Ciò implica la scissione fra la nozione di Stato e quella di Costituzione e di conseguenza il rigetto di quel filone di pensiero che (in modo diverso) lega la Costituzione ad un’unità politica preesistente. In questo ultimo senso la Costituzione è il modo di essere dello Stato, la forma della stessa unità politica, mentre per Pernice occorre ricostruire un concetto “post-nazionale” di Costituzione, guardando più generalmente alla sua funzione di strumento attraverso il quale le società organizzano il proprio contratto politico, svincolandolo dal concetto di Stato . Un tale approccio cerca di rendere giustizia alla costitutiva molteplicità del fenomeno europeo (di culture, di identità): la cittadinanza come condivisione di status, come legame funzionale non etnico, che permette, per altro, la molteplicità delle appartenenze; la convinzione che la legittimazione venga da questo popolo non etnico; l’idea non della condivisione della sovranità, ma della sua composizione; l’accezione di Costituzione non come dato, ma come processo; la Costituzione vista non come manifestazione di un ordinamento statico, ma come il risultato (continuamente in rivisitazione) di un processo costituzionale, specchio dell’incessante dinamica integrativa. La dialettica costituiva tra principi di omogeneità (costituzionale) europea e identità (costituzionale) nazionale Dopo la Dichiarazione di Laeken, i lavori della Convenzione di Bruxelles, il testo del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e, infine, i testi del cd. Trattato di Lisbona, i capitoli e i paragrafi della “narrazione costituzionale” europea hanno preso ulteriore forma (scritta) , anche se ancora faticosa appare l’opera di individuazione/rimeditazione delle categorie che possono servire a rappresentare con nomi adeguati la realtà di cose nuove. Troppo spesso, infatti, al riconoscimento dell’Unione come organizzazione politica sui generis si accompagna una sorta di impotenza classificatoria, una assoluta tabula rasa dei concetti e delle categorie tramandate dalla tradizione etatistica dello jus publicum europaeum, trascurandosi di verificare in concreto quali categorie abbiano ancora una qualche ragione di resistere all’avvento del “phénomène nouveau” . Dal momento che in questa sede non è possibile un più ampio approfondimento, per il quale si fa rinvio ad altri testi , può essere utile sintetizzare il ragionamento in alcune fondamentali tesi. La prima tesi (1) muove dalla necessità di abbandonare questa sorta di impotenza classificatoria, per individuare quei concetti che resistendo alla crisi della tradizione statualistica, possono essere utilmente applicati all’Unione europea e all’ordinamento costituzionale europeo nel suo complesso. Direttamente collegata a questa affermazione di natura metodologica è la seconda tesi (2): è possibile – da Maastricht in poi – individuare alcuni principi fondamentali che hanno insieme una lunga e sperimentata storia concettuale, politico-sociale ed istituzionale, ma anche una sufficiente elasticità interpretativa tale da giustificare un utile accostamento alla realtà dell’Unione Europea. Tale è, ad esempio, il principio di omogeneità costituzionale, sia nella sua accezione sostanziale (valoriale), che in quella istituzionale o organizzativa . Questo principio risulta rafforzato dal Trattato di Lisbona – che in questo riprende il Trattato costituzionale, sia pure con alcune contraddizioni che vanno sottolineate. La terza tesi (3) che si vuole argomentare con maggior approfondimento riguarda la relazione dialettica che si viene ad instaurare tra il principio espresso nella clausola di omogeneità e il principio del rispetto della identità nazionale, così come articolata nel Trattato di Lisbona (e prima nel Trattato costituzionale), una dialettica costitutiva dell’Unione e del suo processo di costituzionalizzazione che, in quanto tale, non può che condurre alla rappresentazione di una “costituzione contestata”. Una rappresentazione che non costituisce comunque affatto una novità se solo si pensa – ancora una volta - all’esperienza del federalismo e del costituzionalismo nord-americano . In effetti, l’evoluzione dell’ordinamento comunitario, del suo apparato istituzionale e delle sue modalità di funzionamento hanno portato ad un sorta di progressiva mimesi della statualità, in particolare delle forme organizzative di tipo federale, esprimendo, però, probabilmente una «capacità selettiva di quegli elementi strutturali e funzionali che in passato, nel loro complesso, erano stati tipici degli Stati nazionali e della loro forma organizzativa, ma che oggi forse non sono tutti e del tutto indispensabili per organizzare una comunità politica unitaria» . Nella ricostruzione dei passaggi che hanno condotto alla proclamazione della Carta dei diritti è stato possibile vedere ancora una volta all’opera questa logica del “come se” in una manifestazione tanto palese, nel suo puntare alla definitiva “cattura costituzionale” dell’Unione europea , da sembrare che dovesse rappresentarne