Lo stato dei luoghi (ante operam). Un lungo corridoio triste e male illuminato. Uno spazio da sempre considerato secondario e di servizio con una parete contro terra ed una piena di varchi e aperture. Un susseguirsi di usi e funzioni, d’interventi e manomissioni, al costante inseguimento delle emergenze cui far fronte nella gestione quotidiana della facoltà che lo avevano reso sempre più uno spazio senz’anima. Così si presentava, sino agli inizi del 2020, il lungo corridoio al piano terra del primo nucleo edilizio progettato da Del Debbio per l’allora giovane Facoltà di Architettura di Roma nel 1932. Dorsali impiantistiche e canaline a vista di ogni genere e forma; uno zoccolo in travertino a taglio industriale montato negli anni 60 del secolo scorso a protezione delle pareti; un sistema d’illuminazione eterogeneo senza alcuna qualità e i resti di una mostra sull’epopea del 68' lasciata a deformarsi lungo una parete contro la quale erano adagiate alcune sedute recuperate dall’adeguamento di alcune aule; tutto concorreva a rendere il corridoio un ambiente senza qualità. Le scelte strategiche È subito apparso evidente come il mettere mano allo smontaggio delle dorsali impiantistiche avrebbe significato ridiscutere l’intera organizzazione dell’edificio, con costi e tempi pari all’impegno tecnico che l’operazione avrebbe richiesto. Si è quindi deciso di operare solo con interventi di rimodulazione e modificazione dei sistemi liminari e di allestimento dell’invaso spaziale; operazioni che potremmo definire di piccola scala ma non per questo meno significative in termini di percezione e uso dello spazio. Dal punto di vista progettuale la prima scelta strategica è stata quella del “camouflage” cromatico posto in essere sull’intero sistema della fodera interna dello spazio, rendendo le ingombranti volumetrie impiantistiche omogenee alle superfici murarie intonacate. Una verniciatura di colore nero ha neutralizzato questo “mondo di sopra” scendendo verticalmente sulle pareti fino allo zoccolo in travertino. Quest’ultimo è stato bocciardato sino a una altezza di venti centimetri dal pavimento in modo da recuperare una vibrazione tonale e una maggiore presenza materica e chiaroscurale. Parallelamente a questa operazione cromatica si è affiancata una seconda scelta strategica che, sempre con l’intento di neutralizzare le presenze critiche degli impianti, è stata indirizzata a creare una sorta di “cielo artificiale” costituito da una teoria di barre luminose e binari elettrificati impostati alla quota dell’estradosso delle porte. In questo modo l’attenzione di chi fruisce dello spazio è tutta concentrata sulle superfici liminari al di sotto del piano luminoso senza per questo perdere la sensazione di ampiezza data dall’altezza effettiva del volume interno che si percepisce come “presenza”. Una terza scelta strategica, la più importante, ha inteso articolare il lungo ambiente con l’introduzione di una serie di grandi prismi scatolari sospesi, sorta di lanterne che idealmente richiamano alla mente dei lucernari. Questi volumi, come “canon a lumiere virtuali”, scandiscono lo spazio animandolo plasticamente e luministicamente. La loro è anche una funzione da “macchina scenica”: l’interno, dotato di diffusori direzionali, funge da campana sonora; è illuminato con lampade RGB che possono variare di colorazione tramite una centralina di controllo Dali mentre l’esterno è anch’esso dipinto di nero per annullarne la consistenza fisica e rinforzare la presenza visiva del piano luminoso. Il perimetro inferiore è attrezzato con binari paralleli su cui montare tende a filamenti (tripoline) per generare quinte o costruire superfici sulle quali sei videoproiettori led, full HD, possono proiettare immagini in sincrono con l’audio delle campane sonore, senza impedire per questo la libera percorrenza dello spazio. I binari possono anche portare pannelli espositivi od oggetti sospesi lasciando prefigurare una infinità di scenari allestitivi. Una quarta scelta strategica ha inteso attrezzare lo spazio con una serie di dispositivi ostensivi. Il primo e più evidente è costituito da un lungo pannello verticale in massello multistrato di abete, sabbiato per mantenere la vibrazione della materia e verniciato a poro aperto in un bianco sporco per risaltare sull’omogeneità dello sfondo nero dell’intero invaso spaziale; la sua superficie è incisa a disegnare quello che abbiamo chiamato "il pentagramma architettonico": una serie di linee orizzontali che organizzano i 23 metri lineari di lunghezza del pannello proponendo le altezze dei formati UNI quali primi riferimenti per l’allestimento di materiali eterogenei come potrebbero essere quelli di produzione didattica (una delle possibili future funzioni dello spazio espositivo). Il lungo pannello risulta staccato dalla parete muraria a generare uno spazio-giunto nel quale si è inserito un binario (nascosto) per appendere i materiali in esposizione. Il pannello termina in basso con una piccola mensola che assieme ad una serie di prismi rettangolari e tavole in legno massello, con l’aggiunta di piedini regolabili che fungono da connettori tra dispositivi, concorrono a dotare la galleria di un sistema di tavoli, podi o panche che rendono facilmente ipotizzabili una infinita quantità di soluzioni allestitive. La parete contrapposta è attrezzata con una serie di pannelli lignei, tutti dotati di binari nascosti per la pendinatura degli eventuali materiali in esposizione. La prima sperimentazione pratica della galleria ha visto l’allestimento della mostra "100 anni di Scuola di Architettura alla Sapienza di Roma" il cui "pezzo forte" è un’installazione multimediale intitolata “Un viaggio tra storia, idee e protagonisti”, curata da un gruppo di docenti della facoltà con Studio Azzurro che ne ha elaborato i contenuti. La video installazione racconta come e grazie a quali personaggi sia nata la Scuola romana, riferimento per la formazione della figura dell’architetto del ‘900 in Italia e all’estero. Leonardo Sangiorgi di Studio Azzurro l’ha presentata così: «Il tempo scorre e le parole della “storia”, nello stendersi del loro racconto, fermano o tentano continuamente di arrestare il suo fluire. Immaginiamo che questo tentativo sia imperfetto, immaginiamo addirittura di poter seguire, superare o rincorrere e ritornare, alle origini degli eventi. Senza bloccarli, senza arrestare il loro flusso. Immaginate infine di poter fare questo, muovendovi avanti e indietro in uno spazio architettonico, definito appunto “corridoio”. La nostra video-installazione sincronizzata, racconta questo, anche con le voci di testimoni del passato e del futuro».

