Il lavoro si è posto come obiettivo quello di trattare il tema della crisi del gruppo di imprese nell’ottica della cooperazione giudiziaria e del coordinamento tra procedure aperte nei confronti delle singole componenti dell’impresa molecolare. È dato ampiamente conosciuto che il gruppo si caratterizzi per il c.d. bipolarismo tra unità sostanziale e pluralità formale delle imprese che lo compongono. Detto bipolarismo rappresenta la chiave di successo del fenomeno del gruppo: una delle funzioni più rilevanti assolte dalle singole società è invero quella di ripartire il rischio d’impresa, destinando una parte del patrimonio del soggetto economico (il capitale proprio delle società controllate) alla soddisfazione di ben determinate obbligazioni (quelle che fanno capo alle singole società controllate). Fenomeno, quest’ultimo, che prende il nome di assets partitioning. A ben vedere, i vantaggi che derivano dall’assets partitioning sono molteplici. Esso, invero: i) incoraggia gli investimenti di larga scala; ii) promuove l’efficienza del mercato dei capitali; iii) riduce i costi di negoziazione; iv) stimola il rischio imprenditoriale. Per mantenere coerenza con la funzione assolta dall’assets partitioning nella fase fisiologica, sembra corretto ritenere che anche nella fase patologica ogni singola società risponda solo ed esclusivamente delle obbligazioni assunte con il proprio patrimonio, con la conseguente apertura di procedure di crisi autonome per ogni componente del gruppo. L’apertura di distinte procedure può, tuttavia, determinare la disgregazione del complesso produttivo e la perdita di valore del patrimonio del gruppo complessivamente considerato. La tesi ha avuto l’obiettivo di analizzare le singole misure di coordinamento e/o di cooperazione che gli ordinamenti nazionali o sovranazionali, nonché i testi di soft law, predispongono al fine di rendere maggiormente efficiente la gestione della crisi del gruppo di imprese. A tal fine, l’analisi ha preso le mosse dalla evidenziazione degli interessi coinvolti dalla e nella crisi del gruppo, partendo dal concetto di direzione unitaria, intesa come attività di coordinamento e d’indirizzo, esercitata dalla capogruppo nei confronti delle società controllate, al fine dell’organizzazione e della valorizzazione economica del “controllo” su una pluralità di società e potenzialmente in grado di ledere gli interessi sia dei soci di minoranza sia dei creditori delle società del gruppo. L’indagine poi è proseguita analizzando i problemi che sorgono in ipotesi di crisi. In particolare, si è osservato che le questioni mutano a seconda che la crisi sia estesa a tutto il gruppo (c.d. crisi “del” gruppo); ovvero colpisca solo una (o poche) società (crisi “nel” gruppo). Ancora, è stato considerato come le soluzioni ai problemi generati dalla crisi del gruppo variano (o dovrebbero variare) in dipendenza del grado d’integrazione economica che esiste tra le varie componenti dell’impresa molecolare. All’aumentare del grado di integrazione, più stretta dovrebbe essere la connessione tra le procedure aperte nei confronti di queste ultime. Parimenti rilevante, ai fini dell’analisi che qui si propone, è la dimensione geografica dell’articolazione del gruppo, la composizione dei diversi interessi in gioco complicandosi notevolmente in caso di crisi di “gruppo multinazionale”. In tale ipotesi, invero, alle problematiche generate dalla crisi del gruppo domestico, si aggiungono le questioni tipicamente internazional-privatistiche – quali, ad esempio, quelle legate alla competenza giurisdizionale; all’individuazione della legge applicabile; al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze straniere; agli strumenti di cooperazione tra autorità –, che rendono ancor più difficile la ricerca di un efficiente sistema di soluzione dell’insolvenza del gruppo. Partendo da tali premesse, si è evidenziato come lo strumento di soluzione della crisi da adottare al caso specifico dipenderà da come il gruppo avrà operato sul mercato durante la fase fisiologica, nell’idea che il diritto della crisi dovrebbe porsi, da questo punto di vista, come elemento neutro