probabilmente il limite estremo di funzionalità . In realtà, con il “passo indietro” rispetto al Trattato costituzionale rappresentato dai due Trattati di Lisbona, la logica del “come se” sembra essere tornata a riaffiorare nelle dinamiche dell’integrazione. In ogni caso, lo studioso del processo costituzionale europeo non può trascurare che tutti gli “eventi” di questi ultimi anni, sia pure in maniera diversa , abbiano contribuito a dare una diversa consistenza alla sfera pubblica europea, pur nel suo concreto atteggiarsi come sfera pubblica priva di un demos unitario ovvero caratterizzata da una molteplicità di demoi di riferimento . In tal senso, non si può non ricordare – con Habermas - che il processo di formazione di una comunità politicamente costituita e di una corrispondente sfera pubblica vanno immaginate come un processo circolare , in cui né l’una né l’altra possono darsi come presupposte. Il complesso di queste vicende istituzionali e le nuove acquisizioni della dimensione normativa dei Trattati europei costituisce il segnale inequivocabile del livello di integrazione politica raggiunto dai membri dell’Unione Europea, un’integrazione fondata su alcuni principi costituzionali, sul rispetto dei diritti fondamentali, così come fissati nell’art. 6 TUE, ma anche su uno specifico meccanismo posto a garanzia di questi ultimi (art. 7 TUE). Negli attuali articoli 6 e 7 TUE (ora artt. 2, 6 e 7 TUE nella versione consolidata del Trattato di Lisbona) questa omogeneità trova la sua codificazione in una clausola che rafforza l’articolazione di una comunità di valori e fissa il riconoscimento della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto come formula di autoidentificazione politica dell’Europa. Quanto detto finora fa emergere, sia pure in una prima approssimazione, il senso della seconda tesi: il principio di omogeneità nelle sue due componenti, “sostanziale” e “istituzionale”, racchiude un principio fondamentale del diritto costituzionale comune europeo, un principio ‘ordinatore’ utile per spiegare l’attuale stadio di evoluzione dell’ordinamento dell’Unione Europea in rapporto a quello degli Stati membri. In particolare, il principio di omogeneità viene assunto al tempo stesso come presupposto del processo di costituzionalizzazione e di federalizzazione dell’Unione, nonché come fattore produttivo e conformativo del medesimo, un fattore produttivo dell’identità costituzionale dell’Unione. Come si è sostenuto con riferimento al diritto dei trattati attualmente in vigore, già sulla base di una interpretazione sistematica dell’art 6 TUE si poteva dedurre una coincidenza tra la sfera dell’omogenità costituzionale e quella della identità costituzionale, in particolare alla luce del 3 comma dell’articolo in questione ove si affermava che l’Unione deve rispettare l’identità nazionale degli Stati membri. Come è stato, anche di recente rilevato, “l’accoglimento di una prescrizione sulla tutela dell’identità costituzionale dello Stato membro può acquisire un peculiare (e differente) significato solo se considerato in alterità a quella dell’identità costituzionale dell’Unione europea” . Non a caso, prima il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e poi il Trattato di Lisbona hanno specificato il contenuto dell’dentità nazionale, facendo espresso riferimento alla “loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali”. L’omogeneità, quindi, come principio ordinatore a base dei rapporti tra i diversi ordinamenti costituzionali parziali e l’unione costituzionale nel suo complesso, ma anche chiave di lettura del processo costituzionalizzazione dell’Unione Europea, in particolare nel suo rapporto dialettico con l’altro principio a valenza costituzionale di cui al comma 3 dell’attuale art. 6 TUE comma 3 (ora art. 4 comma 2) e cioè il rispetto delle identità nazionali degli Stati membri. Questo principio viene rafforzato dalla lettura del Tribunale costituzionale federale. Questa lettura viene confermata dal testo del nuovo Trattato sull’Unione firmato a Lisbona, ove all’art. 4 secondo comma e seguenti si stabilisce che: «2. L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro. 3. In virtù del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione». Secondo la terza tesi che si è sostenuta, trova qui conferma l’idea che, in questi due principi – di omogeneità costituzionale europea e di tutela dell’identità costituzionale degli Stati membri - trova espressione una ‘invariante’ del processo di integrazione costituzionale europea, cioè il suo fondamento su una “doppia legittimazione”, quella che nasce dall’interno della costruzione europea e quella che deriva dagli ordinamenti nazionali, così che l’aspirazione e la realtà di una Costituzione per l’Europa, non può che trovarsi in una Costituzione integrata su più livelli , una costituzione fondata su una integrazione dialettica formata, da una parte, da un Trattato costituzionale, dall’altra dalle diverse Costituzioni dei Paesi membri, insieme alle loro diverse dimensioni costituzionali interne .

