È il 1992 quando Kenneth Frampton cita nella sua terza edizione di Storia dell’architettura moderna, uno dei testi più letti al mondo, il municipio di Rèze-les-Nantes di Alessandro Anselmi. Il capitolo in oggetto riguarda quelle che il critico inglese chiama reflective practices, ovvero le “buone pratiche” di architettura diffuse nei diversi continenti. Le reflective practices, frutto di rapporti illuminati, sono l’espressione di personali ricerche architettoniche in accordo a precisi ideali della committenza. Tra alcuni dei nomi più significativi del contemporaneo, come Holl, Maki, Siza, Ando e Moneo, Frampton inserisce quello di Alessandro Anselmi; maestro indiscusso dell’architettura italiana degli ultimi trenta anni. Membro di spicco e fondatore del GRAU (Gruppo Romano Architetti Urbanisti), Anselmi intraprende la sua ricerca personale a partire dalla Biennale del 1980: è l’epilogo del GRAU e l’inizio del percorso autonomo. Alessandro Anselmi, talentuoso progettista e disegnatore, è anche un architetto impegnato culturalmente sia nel mondo accademico, sia in quello dell’editoria. Redattore di “Controspazio” tra il 1974 e il 1981, docente dallo stesso anno, e membro del comitato scientifico “Area” dal 2000, Anselmi scrive oltre cinquanta saggi dopo l’esperienza con il GRAU. La scrittura, attività costante e parallela alla professione, costituisce un apparato altrettanto importante dell’opera completa. Se la critica fino a oggi si è occupata dell’Anselmi architetto, rimane ancora inesplorata la componente della scrittura. Le monografie e i saggi editi trattano infatti l’opera anselmiana affrontando specifici temi come il rapporto architettura-archeologia, la manipolazione spaziale per superfici e piani, la dimensione paesaggistica dei progetti, il ruolo del disegno nel processo creativo, il valore del “vuoto”, ma anche la militanza e l’ideologia politica. Attualmente non esiste ancora né una antologia di testi commentata né un volume esaustivo delle architetture progettate e costruite dal 1980 al 2013 (anno della sua morte). Anselmi non ha mai avuto la pretesa di sistematizzare le sue riflessioni teoriche. Le relazioni progettuali e i testi editi per pubblicazioni accademiche, o di altro genere, appaiono infatti come un insieme di intuizioni sparse. La ricerca progettuale di Anselmi e il suo lavoro “teorico”, interessano quello che egli stesso reputa il problema centrale della disciplina: la forma architettonica. È proprio attorno a questa tematica che si sviluppa la narrazione in oggetto. Anselmi, ponendo la forma al centro delle questioni teorico-progettuali, ha ribadito la collocazione dell’architettura all’interno del mondo e dei meccanismi delle arti figurative. L’intuizione sulla forma architettonica, in riferimento alla definizione di Arte di Enzo Paci, è dunque l’espressione che sintetizza al meglio il procedere “artistico” di Anselmi architetto e scrittore. Il tentativo della ricerca è dunque quello di ordinare le intuizioni scritte attorno al problema della forma architettonica, utilizzando queste come apparato critico per rileggere le intuizioni progettuali.

Alessandro Anselmi. Intuizioni sulla forma architettonica / Brunelli, Alessandro. - (2018 Feb 22).

Alessandro Anselmi. Intuizioni sulla forma architettonica

BRUNELLI, ALESSANDRO
22/02/2018

Abstract

È il 1992 quando Kenneth Frampton cita nella sua terza edizione di Storia dell’architettura moderna, uno dei testi più letti al mondo, il municipio di Rèze-les-Nantes di Alessandro Anselmi. Il capitolo in oggetto riguarda quelle che il critico inglese chiama reflective practices, ovvero le “buone pratiche” di architettura diffuse nei diversi continenti. Le reflective practices, frutto di rapporti illuminati, sono l’espressione di personali ricerche architettoniche in accordo a precisi ideali della committenza. Tra alcuni dei nomi più significativi del contemporaneo, come Holl, Maki, Siza, Ando e Moneo, Frampton inserisce quello di Alessandro Anselmi; maestro indiscusso dell’architettura italiana degli ultimi trenta anni. Membro di spicco e fondatore del GRAU (Gruppo Romano Architetti Urbanisti), Anselmi intraprende la sua ricerca personale a partire dalla Biennale del 1980: è l’epilogo del GRAU e l’inizio del percorso autonomo. Alessandro Anselmi, talentuoso progettista e disegnatore, è anche un architetto impegnato culturalmente sia nel mondo accademico, sia in quello dell’editoria. Redattore di “Controspazio” tra il 1974 e il 1981, docente dallo stesso anno, e membro del comitato scientifico “Area” dal 2000, Anselmi scrive oltre cinquanta saggi dopo l’esperienza con il GRAU. La scrittura, attività costante e parallela alla professione, costituisce un apparato altrettanto importante dell’opera completa. Se la critica fino a oggi si è occupata dell’Anselmi architetto, rimane ancora inesplorata la componente della scrittura. Le monografie e i saggi editi trattano infatti l’opera anselmiana affrontando specifici temi come il rapporto architettura-archeologia, la manipolazione spaziale per superfici e piani, la dimensione paesaggistica dei progetti, il ruolo del disegno nel processo creativo, il valore del “vuoto”, ma anche la militanza e l’ideologia politica. Attualmente non esiste ancora né una antologia di testi commentata né un volume esaustivo delle architetture progettate e costruite dal 1980 al 2013 (anno della sua morte). Anselmi non ha mai avuto la pretesa di sistematizzare le sue riflessioni teoriche. Le relazioni progettuali e i testi editi per pubblicazioni accademiche, o di altro genere, appaiono infatti come un insieme di intuizioni sparse. La ricerca progettuale di Anselmi e il suo lavoro “teorico”, interessano quello che egli stesso reputa il problema centrale della disciplina: la forma architettonica. È proprio attorno a questa tematica che si sviluppa la narrazione in oggetto. Anselmi, ponendo la forma al centro delle questioni teorico-progettuali, ha ribadito la collocazione dell’architettura all’interno del mondo e dei meccanismi delle arti figurative. L’intuizione sulla forma architettonica, in riferimento alla definizione di Arte di Enzo Paci, è dunque l’espressione che sintetizza al meglio il procedere “artistico” di Anselmi architetto e scrittore. Il tentativo della ricerca è dunque quello di ordinare le intuizioni scritte attorno al problema della forma architettonica, utilizzando queste come apparato critico per rileggere le intuizioni progettuali.
22-feb-2018
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Tesi dottorato Brunelli

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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1053506
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