rispetto alla struttura organizzativa del gruppo in bonis. In tale ottica si è proceduto all’analisi delle forme di coordinamento e/o cooperazione elaborate nella prassi internazionale e che si fondano, appunto, sul grado di integrazione economica delle imprese del gruppo e sull’articolazione geografica del medesimo, partendo dalle figure del consolidamento, sostanziale (o patrimoniale) o procedurale; per poi passare agli strumenti di cooperazione e coordinamento in senso stretto, soffermando l’attenzione sulla relativamente recente procedura di coordinamento di gruppo disciplinata dal Regolamento UE n. 848/2015; e per concludere, infine, con l’analisi dettagliata di un particolare strumento di cooperazione – quello attualmente più utilizzato nella prassi internazionale, specialmente nell’ambito dei gruppi cross-border –, ossia l’insolvency protocol. Più in particolare, i meccanismi di cui trattasi possono essere distinti in tre categorie: a) quelli che prevedono l’apertura di un’unitaria procedura d’insolvenza con unificazione delle masse attive e passive di ogni singola società (substantial consolidation). b) quelli che prevedono per le imprese, in crisi o insolventi, del gruppo la facoltà di proporre con un unico ricorso l’apertura di un’unitaria procedura d’insolvenza, fermo restando in ogni caso l’autonomia delle rispettive masse attive e passive (procedural consolidation); c) quelli che prevedono l’apertura di autonome procedure d’insolvenza con obblighi reciproci di informazione e di collaborazione tra gli organi di gestione delle diverse procedure (cooperazione e coordinamento). Nel procedere all’analisi di tali strumenti o meccanismi si è tentato di delineare di ciascuno i contorni caratteristici e differenziali. a) Con riferimento al consolidamento sostanziale, s’è indagata nel dettaglio la ratio, le condizioni al ricorrere delle quali viene ammesso e gli effetti che esso determina nei confronti dei soggetti coinvolti dalla (e nella) crisi del gruppo. Può dirsi che il consolidamento sostanziale genera diversi problemi, soprattutto con riferimento al mercato del credito. Se è vero, infatti, che una delle ragioni (forse la principale) che giustificano il fenomeno di gruppo è da rintracciare nella separazione dei patrimoni delle diverse società che lo compongono e dunque nel fenomeno dell’assets partitioning che essa separazione determina; è del tutto intuitivo che intanto il frazionamento della responsabilità patrimoniale determinerà una riduzione del rischio d’impresa, in quanto l’autonomia patrimoniale si conservi anche in caso di apertura del concorso. Parrebbe iniquo, d’altronde, immaginare che proprio nelle procedure concorsuali, laddove si ha la più nitida concretizzazione dell’autonomia patrimoniale, gli assets delle società collegate si fondino al fine di rispondere congiuntamente alle obbligazioni assunte dal gruppo nel suo complesso. Tale strumento potrebbe, al più, essere utilizzato solo quando il gruppo si presenti talmente integrato da rendere l’identificazione delle singole masse attive e passive delle imprese che lo compongono operazione anti-economica per i creditori di queste ultime. b) Al di fuori dell’ipotesi testé menzionata, è indubbio che debba essere preferito lo strumento della procedural consolidation. Come anticipato, il consolidamento procedurale consente l’apertura di un’unitaria procedura concorsuale che coinvolge le varie società insolventi del gruppo, pur restando ferma l’autonomia delle rispettive masse attive e passive. Lo strumento è d’ispirazione statunitense, ove alla rule 1015 (b) del Federal Rules of Bankruptcy Procedure è così stabilito: “If a joint petition or two or more petitions are pending in the same court by or against a debtor and an affiliate, the court may order a joint administration of the estates”. Sempre nel Federal Rules of Bankruptcy Procedure – alla rule 2009 (a) – è stabilito che: “If the court orders a joint administration of two or more estates under Rule 1015(b), creditors may elect a single trustee for the estates being jointly administered”. La ratio sottesa alle disposizioni citate è quella di