Il costituzionalismo europeo e la sfida delle identità costituzionali nazionali / Miccu', Roberto. - (2010), pp. 1573-1594.

Il costituzionalismo europeo e la sfida delle identità costituzionali nazionali

MICCU', Roberto
2010

Abstract

ABSTRACT Roberto Miccú The European constitutionalism and the challenge of national constitutional identity in the "narrative" on constitutionalism and constitution for the European Union undertaken by legal science have expressed different cultures and traditions, political and constitutional, as well as visions of the future European base of which it is possible to identify different approaches, which roughly correspond to different stages of European integration itself. In the course of this narrative, the ideas and the forms taken by the experience its underlying legal integration have been - we might say - a process of mutual influence and transformation. If, from the point of view of positive law, the doctrinal dispute of the last years of the twentieth century has focused on whether or not a supranational constitution, the reconstruction of the process of European integration can be articulated at least three different perspectives: the "functionalist "the federalist and that, recently, is known as" multilevel constitutionalism ". The functionalist view identified in the case law of the Court of Justice of the European Communities and its reception by national constitutional courts elements of a constitutional process: the emergence of the principles of direct effect and supremacy of Community law over national law were seen as the characteristic features of a constitution built through judicial interpretation. The prospect of "functionalist" has, however, always left in the background the question of the constitutional approach of the integration process. Some of the founding fathers of the European community and the proponents of functionalism matrix monnetiana shared with the philosophy of "federalist" the "ultimate goal" of the "Federation". Only the association to which they thought was a "stateless Federation", whose implementation was entrusted to the long time of a gradual process, typically incremental. This theoretical assumption is a real point of rupture with the isomorfisno nation-state-territory of the European legal tradition. Sovereignty, according to functionalism, can be divided and this division can arise from a plurality of spaces non-state, non-political and, in this sense, de-territorialized. The federalist vision, as it is known, has stressed the need to reach a political transition through the drafting of a European constitution mold Federal authentically. From the point of view of the history of ideas of European federalism, the contribution of Spinelli remains of fundamental importance for European integration, expressing at the same time, a specific constitutional tradition, the one inherent in the internationalist vision and institutional pluralism, typical of Italian regionalism. As has been recently highlighted "in the history of Italian regionalism coexist two souls that correspond to very different conceptions of the role of local government in the constitutional assembly. [...] The first is the soul municipalistica, to imprint strongly garantista. It because it follows the tradition of democratic government in the history of Italian and he exalted the component of 'defense' from interference of centralized power. [...] The second is the soul federalist, who conceived the fight against centralization and in favor of autonomy as they battle for the creation and dissemination of popular sovereignty, a sovereignty articulated and organized on several levels among their co-ordinates. Through the 'federation of free forces, you would have to implement the ideal of integration between democracy at the national, local and supranational. " Now, you can not deny that, at least initially, the model of '"Europeanism federalist" was, in essence, the U.S. Constitutional Convention and a revolutionary transformation, expression of the constituent power of the people ("We the People"). The creation of a E
2010
Studi in onore di Vincenzo Atripaldi
9788824319492
