La tesi è dedicata all’aspetto spaziale del sonoro filmico, indagato nei suoi fattori storici, tecnologici e cognitivi. Si segue la proposta metodologica di D’Aloia e Eugeni (2014) definita Neurofilmologia, per cui lo/la spettatore/spettatrice – che io preferisco denominare percipiente, per ridurre l’“oculocentrismo” ed enfatizzare l’integrazione multisensoriale – è concepito/a non solo come un cervello (sede dei processi mentali) né solo come un corpo bensì come organismo, ovvero per dirla con Gallese e Guerra (2015) come un sistema cervello-corpo. I primi quattro capitoli presentano le conoscenze storiche e teoriche necessarie alla disamina che segue. In particolare il capitolo 1 contiene un profilo storico della stereofonia cinematografica, con qualche cenno su applicazioni di diverso tipo poiché ritengo doveroso conoscere per sommi capi anche l’uso della stereofonia in altre forme artistiche e comunicative al fine di comprendere le possibili analogie, differenze, intersezioni e influenze reciproche. Ciò dipende sia dal fatto che l’audio è sempre audio, ossia che la tecnologia è in senso ingegneristico fondamentalmente la stessa in tutte le applicazioni, sia dallo scenario sempre più crossmediale in cui il cinema è inserito. In termini nazionali la cinematografia maggiormente rappresentata è quella statunitense, sia perché è in essa che è avvenuta la quasi totalità di investimenti su nuovi sistemi sonori, sia perché è la cinematografia che conosco meglio, insieme a quella italiana sulla quale purtroppo le informazioni e la letteratura sono carenti. Il capitolo 2 consiste in una sistemazione di riflessioni teoriche sullo spazio sonoro filmico, per l’elaborazione della quale ho attinto a una letteratura in italiano, in inglese e marginalmente in francese. I capitoli 3 e 4 contengono una succinta esposizione di altri utili spunti teorici, pertinenti nel primo caso agli studi sul cinema, propri della teoria del cinema o delle scienze cognitive, e nel secondo caso all’audio spaziale; diversamente dal capitolo precedente, qui non ho alcuna pretesa di esaustività, poiché mi limito ai testi che hanno influenzato la mia riflessione, con la consapevolezza di escludere molte altre ricerche. Lo studio di questa letteratura mi ha permesso di elaborare la parte originale della mia ricerca, sviluppata negli ultimi due capitoli: il capitolo 5 consiste nell’esposizione di una teoria e di un metodo di analisi in cui faccio appunto ricorso alle conoscenze degli ambiti scientifici di cui nei capitoli precedenti, con ulteriori approfondimenti, mentre il capitolo 6 presenta degli studi di caso in cui applico detto metodo. Sebbene il mio oggetto di studio sia il cinema, il metodo si propone di essere idoneo all’analisi di qualsiasi prodotto audiovisivo.

La cognizione dello spazio sonoro filmico: un approccio neurofilmologico / Sbravatti, Valerio. - (2018 Feb 23).

La cognizione dello spazio sonoro filmico: un approccio neurofilmologico

SBRAVATTI, VALERIO
23/02/2018

Abstract

La tesi è dedicata all’aspetto spaziale del sonoro filmico, indagato nei suoi fattori storici, tecnologici e cognitivi. Si segue la proposta metodologica di D’Aloia e Eugeni (2014) definita Neurofilmologia, per cui lo/la spettatore/spettatrice – che io preferisco denominare percipiente, per ridurre l’“oculocentrismo” ed enfatizzare l’integrazione multisensoriale – è concepito/a non solo come un cervello (sede dei processi mentali) né solo come un corpo bensì come organismo, ovvero per dirla con Gallese e Guerra (2015) come un sistema cervello-corpo. I primi quattro capitoli presentano le conoscenze storiche e teoriche necessarie alla disamina che segue. In particolare il capitolo 1 contiene un profilo storico della stereofonia cinematografica, con qualche cenno su applicazioni di diverso tipo poiché ritengo doveroso conoscere per sommi capi anche l’uso della stereofonia in altre forme artistiche e comunicative al fine di comprendere le possibili analogie, differenze, intersezioni e influenze reciproche. Ciò dipende sia dal fatto che l’audio è sempre audio, ossia che la tecnologia è in senso ingegneristico fondamentalmente la stessa in tutte le applicazioni, sia dallo scenario sempre più crossmediale in cui il cinema è inserito. In termini nazionali la cinematografia maggiormente rappresentata è quella statunitense, sia perché è in essa che è avvenuta la quasi totalità di investimenti su nuovi sistemi sonori, sia perché è la cinematografia che conosco meglio, insieme a quella italiana sulla quale purtroppo le informazioni e la letteratura sono carenti. Il capitolo 2 consiste in una sistemazione di riflessioni teoriche sullo spazio sonoro filmico, per l’elaborazione della quale ho attinto a una letteratura in italiano, in inglese e marginalmente in francese. I capitoli 3 e 4 contengono una succinta esposizione di altri utili spunti teorici, pertinenti nel primo caso agli studi sul cinema, propri della teoria del cinema o delle scienze cognitive, e nel secondo caso all’audio spaziale; diversamente dal capitolo precedente, qui non ho alcuna pretesa di esaustività, poiché mi limito ai testi che hanno influenzato la mia riflessione, con la consapevolezza di escludere molte altre ricerche. Lo studio di questa letteratura mi ha permesso di elaborare la parte originale della mia ricerca, sviluppata negli ultimi due capitoli: il capitolo 5 consiste nell’esposizione di una teoria e di un metodo di analisi in cui faccio appunto ricorso alle conoscenze degli ambiti scientifici di cui nei capitoli precedenti, con ulteriori approfondimenti, mentre il capitolo 6 presenta degli studi di caso in cui applico detto metodo. Sebbene il mio oggetto di studio sia il cinema, il metodo si propone di essere idoneo all’analisi di qualsiasi prodotto audiovisivo.
23-feb-2018
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Tesi dottorato Sbravatti

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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1072713
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