evitare la duplicazione di costi ed eventuali ritardi di carattere processuale che – probabilmente – sarebbero concatenati all’apertura di autonome procedure d’insolvenza per le diverse imprese del gruppo, fermo restando, come detto, la separazione delle masse attive e passive, volta ad evitare gli effetti negativi sul mercato del credito che derivano dal consolidamento sostanziale. Sebbene i meccanismi di consolidamento sembrano essere strumenti efficienti per la soluzione della crisi del gruppo domestico, lo stesso non si può dire con riferimento alla crisi del gruppo multinazionale. La differenza risiede essenzialmente nelle questioni internazional-privatistiche che caratterizzano il gruppo multinazionale, e di cui è già detto in precedenza. Al conflitto tipico tra interesse di gruppo e interesse sociale, in ipotesi di gruppo multinazionale si accompagna quello di giurisdizione tra Stati. E’ alla luce di queste considerazioni che per la soluzione della crisi del gruppo multinazionale si ritiene opportuno adottare strumenti di cooperazione e coordinamento. Nella tesi si è proceduto, dunque, all’analisi dei testi di soft e di hard law, quali, rispettivamente, la Guida Legislativa Uncitral del 2010 ed il Regolamento UE n. 848/2015. In tali testi viene disegnato un sistema caratterizzato da procedure parallele, gli organi delle quali cooperano nella misura in cui tale cooperazione serva a facilitare la gestione efficace ed efficiente di tale procedure, non sia incompatibile con le norme ad esse applicabili e non comporti conflitto d’interessi. L’analisi, in ultimo, è stata conclusa con lo studio di un particolare strumento di cooperazione, l’insolvency protocol, del quale si indagherà il contenuto, la funzione, la natura giuridica e gli effetti che da esso derivano.

Cooperazione a coordinamento nella disciplina del gruppo in crisi / Conforto, Marco. - (2019 Dec 03).

Cooperazione a coordinamento nella disciplina del gruppo in crisi

CONFORTO, MARCO
03/12/2019

Abstract

Il lavoro si è posto come obiettivo quello di trattare il tema della crisi del gruppo di imprese nell’ottica della cooperazione giudiziaria e del coordinamento tra procedure aperte nei confronti delle singole componenti dell’impresa molecolare. È dato ampiamente conosciuto che il gruppo si caratterizzi per il c.d. bipolarismo tra unità sostanziale e pluralità formale delle imprese che lo compongono. Detto bipolarismo rappresenta la chiave di successo del fenomeno del gruppo: una delle funzioni più rilevanti assolte dalle singole società è invero quella di ripartire il rischio d’impresa, destinando una parte del patrimonio del soggetto economico (il capitale proprio delle società controllate) alla soddisfazione di ben determinate obbligazioni (quelle che fanno capo alle singole società controllate). Fenomeno, quest’ultimo, che prende il nome di assets partitioning. A ben vedere, i vantaggi che derivano dall’assets partitioning sono molteplici. Esso, invero: i) incoraggia gli investimenti di larga scala; ii) promuove l’efficienza del mercato dei capitali; iii) riduce i costi di negoziazione; iv) stimola il rischio imprenditoriale. Per mantenere coerenza con la funzione assolta dall’assets partitioning nella fase fisiologica, sembra corretto ritenere che anche nella fase patologica ogni singola società risponda solo ed esclusivamente delle obbligazioni assunte con il proprio patrimonio, con la conseguente apertura di procedure di crisi autonome per ogni componente del gruppo. L’apertura di distinte procedure può, tuttavia, determinare la disgregazione del complesso produttivo e la perdita di valore del patrimonio del gruppo complessivamente considerato. La tesi ha avuto l’obiettivo di analizzare le singole misure di coordinamento e/o di cooperazione che gli ordinamenti nazionali o sovranazionali, nonché i testi di soft law, predispongono al fine di rendere maggiormente efficiente la gestione della crisi del gruppo di imprese. A tal fine, l’analisi ha preso le mosse dalla evidenziazione degli interessi coinvolti dalla e nella crisi del gruppo, partendo dal concetto di direzione unitaria, intesa come attività di