ABSTRACT Roberto Miccú Il costituzionalismo europeo e la sfida delle identità costituzionali nazionali Nella “narrazione” sul costituzionalismo e la costituzione per l’Unione europea intrapresa dalla scienza giuridica si sono espresse diverse culture e tradizioni politico-costituzionali, nonché visioni del futuro europeo, alla base delle quali è possibile individuare diversi approcci, cui corrispondono approssimativamente diverse fasi della stessa integrazione europea . Nel corso di questa narrazione, le idee e le forme assunte dall’esperienza giuridica dell’integrazione ad essa sottostante hanno subito – potremmo dire – un processo di reciproca influenza e trasformazione. Se dal punto di vista del diritto positivo, la disputa dottrinale degli ultimi anni del XX secolo si è incentrata sull’esistenza o meno di una costituzione sovranazionale, le ricostruzione del processo di integrazione europea si possono articolare almeno secondo tre differenti prospettive: quella “funzionalista”, quella federalista e quella che, di recente, è nota come “costituzionalismo multilivello”. La visione funzionalista ha individuato nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e nella sua ricezione da parte delle corti costituzionali nazionali elementi di un processo di costituzionalizzazione: l’emersione dei principi di efficacia diretta e di supremazia del diritto comunitario sul diritto nazionale sono stati visti come i tratti caratterizzanti di una costituzione costruita attraverso l’interpretazione giudiziaria . La prospettiva “funzionalista” ha, tuttavia, sempre lasciato sullo sfondo la questione dell’approccio costituzionale del processo d’integrazione. Alcuni dei padri fondatori dell’Europa comunitaria e dei fautori del funzionalismo di matrice monnetiana condividevano con la filosofia “federalista” la “meta finale” della “Federazione”. Solo che la Federazione alla quale essi pensavano era una “Federazione senza Stato”, la cui realizzazione era affidata ai tempi lunghi di un processo graduale, tipicamente incrementale. Questo assunto teorico rappresenta un vero punto di cesura con l’isomorfisno popolo-stato-territorio della tradizione giuridica europea. La sovranità, secondo il funzionalismo, può essere divisa e da questa divisione può nascere una pluralità di spazi non statali, non politici e, in questo senso, de-territorializzati. La visione federalista, come è noto, ha insistito sulla necessità di addivenire ad un passaggio politico mediante la redazione di una costituzione europea di stampo autenticamente federale . Dal punto di vista della storia delle idee del federalismo europeo, il contributo di Altiero Spinelli rimane di fondamentale importanza per l’integrazione europea, esprimendo, al tempo stesso, una specifica tradizione costituzionale, quella insita nella visione internazionalista e del pluralismo istituzionale, tipica del regionalismo italiano . Come è stato, di recente, evidenziato, «nella storia del regionalismo italiano convivono due anime che corrispondono a concezioni profondamente differenti del ruolo delle autonomie territoriali nell’assetto costituzionale complessivo. [...] La prima è l’anima municipalistica, di impronta spiccatamente garantista. Essa si riallacciava alla tradizione delle libertà comunali nella storia italiana e ne esaltava la componente di ‘difesa’ dalle ingerenze di un potere accentrato. [...] La seconda è l’anima federalista, che concepì la lotta contro l’accentramento e a favore delle autonomie come battaglia per la realizzazione e la diffusione della sovranità popolare, una sovranità articolata e organizzata su più livelli fra loro coordinati. Attraverso la ‘federazione delle forze libere, si sarebbe dovuto attuare l’ideale dell’integrazione fra democrazia a livello nazionale, locale e sopranazionale» . Ora, non si può negare che, almeno inizialmente, il modello dell’“europeismo federalista” fosse, in sostanza, quello statunitense della Convenzione costituzionale e di una trasformazione rivoluzionaria, espressione del potere costituente di un popolo (“We the People”). La creazione di una Federazione europea al quale gli Stati avrebbero conferito ampie porzioni dei loro poteri in settori strategici e fondamentali della sovranità, quali la politica estera, la difesa, la politica economica. Tuttavia, quale che sia la recezione delle narrative federali statunitensi da parte del federalismo europeo, rimane, tuttavia, una distinzione fondamentale tra la natura propriamente nazionalistica del processo di federalizzazione delle unità statali