"Né Chietino mi sento, né Luterano". Storiografia e cultura erasmiana durante il pontificato di Paolo III

Nella prima metà del XVI secolo molti letterati della penisola si dedicarono alla stesura di opere storiche riguardanti le coeve vicende politiche e religiose. Tra questi vanno annoverati anche alcuni autori meno celebri, tra i quali Paolo Giovio, Girolamo Borgia, Jacopo Bonfadio e Giovanni Guidiccioni. Ecclesiastici, di formazione umanistica, accomunati da un forte interesse per la contemporaneità e da esigenze di riforma, conobbero e apprezzarono le opere di Erasmo da Rotterdam. Attivi prevalentemente negli anni Trenta e Quaranta del Cinquecento, provenienti da diverse regioni italiane, ma tutti strettamenti legati alla città di Roma, dove trascorsero lunghi periodi di studio o di lavoro, si avvalsero della protezione di alti prelati e, in alcuni casi, del pontefice Paolo III Farnese, divenendo vescovi o ricoprendo incarichi politici di rilievo. Il saggio intende mettere in relazione alcuni dati dei percorsi biografici e delle opere di questi umanisti per suffragare l’ipotesi dell’esistenza in Italia, negli anni del pontificato farnesiano, precedenti alla chiusura confessionale in campo religioso e all’affermazione della presenza spagnola in vaste regioni della penisola, di un filone storiografico che, ispirandosi al pensiero e alle opere di Erasmo, rifletté sul crollo del sistema degli Stati italiani e sul disagio che travagliò la Chiesa nei primi decenni del Cinquecento, ponendo in stretta relazione la questione del rinnovamento morale dei costumi con quella della crisi politica peninsulare.