The paper discusses the idea of the periphery and the center-periphery dichotomy in the city, to put once again the problem of the suburbs today, with the problems they pose to the lives of people who experience them, and to question the public policy, or rather the lack of policy. Rome is the context, where the most traditional suburbs, sung and discussed by Pasolini, are not the problem anymore, but where a complexity of situations is the product of unequal development, commodification of the city and ambiguity in public policy. The correspondence of a spatial device with a social device (or, rather, with a marginality) is no longer mechanically recognizable. Rome, as perhaps many other cities, is revealed as a "city of cities", a sum of urban contexts often autonomous and interconnected by an alienating mobility. The outskirts of Rome is therefore composed of many different “suburbs”; “periphery” is the city of Rome. Next to the disintegration of the city as we have inherited from history and modernity, we see the wide dissemination, even at the regional level, of “urban” as a mode of existence and organization of the community. If we do not find any more a mechanical spatial correspondence of the center-periphery dichotomy, a "peripheral condition" remains in many parts of the city. Marginality is a situation strongly characterizing many areas of Rome, if not most, and it is so perceived by those who live there. Rather than decreasing, social inequality has increased in the cities. The contemporary city lives of these inequalities. The Roman suburbs are also places abandoned by politics and institutions. Being periphery becomes a problem of citizenship, of belonging to the polis and of membership on equal terms with other citizens, accessibility to the city, with its opportunities and its qualities. At the same time, the suburbs and, in particular, the Roman ones are not places only inert or subordinates. Express rather a lot of vitality, through a host of initiatives, collective efforts, forms of collaboration, self-managed interventions, and even of cultural production and construction of a social solidarity. In fact, they are places that are real social laboratories.

Il contributo ridiscute l’idea di periferia e la dicotomia centro-periferia nella città attuale, per porre ancora una volta la questione delle periferie oggi, con i problemi che pongono alla vita delle persone che le vivono, e per interrogare le politiche pubbliche, o meglio la mancanza di politica. Il contesto è quello di Roma, dove non ci si confronta più con la periferia tradizionale, quella cantata e discussa da Pasolini, ma con una complessità di situazioni prodotto di uno sviluppo diseguale, di una mercificazione della città e di un’ambiguità nelle politiche pubbliche. La corrispondenza di una perifericità spaziale con una perifericità (o, per meglio dire, con una marginalità) sociale non è più meccanicamente riconoscibile nella realtà. Roma, come forse molte altre città, si rivela come una “città di città”, una somma di realtà spesso autonome ed interconnesse tra loro da una mobilità delocalizzante ed estraniante. La periferia di Roma è quindi composta di tante “periferie” diverse, la “periferia” è la città di Roma. Accanto alla disgregazione della città per come l’abbiamo ereditata dalla storia e dalla modernità, assistiamo alla diffusione su scala sovralocale, e al limite regionale, dell’“urbano” come modalità di esistenza e di organizzazione delle collettività. Se non ritroviamo più una meccanica corrispondenza spaziale della dicotomia centro-periferia, ciò non significa che non permanga una “condizione di perifericità” in molte parti della città. La marginalità è una situazione fortemente caratterizzante molti territori di Roma, se non la maggior parte, ed è così percepita da chi ci abita. Più che diminuire, la disuguaglianza sociale è invece cresciuta dentro le città. La città contemporanea vive di queste disuguaglianze. Le periferie romane sono anche luoghi abbandonati dalla politica e dalle istituzioni. L’essere periferia diventa quindi un problema di cittadinanza, di appartenenza alla polis e di appartenenza a pari condizioni con gli altri cittadini, di accessibilità a tutto quello che è la città, con le sue opportunità e le sue qualità. Allo stesso tempo, le periferie urbane e, in particolare, quelle romane non sono luoghi soltanto inerti o subalterni. Esprimono anzi molta vitalità, attraverso una miriade di iniziative, di sforzi collettivi, di forme collaborative, di interventi autogestiti, ed anche di produzione culturale e costruzione di una solidarietà sociale tutta autoprodotta. Di fatto, sono luoghi che costituiscono veri e propri laboratori sociali.

Periferia romana abbandonata e autorganizzata. Pensare oltre le ricuciture / Cellamare, Carlo. - In: LA CRITICA SOCIOLOGICA. - ISSN 1972-5914. - 197(2016), pp. 41-48.