nordamericane e la natura sovranazionalistica del processo di federalizzazione degli stati nazionali europei . Proprio il nazionalismo metodologico mostra ad un certo punto del processo di integrazione tutte le sue insufficienze – descrittive e normative – nel costruire una credibile narrativa del futuro dell’Unione europea . Non a caso, nei tempi più recenti, grazie soprattutto all’apporto degli studiosi del diritto costituzionale, e in connessione con l’evoluzione oggettiva del processo di integrazione, si è cominciato a porre il problema della corrispondenza dell’ordinamento fondamentale dell’Unione con il concetto di costituzione in senso normativo ereditato dalla tradizione del costituzionalismo e dalla teoria dello Stato . Con riferimento specifico all’Italia, probabilmente non è in errore chi ritiene che l’approccio funzionalista delle origini abbia rappresentato uno tra i motivi per cui, fino alla seconda metà degli anni Ottanta – con alcune importanti eccezioni – il lento e progressivo avanzare del processo di integrazione non può dirsi sia stato colto dalla scienza del diritto pubblico in tutta la sua portata dalla scienza italiana del diritto pubblico . Il dubbioso scetticismo che ancora nel 1967 esprimeva ad esempio Massimo Severo Giannini circa l’esistenza di un diritto costituzionale e amministrativo europeo deve dirsi oggi in gran parte superato . L’ampliamento delle funzioni attribuite alle Comunità ed all’Unione ed il riconoscimento dei diritti fondamentali ai cittadini europei ha condotto al superamento di tali ostacoli, in effetti già pienamente riscontrabili nell’epoca in cui Giannini scriveva. Gli sviluppi più recenti hanno fatto maturare nel più ampio dibattito europeo sono maturate sia le posizioni di chi, come Dieter Grimm oppure Niklas Luhmann, hanno evidenziato un processo generale di erosione della stessa forza normativa della costituzione statuale, sia quelle di chi giunge, invece, ad affermare l’esistenza di una costituzione europea, evidenziando l’insufficienza delle ricostruzioni che utilizzano le tradizionali categorie giuridiche fondate sul binomio Stato-costituzione. Ciò che sembra potersi affermare con decisione è che oggi le due visioni tradizionali, vengono ibridate e finiscono col confluire in una lettura della realtà istituzionale ispirata da entrambe, confermando la vetustà dell’equiparazione tra federalismo e stato federale . Sia che si parli di costituzionalizzazione dei trattati istitutivi, sia che si parli di internazionalizzazione delle costituzioni nazionali, sia che si cerchi una via di mezzo nella nuova figura del trattato costituzionale o della costituzione composita, lo ius publicum europeum rileva l’impraticabilità della tradizionale distinzione nazionale/internazionale ovvero interno/esterno su cui la dottrina tradizionale aveva costruito la distinzione costituzione/trattato . Prospettive ricostruttive come quelle di Ingolf Pernice, con la sua teoria del multilevel constitutionalism, hanno avuto il merito di porre in maniera chiara la questione di una “sdrammatizzazione” del momento costituente, insieme all’idea di una costituzione composita per l’Europa . In altri termini, la progressiva integrazione europea avrebbe dato ormai vita ad un ordinamento composito, ove convivono più entità sovrane che mantengono i loro diritti e le loro istituzioni, ma nello stesso tempo riconoscono di far parte di un ordinamento più ampio, del quale si giunge persino a ravvisare la superiorità. E, tuttavia, l’Unione Europea non ambirebbe a sostituirsi agli ordinamenti statali, ma in qualche modo finirebbe con l’assorbirli . Di conseguenza, la conformazione, il profilo costituzionale dell’ordinamento comunitario sarebbe riconducibile solo in maniera parziale ai modelli di stato federale, presentandosi come una varia composizione di elementi federali e confederali, con un’aggiunta di amministrazioni di settore . Da un punto di vista teorico, la prospettiva di Pernice si colloca nel contesto del dibattito aperto dalla querelle tra le posizioni di Dieter Grimm e di Jürgen Habermas relativa alla questione se l’Unione Europea avesse o meno bisogno di una Costituzione. E in questo contesto si colloca in maniera originale, affermando in termini nuovi l’”irrilevanza” della questione, dal momento che l’Unione avrebbe già una costituzione multilivello, composta dalle