coordinamento e d’indirizzo, esercitata dalla capogruppo nei confronti delle società controllate, al fine dell’organizzazione e della valorizzazione economica del “controllo” su una pluralità di società e potenzialmente in grado di ledere gli interessi sia dei soci di minoranza sia dei creditori delle società del gruppo. L’indagine poi è proseguita analizzando i problemi che sorgono in ipotesi di crisi. In particolare, si è osservato che le questioni mutano a seconda che la crisi sia estesa a tutto il gruppo (c.d. crisi “del” gruppo); ovvero colpisca solo una (o poche) società (crisi “nel” gruppo). Ancora, è stato considerato come le soluzioni ai problemi generati dalla crisi del gruppo variano (o dovrebbero variare) in dipendenza del grado d’integrazione economica che esiste tra le varie componenti dell’impresa molecolare. All’aumentare del grado di integrazione, più stretta dovrebbe essere la connessione tra le procedure aperte nei confronti di queste ultime. Parimenti rilevante, ai fini dell’analisi che qui si propone, è la dimensione geografica dell’articolazione del gruppo, la composizione dei diversi interessi in gioco complicandosi notevolmente in caso di crisi di “gruppo multinazionale”. In tale ipotesi, invero, alle problematiche generate dalla crisi del gruppo domestico, si aggiungono le questioni tipicamente internazional-privatistiche – quali, ad esempio, quelle legate alla competenza giurisdizionale; all’individuazione della legge applicabile; al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze straniere; agli strumenti di cooperazione tra autorità –, che rendono ancor più difficile la ricerca di un efficiente sistema di soluzione dell’insolvenza del gruppo. Partendo da tali premesse, si è evidenziato come lo strumento di soluzione della crisi da adottare al caso specifico dipenderà da come il gruppo avrà operato sul mercato durante la fase fisiologica, nell’idea che il diritto della crisi dovrebbe porsi, da questo punto di vista, come elemento neutro rispetto alla struttura organizzativa del gruppo in bonis. In tale ottica si è proceduto all’analisi delle forme di coordinamento e/o cooperazione elaborate nella prassi internazionale e che si fondano, appunto, sul grado di integrazione economica delle imprese del gruppo e sull’articolazione geografica del medesimo, partendo dalle figure del consolidamento, sostanziale (o patrimoniale) o procedurale; per poi passare agli strumenti di cooperazione e coordinamento in senso stretto, soffermando l’attenzione sulla relativamente recente procedura di coordinamento di gruppo disciplinata dal Regolamento UE n. 848/2015; e per concludere, infine, con l’analisi dettagliata di un particolare strumento di cooperazione – quello attualmente più utilizzato nella prassi internazionale, specialmente nell’ambito dei gruppi cross-border –, ossia l’insolvency protocol. Più in particolare, i meccanismi di cui trattasi possono essere distinti in tre categorie: a) quelli che prevedono l’apertura di un’unitaria procedura d’insolvenza con unificazione delle masse attive e passive di ogni singola società (substantial consolidation). b) quelli che prevedono per le imprese, in crisi o insolventi, del gruppo la facoltà di proporre con un unico ricorso l’apertura di un’unitaria procedura d’insolvenza, fermo restando in ogni caso l’autonomia delle rispettive masse attive e passive (procedural consolidation); c) quelli che prevedono l’apertura di autonome procedure d’insolvenza con obblighi reciproci di informazione e di collaborazione tra gli organi di gestione delle diverse procedure (cooperazione e coordinamento). Nel procedere all’analisi di tali strumenti o meccanismi si è tentato di delineare di ciascuno i contorni caratteristici e differenziali. a) Con riferimento al consolidamento sostanziale, s’è indagata nel dettaglio la ratio, le condizioni al ricorrere delle quali viene ammesso e gli effetti che esso determina nei confronti dei soggetti coinvolti dalla (e nella) crisi del gruppo. Può dirsi che il consolidamento sostanziale genera diversi problemi, soprattutto con riferimento al mercato del credito. Se è vero, infatti, che