Periferia romana abbandonata e autorganizzata. Pensare oltre le ricuciture

Carlo Cellamare
2016

Abstract

The paper discusses the idea of the periphery and the center-periphery dichotomy in the city, to put once again the problem of the suburbs today, with the problems they pose to the lives of people who experience them, and to question the public policy, or rather the lack of policy. Rome is the context, where the most traditional suburbs, sung and discussed by Pasolini, are not the problem anymore, but where a complexity of situations is the product of unequal development, commodification of the city and ambiguity in public policy. The correspondence of a spatial device with a social device (or, rather, with a marginality) is no longer mechanically recognizable. Rome, as perhaps many other cities, is revealed as a "city of cities", a sum of urban contexts often autonomous and interconnected by an alienating mobility. The outskirts of Rome is therefore composed of many different “suburbs”; “periphery” is the city of Rome. Next to the disintegration of the city as we have inherited from history and modernity, we see the wide dissemination, even at the regional level, of “urban” as a mode of existence and organization of the community. If we do not find any more a mechanical spatial correspondence of the center-periphery dichotomy, a "peripheral condition" remains in many parts of the city. Marginality is a situation strongly characterizing many areas of Rome, if not most, and it is so perceived by those who live there. Rather than decreasing, social inequality has increased in the cities. The contemporary city lives of these inequalities. The Roman suburbs are also places abandoned by politics and institutions. Being periphery becomes a problem of citizenship, of belonging to the polis and of membership on equal terms with other citizens, accessibility to the city, with its opportunities and its qualities. At the same time, the suburbs and, in particular, the Roman ones are not places only inert or subordinates. Express rather a lot of vitality, through a host of initiatives, collective efforts, forms of collaboration, self-managed interventions, and even of cultural production and construction of a social solidarity. In fact, they are places that are real social laboratories.
2016
Il contributo ridiscute l’idea di periferia e la dicotomia centro-periferia nella città attuale, per porre ancora una volta la questione delle periferie oggi, con i problemi che pongono alla vita delle persone che le vivono, e per interrogare le politiche pubbliche, o meglio la mancanza di politica. Il contesto è quello di Roma, dove non ci si confronta più con la periferia tradizionale, quella cantata e discussa da Pasolini, ma con una complessità di situazioni prodotto di uno sviluppo diseguale, di una mercificazione della città e di un’ambiguità nelle politiche pubbliche. La corrispondenza di una perifericità spaziale con una perifericità (o, per meglio dire, con una marginalità) sociale non è più meccanicamente riconoscibile nella realtà. Roma, come forse molte altre città, si rivela come una “città di città”, una somma di realtà spesso autonome ed interconnesse tra loro da una mobilità delocalizzante ed estraniante. La periferia di Roma è quindi composta di tante “periferie” diverse, la “periferia” è la città di Roma. Accanto alla disgregazione della città per come l’abbiamo ereditata dalla storia e dalla modernità, assistiamo alla diffusione su scala sovralocale, e al limite regionale, dell’“urbano” come modalità di esistenza e di organizzazione delle collettività. Se non ritroviamo più una meccanica corrispondenza spaziale della dicotomia centro-periferia, ciò non significa che non permanga una “condizione di perifericità” in molte parti della città. La marginalità è una situazione fortemente caratterizzante molti territori di Roma, se non la maggior parte, ed è così percepita da chi ci abita. Più che diminuire, la disuguaglianza sociale è invece cresciuta dentro le città. La città contemporanea vive di queste disuguaglianze. Le periferie romane sono anche luoghi abbandonati dalla politica e dalle istituzioni. L’essere periferia diventa quindi un problema di cittadinanza, di appartenenza alla polis e di appartenenza a pari condizioni con gli altri cittadini, di accessibilità a tutto quello che è la città, con le sue opportunità e le sue qualità. Allo stesso tempo, le periferie urbane e, in particolare, quelle romane non sono luoghi soltanto inerti o subalterni. Esprimono anzi molta vitalità, attraverso una miriade di iniziative, di sforzi collettivi, di forme collaborative, di interventi autogestiti, ed anche di produzione culturale e costruzione di una solidarietà sociale tutta autoprodotta. Di fatto, sono luoghi che costituiscono veri e propri laboratori sociali.
Periferia; autorganizzazione; cittadinanza: Roma; urbano; Suburbs; self-organization; citizenship; Rome; urban
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Periferia romana abbandonata e autorganizzata. Pensare oltre le ricuciture / Cellamare, Carlo. - In: LA CRITICA SOCIOLOGICA. - ISSN 1972-5914. - 197(2016), pp. 41-48.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1176707
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