Costituzioni degli Stati membri collegate insieme da un corpo costituzionale complementare costituito dai Trattati europei, e si presenta come un sistema di poteri separati, in cui ciascun livello di governo – regionale, nazionale e sovranazionale – riflette una delle due o più identità politiche dei cittadini rispettivamente coinvolti. In particolare, va sottolineato come la prima formulazione della teoria di Ingolf Pernice del Verfassungsverbund o della “constitution composé”, altrimenti nota con la sua denominazione anglosassone di “multilevel constitutionalism” , sia nata nel periodo a cavallo tra il Trattato di Maastricht e il Trattato di Amsterdam. La formula del costituzionalismo multilivello ha incontrato da allora una crescente fortuna scientifica, dimostrandosi - anche al di là della sua costruzione teorica originaria – una sintesi verbale e un “paradigma” interpretativo potenzialmente in grado di catturare un imponente processo di trasformazione del diritto e delle istituzioni non solo europee, ma anche nazionali e regionali, e di riorganizzare intorno ad esso i discorsi dei costituzionalisti. Le riflessioni prendono spunto dall’insufficienza dell’approccio stato-centrico e di quello internazionalistico all’UE, dalla consapevolezza dell’impossibilità di comprendere gli ordinamenti nazionali e quello comunitario senza un rinvio da parte dei primi al secondo e viceversa. Da questa intuizione parte la successiva riflessione che, sostenendo l’esistenza di una Costituzione europea, sviluppa l’idea di una costituzione integrata, composita , espressione di un multilevel constitutionalism, riunione di almeno due livelli di governo diversi: quello nazionale e quello comunitario. Questa ricostruzione si basa su un presupposto fondamentale, sfuggito per lo più a chi pur sostiene l’esistenza di una costituzione europea: l’ordinamento comunitario preso in sé è un ordinamento monco, incompleto, che non riesce a fondare un ordine giuridico autonomo, che ha bisogno degli ordinamenti statali e che di questi si nutre. I Trattati hanno bisogno delle Costituzioni nazionali e dei loro principi a cui, in alcuni casi, si fa espresso rinvio (art. 6, c. 2 TUE, ora artt. 2-3 del nuovo Trattato di Lisbona). Il proposito è quello di concepire le costituzioni nazionali e il diritto primario dell’UE come elementi di un “sistema costituzionale unico, composito o integrato, in tedesco un Verfassungsverbund, una unione di costituzioni, oppure, più semplicemente, di considerare questo insieme di norme costituzionali a due livelli come la costituzione integrata” . Tale realtà sarebbe il coordinarsi di un livello nazionale e di uno sovranazionale. Ciò implica la scissione fra la nozione di Stato e quella di Costituzione e di conseguenza il rigetto di quel filone di pensiero che (in modo diverso) lega la Costituzione ad un’unità politica preesistente. In questo ultimo senso la Costituzione è il modo di essere dello Stato, la forma della stessa unità politica, mentre per Pernice occorre ricostruire un concetto “post-nazionale” di Costituzione, guardando più generalmente alla sua funzione di strumento attraverso il quale le società organizzano il proprio contratto politico, svincolandolo dal concetto di Stato . Un tale approccio cerca di rendere giustizia alla costitutiva molteplicità del fenomeno europeo (di culture, di identità): la cittadinanza come condivisione di status, come legame funzionale non etnico, che permette, per altro, la molteplicità delle appartenenze; la convinzione che la legittimazione venga da questo popolo non etnico; l’idea non della condivisione della sovranità, ma della sua composizione; l’accezione di Costituzione non come dato, ma come processo; la Costituzione vista non come manifestazione di un ordinamento statico, ma come il risultato (continuamente in rivisitazione) di un processo costituzionale, specchio dell’incessante dinamica integrativa. La dialettica costituiva tra principi di omogeneità (costituzionale) europea e identità (costituzionale) nazionale Dopo la Dichiarazione di Laeken, i lavori della Convenzione di Bruxelles, il testo del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e, infine, i testi del cd. Trattato di Lisbona, i capitoli e i paragrafi della “narrazione costituzionale” europea hanno preso ulteriore forma (scritta) , anche se ancora faticosa appare l’opera di