una delle ragioni (forse la principale) che giustificano il fenomeno di gruppo è da rintracciare nella separazione dei patrimoni delle diverse società che lo compongono e dunque nel fenomeno dell’assets partitioning che essa separazione determina; è del tutto intuitivo che intanto il frazionamento della responsabilità patrimoniale determinerà una riduzione del rischio d’impresa, in quanto l’autonomia patrimoniale si conservi anche in caso di apertura del concorso. Parrebbe iniquo, d’altronde, immaginare che proprio nelle procedure concorsuali, laddove si ha la più nitida concretizzazione dell’autonomia patrimoniale, gli assets delle società collegate si fondino al fine di rispondere congiuntamente alle obbligazioni assunte dal gruppo nel suo complesso. Tale strumento potrebbe, al più, essere utilizzato solo quando il gruppo si presenti talmente integrato da rendere l’identificazione delle singole masse attive e passive delle imprese che lo compongono operazione anti-economica per i creditori di queste ultime. b) Al di fuori dell’ipotesi testé menzionata, è indubbio che debba essere preferito lo strumento della procedural consolidation. Come anticipato, il consolidamento procedurale consente l’apertura di un’unitaria procedura concorsuale che coinvolge le varie società insolventi del gruppo, pur restando ferma l’autonomia delle rispettive masse attive e passive. Lo strumento è d’ispirazione statunitense, ove alla rule 1015 (b) del Federal Rules of Bankruptcy Procedure è così stabilito: “If a joint petition or two or more petitions are pending in the same court by or against a debtor and an affiliate, the court may order a joint administration of the estates”. Sempre nel Federal Rules of Bankruptcy Procedure – alla rule 2009 (a) – è stabilito che: “If the court orders a joint administration of two or more estates under Rule 1015(b), creditors may elect a single trustee for the estates being jointly administered”. La ratio sottesa alle disposizioni citate è quella di evitare la duplicazione di costi ed eventuali ritardi di carattere processuale che – probabilmente – sarebbero concatenati all’apertura di autonome procedure d’insolvenza per le diverse imprese del gruppo, fermo restando, come detto, la separazione delle masse attive e passive, volta ad evitare gli effetti negativi sul mercato del credito che derivano dal consolidamento sostanziale. Sebbene i meccanismi di consolidamento sembrano essere strumenti efficienti per la soluzione della crisi del gruppo domestico, lo stesso non si può dire con riferimento alla crisi del gruppo multinazionale. La differenza risiede essenzialmente nelle questioni internazional-privatistiche che caratterizzano il gruppo multinazionale, e di cui è già detto in precedenza. Al conflitto tipico tra interesse di gruppo e interesse sociale, in ipotesi di gruppo multinazionale si accompagna quello di giurisdizione tra Stati. E’ alla luce di queste considerazioni che per la soluzione della crisi del gruppo multinazionale si ritiene opportuno adottare strumenti di cooperazione e coordinamento. Nella tesi si è proceduto, dunque, all’analisi dei testi di soft e di hard law, quali, rispettivamente, la Guida Legislativa Uncitral del 2010 ed il Regolamento UE n. 848/2015. In tali testi viene disegnato un sistema caratterizzato da procedure parallele, gli organi delle quali cooperano nella misura in cui tale cooperazione serva a facilitare la gestione efficace ed efficiente di tale procedure, non sia incompatibile con le norme ad esse applicabili e non comporti conflitto d’interessi. L’analisi, in ultimo, è stata conclusa con lo studio di un particolare strumento di cooperazione, l’insolvency protocol, del quale si indagherà il contenuto, la funzione, la natura giuridica e gli effetti che da esso derivano.
3-dic-2019
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
Tesi_dottorato_Conforto.pdf

accesso aperto

Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Creative commons
Dimensione 2.26 MB
Formato Adobe PDF
2.26 MB Adobe PDF

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1350897
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact