Il canto liturgico, praticato sia nei riti sia nelle attività preparatorie alle celebrazioni, assolve un ruolo particolarmente funzionale a favorire la perpetuazione dell’identità comunitaria copta. Uno degli strumenti principali per mantenere, tramandare e custodire l’identità egiziana cristiana è inoltre la partecipazione alla vita della Chiesa. Questo avviene sia mediante la partecipazione ai riti sia grazie ad altre attività che la comunità svolge soprattutto tra le mura della chiesa: luogo percepito come estensione del proprio spazio domestico. In Italia la chiesa è anche lo spazio della condivisione, dove si parla e si ascolta la propria lingua e dove si stringono e rafforzano i legami sociali nel reciproco supporto. La tesi è strutturata in due parti, ciascuna delle quali articolata in tre capitoli. In questo lavoro è stata privilegiata l’analisi di alcune specifiche tematiche: il plurilinguismo rituale, la trasmissione del sapere liturgico-musicale nella diaspora romana e i riti della Settimana Santa. Si tratta di questioni che riguardano processi e repertori per la prima volta considerati sotto un profilo etnomusicologico e che avviano una nuova direzione d’indagine nelle comunità nate fuori dalla terra nel Nilo, alla luce di un quadro generale di riferimento esposto nella prima parte della tesi. L’insieme di questioni trattate nella seconda parte offrono spunti di riflessione che possono essere generalizzati anche al di fuori della comunità copta. A partire dai processi specifici analizzati nella chiesa di San Giorgio vengono difatti proposti alcuni temi centrali per gli studi sulle nuove comunità nate in diaspora, sia in Italia sia altrove. In primo luogo si affronta la problematica delle lingue e dell’adattamento di queste nei nuovi contesti socioculturali. La riflessione sul plurilinguismo rituale copto e la sua relazione con la musica, entro il più generale quadro semantico in cui s’iscrive l’evento sonoro, potrebbe difatti fornire nuove chiavi di lettura anche rispetto ad altre comunità diasporiche, proprio perché la lingua è uno tra i principali vettori dell’identità storico-culturale. I copti conoscono bene, grazie alla loro peculiare vicenda storica, la dinamica d’inglobamento nel rito di una nuova lingua, attraverso un processo di adattamento musicale che la rende a pieno titolo lingua rituale. Un altro tema rilevante è quello dello spazio, particolarmente pregnante per tutte le minoranze che spesso sono costrette ad adattarsi a luoghi non sempre adeguati. Nel caso dei copti lo spazio sacro è stato plasmato affinché diventasse il luogo della trasmissione del sapere liturgico-musicale, sia attraverso l’assorbimento dei canti durante i riti, sia per mezzo delle lezioni di canto e della disposizione delle zone a esse adibite come luogo identitario istituzionale. Un ulteriore aspetto che si presta a una generalizzazione, anche al di fuori del contesto in questa sede indagato, riguarda l’elaborazione del modello analitico del complesso rituale musicale della Baskha. Questo modello, basato sulla segmentazione del continuum sonoro in unità dotate di senso compiuto che ho chiamato “moduli”, può difatti essere applicato ai sistemi musico-rituali di altre Chiese d’Oriente (bizantina, cattolica e ortodossa, slava e greca, e ancora armena, etiope e eritrea, malankarese e malabarese ecc.) in cui il canto svolge analoga funzione centrale nello svolgimento dei riti. L’analisi di un rito, dal punto di vista linguistico e musicale, e le pratiche preparatorie alla sua realizzazione, possono difatti rappresentare un valido strumento di comprensione di dinamiche e processi che caratterizzano la perpetuazione dell’identità delle minoranze cristiane e la loro integrazione nei nuovi contesti diasporici. Attraverso questo tipo di segmentazione analitica un rito può anche rivelare la complessa articolazione delle dinamiche che si manifestano nei contesti della diaspora. Attraverso lo studio dei canti, dei valori simbolici a essi attribuiti, sia dal punto di vista verbale sia melodico, è possibile infatti comprendere un rito e gli adattamenti messi in atto dalla comunità nel nuovo contesto culturale. Per i copti, nella marcata attenzione al mantenimento della tradizione, questo aspetto è riscontrabile nell’introduzione dell’italiano.

Pratiche liturgico-musicali dei copti ortodossi. Il caso della chiesa di San Giorgio Megalomartire a Roma / Rizzuto, Maria. - (2017 Sep 15).

Pratiche liturgico-musicali dei copti ortodossi. Il caso della chiesa di San Giorgio Megalomartire a Roma

RIZZUTO, MARIA
15/09/2017

Abstract

Il canto liturgico, praticato sia nei riti sia nelle attività preparatorie alle celebrazioni, assolve un ruolo particolarmente funzionale a favorire la perpetuazione dell’identità comunitaria copta. Uno degli strumenti principali per mantenere, tramandare e custodire l’identità egiziana cristiana è inoltre la partecipazione alla vita della Chiesa. Questo avviene sia mediante la partecipazione ai riti sia grazie ad altre attività che la comunità svolge soprattutto tra le mura della chiesa: luogo percepito come estensione del proprio spazio domestico. In Italia la chiesa è anche lo spazio della condivisione, dove si parla e si ascolta la propria lingua e dove si stringono e rafforzano i legami sociali nel reciproco supporto. La tesi è strutturata in due parti, ciascuna delle quali articolata in tre capitoli. In questo lavoro è stata privilegiata l’analisi di alcune specifiche tematiche: il plurilinguismo rituale, la trasmissione del sapere liturgico-musicale nella diaspora romana e i riti della Settimana Santa. Si tratta di questioni che riguardano processi e repertori per la prima volta considerati sotto un profilo etnomusicologico e che avviano una nuova direzione d’indagine nelle comunità nate fuori dalla terra nel Nilo, alla luce di un quadro generale di riferimento esposto nella prima parte della tesi. L’insieme di questioni trattate nella seconda parte offrono spunti di riflessione che possono essere generalizzati anche al di fuori della comunità copta. A partire dai processi specifici analizzati nella chiesa di San Giorgio vengono difatti proposti alcuni temi centrali per gli studi sulle nuove comunità nate in diaspora, sia in Italia sia altrove. In primo luogo si affronta la problematica delle lingue e dell’adattamento di queste nei nuovi contesti socioculturali. La riflessione sul plurilinguismo rituale copto e la sua relazione con la musica, entro il più generale quadro semantico in cui s’iscrive l’evento sonoro, potrebbe difatti fornire nuove chiavi di lettura anche rispetto ad altre comunità diasporiche, proprio perché la lingua è uno tra i principali vettori dell’identità storico-culturale. I copti conoscono bene, grazie alla loro peculiare vicenda storica, la dinamica d’inglobamento nel rito di una nuova lingua, attraverso un processo di adattamento musicale che la rende a pieno titolo lingua rituale. Un altro tema rilevante è quello dello spazio, particolarmente pregnante per tutte le minoranze che spesso sono costrette ad adattarsi a luoghi non sempre adeguati. Nel caso dei copti lo spazio sacro è stato plasmato affinché diventasse il luogo della trasmissione del sapere liturgico-musicale, sia attraverso l’assorbimento dei canti durante i riti, sia per mezzo delle lezioni di canto e della disposizione delle zone a esse adibite come luogo identitario istituzionale. Un ulteriore aspetto che si presta a una generalizzazione, anche al di fuori del contesto in questa sede indagato, riguarda l’elaborazione del modello analitico del complesso rituale musicale della Baskha. Questo modello, basato sulla segmentazione del continuum sonoro in unità dotate di senso compiuto che ho chiamato “moduli”, può difatti essere applicato ai sistemi musico-rituali di altre Chiese d’Oriente (bizantina, cattolica e ortodossa, slava e greca, e ancora armena, etiope e eritrea, malankarese e malabarese ecc.) in cui il canto svolge analoga funzione centrale nello svolgimento dei riti. L’analisi di un rito, dal punto di vista linguistico e musicale, e le pratiche preparatorie alla sua realizzazione, possono difatti rappresentare un valido strumento di comprensione di dinamiche e processi che caratterizzano la perpetuazione dell’identità delle minoranze cristiane e la loro integrazione nei nuovi contesti diasporici. Attraverso questo tipo di segmentazione analitica un rito può anche rivelare la complessa articolazione delle dinamiche che si manifestano nei contesti della diaspora. Attraverso lo studio dei canti, dei valori simbolici a essi attribuiti, sia dal punto di vista verbale sia melodico, è possibile infatti comprendere un rito e gli adattamenti messi in atto dalla comunità nel nuovo contesto culturale. Per i copti, nella marcata attenzione al mantenimento della tradizione, questo aspetto è riscontrabile nell’introduzione dell’italiano.
15-set-2017
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1251506
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