Galleria espositiva, Facoltà di Architettura, sede di 'Valle Giulia', 'Sapienza' Università degli Studi di Roma / Grimaldi, Andrea; Sansoni, Valeria; Carriero, Livio; Pia Ponti, Maria; Rotondi, Chiara. - (2021).

Galleria espositiva, Facoltà di Architettura, sede di 'Valle Giulia', 'Sapienza' Università degli Studi di Roma

Andrea Grimaldi
;
Valeria Sansoni
Membro del Collaboration Group
;
Livio Carriero
Membro del Collaboration Group
;
Chiara Rotondi
Membro del Collaboration Group
2021

Abstract

Lo stato dei luoghi (ante operam). Un lungo corridoio triste e male illuminato. Uno spazio da sempre considerato secondario e di servizio con una parete contro terra ed una piena di varchi e aperture. Un susseguirsi di usi e funzioni, d’interventi e manomissioni, al costante inseguimento delle emergenze cui far fronte nella gestione quotidiana della facoltà che lo avevano reso sempre più uno spazio senz’anima. Così si presentava, sino agli inizi del 2020, il lungo corridoio al piano terra del primo nucleo edilizio progettato da Del Debbio per l’allora giovane Facoltà di Architettura di Roma nel 1932. Dorsali impiantistiche e canaline a vista di ogni genere e forma; uno zoccolo in travertino a taglio industriale montato negli anni 60 del secolo scorso a protezione delle pareti; un sistema d’illuminazione eterogeneo senza alcuna qualità e i resti di una mostra sull’epopea del 68' lasciata a deformarsi lungo una parete contro la quale erano adagiate alcune sedute recuperate dall’adeguamento di alcune aule; tutto concorreva a rendere il corridoio un ambiente senza qualità. Le scelte strategiche È subito apparso evidente come il mettere mano allo smontaggio delle dorsali impiantistiche avrebbe significato ridiscutere l’intera organizzazione dell’edificio, con costi e tempi pari all’impegno tecnico che l’operazione avrebbe richiesto. Si è quindi deciso di operare solo con interventi di rimodulazione e modificazione dei sistemi liminari e di allestimento dell’invaso spaziale; operazioni che potremmo definire di piccola scala ma non per questo meno significative in termini di percezione e uso dello spazio. Dal punto di vista progettuale la prima scelta strategica è stata quella del “camouflage” cromatico posto in essere sull’intero sistema della fodera interna dello spazio, rendendo le ingombranti volumetrie impiantistiche omogenee alle superfici murarie intonacate. Una verniciatura di colore nero ha neutralizzato questo “mondo di sopra” scendendo verticalmente sulle pareti fino allo zoccolo in travertino. Quest’ultimo è stato bocciardato sino a una altezza di venti centimetri dal pavimento in modo da recuperare una vibrazione tonale e una maggiore presenza materica e chiaroscurale. Parallelamente a questa operazione cromatica si è affiancata una seconda scelta strategica che, sempre con l’intento di neutralizzare le presenze critiche degli impianti, è stata indirizzata a creare una sorta di “cielo artificiale” costituito da una teoria di barre luminose e binari elettrificati impostati alla quota dell’estradosso delle porte. In questo modo l’attenzione di chi fruisce dello spazio è tutta concentrata sulle superfici liminari al di sotto del piano luminoso senza per questo perdere la sensazione di ampiezza data dall’altezza effettiva del volume interno che si percepisce come “presenza”. Una terza scelta strategica, la più importante, ha inteso articolare il lungo ambiente con l’introduzione di una serie di grandi prismi scatolari sospesi, sorta di lanterne che idealmente richiamano alla mente dei lucernari. Questi volumi, come “canon a lumiere virtuali”, scandiscono lo spazio animandolo plasticamente e luministicamente. La loro è anche una funzione da “macchina scenica”: l’interno, dotato di diffusori direzionali, funge da campana sonora; è illuminato con lampade RGB che possono variare di colorazione tramite una centralina di controllo Dali mentre l’esterno è anch’esso dipinto di nero per annullarne la consistenza fisica e rinforzare la presenza visiva del piano luminoso. Il perimetro inferiore è attrezzato con binari paralleli su cui montare tende a filamenti (tripoline) per generare quinte o costruire superfici sulle quali sei videoproiettori led, full HD, possono proiettare immagini in sincrono con l’audio delle campane sonore, senza impedire per questo la libera percorrenza dello spazio. I binari possono anche portare pannelli espositivi od oggetti sospesi lasciando prefigurare una infinità di scenari allestitivi. Una quarta scelta strategica ha inteso attrezzare lo spazio con una serie di dispositivi ostensivi. Il primo e più evidente è costituito da un lungo pannello verticale in massello multistrato di abete, sabbiato per mantenere la vibrazione della materia e verniciato a poro aperto in un bianco sporco per risaltare sull’omogeneità dello sfondo nero dell’intero invaso spaziale; la sua superficie è incisa a disegnare quello che abbiamo chiamato "il pentagramma architettonico": una serie di linee orizzontali che organizzano i 23 metri lineari di lunghezza del pannello proponendo le altezze dei formati UNI quali primi riferimenti per l’allestimento di materiali eterogenei come potrebbero essere quelli di produzione didattica (una delle possibili future funzioni dello spazio espositivo). Il lungo pannello risulta staccato dalla parete muraria a generare uno spazio-giunto nel quale si è inserito un binario (nascosto) per appendere i materiali in esposizione. Il pannello termina in basso con una piccola mensola che assieme ad una serie di prismi rettangolari e tavole in legno massello, con l’aggiunta di piedini regolabili che fungono da connettori tra dispositivi, concorrono a dotare la galleria di un sistema di tavoli, podi o panche che rendono facilmente ipotizzabili una infinita quantità di soluzioni allestitive. La parete contrapposta è attrezzata con una serie di pannelli lignei, tutti dotati di binari nascosti per la pendinatura degli eventuali materiali in esposizione. La prima sperimentazione pratica della galleria ha visto l’allestimento della mostra "100 anni di Scuola di Architettura alla Sapienza di Roma" il cui "pezzo forte" è un’installazione multimediale intitolata “Un viaggio tra storia, idee e protagonisti”, curata da un gruppo di docenti della facoltà con Studio Azzurro che ne ha elaborato i contenuti. La video installazione racconta come e grazie a quali personaggi sia nata la Scuola romana, riferimento per la formazione della figura dell’architetto del ‘900 in Italia e all’estero. Leonardo Sangiorgi di Studio Azzurro l’ha presentata così: «Il tempo scorre e le parole della “storia”, nello stendersi del loro racconto, fermano o tentano continuamente di arrestare il suo fluire. Immaginiamo che questo tentativo sia imperfetto, immaginiamo addirittura di poter seguire, superare o rincorrere e ritornare, alle origini degli eventi. Senza bloccarli, senza arrestare il loro flusso. Immaginate infine di poter fare questo, muovendovi avanti e indietro in uno spazio architettonico, definito appunto “corridoio”. La nostra video-installazione sincronizzata, racconta questo, anche con le voci di testimoni del passato e del futuro».
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