individuazione/rimeditazione delle categorie che possono servire a rappresentare con nomi adeguati la realtà di cose nuove. Troppo spesso, infatti, al riconoscimento dell’Unione come organizzazione politica sui generis si accompagna una sorta di impotenza classificatoria, una assoluta tabula rasa dei concetti e delle categorie tramandate dalla tradizione etatistica dello jus publicum europaeum, trascurandosi di verificare in concreto quali categorie abbiano ancora una qualche ragione di resistere all’avvento del “phénomène nouveau” . Dal momento che in questa sede non è possibile un più ampio approfondimento, per il quale si fa rinvio ad altri testi , può essere utile sintetizzare il ragionamento in alcune fondamentali tesi. La prima tesi (1) muove dalla necessità di abbandonare questa sorta di impotenza classificatoria, per individuare quei concetti che resistendo alla crisi della tradizione statualistica, possono essere utilmente applicati all’Unione europea e all’ordinamento costituzionale europeo nel suo complesso. Direttamente collegata a questa affermazione di natura metodologica è la seconda tesi (2): è possibile – da Maastricht in poi – individuare alcuni principi fondamentali che hanno insieme una lunga e sperimentata storia concettuale, politico-sociale ed istituzionale, ma anche una sufficiente elasticità interpretativa tale da giustificare un utile accostamento alla realtà dell’Unione Europea. Tale è, ad esempio, il principio di omogeneità costituzionale, sia nella sua accezione sostanziale (valoriale), che in quella istituzionale o organizzativa . Questo principio risulta rafforzato dal Trattato di Lisbona – che in questo riprende il Trattato costituzionale, sia pure con alcune contraddizioni che vanno sottolineate. La terza tesi (3) che si vuole argomentare con maggior approfondimento riguarda la relazione dialettica che si viene ad instaurare tra il principio espresso nella clausola di omogeneità e il principio del rispetto della identità nazionale, così come articolata nel Trattato di Lisbona (e prima nel Trattato costituzionale), una dialettica costitutiva dell’Unione e del suo processo di costituzionalizzazione che, in quanto tale, non può che condurre alla rappresentazione di una “costituzione contestata”. Una rappresentazione che non costituisce comunque affatto una novità se solo si pensa – ancora una volta - all’esperienza del federalismo e del costituzionalismo nord-americano . In effetti, l’evoluzione dell’ordinamento comunitario, del suo apparato istituzionale e delle sue modalità di funzionamento hanno portato ad un sorta di progressiva mimesi della statualità, in particolare delle forme organizzative di tipo federale, esprimendo, però, probabilmente una «capacità selettiva di quegli elementi strutturali e funzionali che in passato, nel loro complesso, erano stati tipici degli Stati nazionali e della loro forma organizzativa, ma che oggi forse non sono tutti e del tutto indispensabili per organizzare una comunità politica unitaria» . Nella ricostruzione dei passaggi che hanno condotto alla proclamazione della Carta dei diritti è stato possibile vedere ancora una volta all’opera questa logica del “come se” in una manifestazione tanto palese, nel suo puntare alla definitiva “cattura costituzionale” dell’Unione europea , da sembrare che dovesse rappresentarne probabilmente il limite estremo di funzionalità . In realtà, con il “passo indietro” rispetto al Trattato costituzionale rappresentato dai due Trattati di Lisbona, la logica del “come se” sembra essere tornata a riaffiorare nelle dinamiche dell’integrazione. In ogni caso, lo studioso del processo costituzionale europeo non può trascurare che tutti gli “eventi” di questi ultimi anni, sia pure in maniera diversa , abbiano contribuito a dare una diversa consistenza alla sfera pubblica europea, pur nel suo concreto atteggiarsi come sfera pubblica priva di un demos unitario ovvero caratterizzata da una molteplicità di demoi di riferimento . In tal senso, non si può non ricordare – con Habermas - che il processo di formazione di una comunità politicamente costituita e di una corrispondente sfera pubblica vanno immaginate come un processo circolare , in cui né l’una né l’altra possono darsi come presupposte. Il complesso di queste vicende istituzionali e le nuove acquisizioni della dimensione normativa dei Trattati europei costituisce il segnale inequivocabile del livello di integrazione politica raggiunto dai membri dell’Unione Europea, un’integrazione fondata su alcuni principi costituzionali, sul rispetto dei diritti fondamentali, così come fissati nell’art. 6 TUE, ma anche su uno specifico meccanismo posto a garanzia di questi ultimi (art. 7 TUE). Negli attuali articoli 6 e 7 TUE (ora artt. 2, 6 e 7 TUE nella versione consolidata del Trattato di Lisbona) questa omogeneità trova la sua codificazione in una clausola che rafforza l’articolazione di una comunità di valori e fissa il riconoscimento della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto come formula di autoidentificazione politica dell’Europa. Quanto detto finora fa emergere, sia pure in una prima approssimazione, il senso della seconda tesi: il principio di omogeneità nelle sue due componenti, “sostanziale” e “istituzionale”, racchiude un principio fondamentale del diritto costituzionale comune europeo, un principio ‘ordinatore’ utile per spiegare l’attuale stadio di evoluzione dell’ordinamento dell’Unione Europea in rapporto a quello degli Stati membri. In particolare, il principio di omogeneità viene assunto al tempo stesso come presupposto del processo di costituzionalizzazione e di federalizzazione dell’Unione, nonché come fattore produttivo e conformativo del medesimo, un fattore produttivo dell’identità costituzionale dell’Unione. Come si è sostenuto con riferimento al diritto dei trattati attualmente in vigore, già sulla base di una interpretazione sistematica dell’art 6 TUE si poteva dedurre una coincidenza tra la sfera dell’omogenità costituzionale e quella della identità costituzionale, in particolare alla luce del 3 comma dell’articolo in questione ove si affermava che l’Unione deve rispettare l’identità nazionale degli Stati membri. Come è stato, anche di recente rilevato, “l’accoglimento di una prescrizione sulla tutela dell’identità costituzionale dello Stato membro può acquisire un peculiare (e differente) significato solo se considerato in alterità a quella dell’identità costituzionale dell’Unione europea” . Non a caso, prima il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e poi il Trattato di Lisbona hanno specificato il contenuto dell’dentità nazionale, facendo espresso riferimento alla “loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali”. L’omogeneità, quindi, come principio ordinatore a base dei rapporti tra i diversi ordinamenti costituzionali parziali e l’unione costituzionale nel suo complesso, ma anche chiave di lettura del processo costituzionalizzazione dell’Unione Europea, in particolare nel suo rapporto dialettico con l’altro principio a valenza costituzionale di cui al comma 3 dell’attuale art. 6 TUE comma 3 (ora art. 4 comma 2) e cioè il rispetto delle identità nazionali degli Stati membri. Questo principio viene rafforzato dalla lettura del Tribunale costituzionale federale. Questa lettura viene confermata dal testo del nuovo Trattato sull’Unione firmato a Lisbona, ove all’art. 4 secondo comma e seguenti si stabilisce che: «2. L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro. 3. In virtù del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione». Secondo la terza tesi che si è sostenuta, trova qui conferma l’idea che, in questi due principi – di omogeneità costituzionale europea e di tutela dell’identità costituzionale degli Stati membri - trova espressione una ‘invariante’ del processo di integrazione costituzionale europea, cioè il suo fondamento su una “doppia legittimazione”, quella che nasce dall’interno della costruzione europea e quella che deriva dagli ordinamenti nazionali, così che l’aspirazione e la realtà di una Costituzione per l’Europa, non può che trovarsi in una Costituzione integrata su più livelli , una costituzione fondata su una integrazione dialettica formata, da una parte, da un Trattato costituzionale, dall’altra dalle diverse Costituzioni dei Paesi membri, insieme alle loro diverse dimensioni costituzionali interne .
Costituzionalismo europeo; omogeneità costituzionale; identità costituzionale; Trattato di Lisbona; costituzionalismo multilivello
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Il costituzionalismo europeo e la sfida delle identità costituzionali nazionali / Miccu', Roberto. - (2010), pp. 1573-1594.
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