In Suttree, Gene Harrogate, intento a pianificare una rapina che implica l’esplorazione delle caverne sotto la città di Knoxville, viene descritto come “a demon cartographer in the hellish light charting the progress of souls in the darkness below”. Questo paragone è significativo per due motivi. Innanzitutto, l’accenno alla cartografia è interessante, essendo la minuta descrizione dello spazio uno dei tratti stilistici più evidenti di Cormac McCarthy. L’idea di anime (aggiungo: perdute) che si muovono nell’oscurità, poi, suona come una specie di brevissima sinossi del secondo romanzo dell’autore: Outer Dark. Proprio quest’opera è forse la più enigmatica dell’intera produzione di McCarthy. Come accennato poc’anzi, lo spazio geografico ha indubbiamente un ruolo centrale, strappata al ruolo di mero palcoscenico dell’azione, diventa correlativo oggettivo dell’interiorità dei personaggi, mantenendo al tempo stesso plausibilità mimetica. In quest’ultima caratteristica sta l’eccentricità di Outer Dark, il cui mondo sembra invece soffuso dall’aura di indeterminatezza tipica delle fiabe, rendendolo un unicum nell’opera dell’autore. Lo spazio in McCarthy è, oltre che specchio della psicologia degli altrimenti opachi personaggi, anche proiezione espressionistica dell’intenzionalità autoriale, e quindi una fondamentale chiave d’accesso per le strategie retoriche del testo. Nello specifico, lo spazio descritto in Outer Dark è, a mio parere, frutto di una dialettica serrata tra discorsi antitetici. Rifacendomi alla definizione di Lewis S. Simpson, che ha descritto il Southern Gothic come “un’inversione dei motivi della Western Pastoral”, è mio intento dimostrare come il romanzo si situi proprio sulla “frontiera” creata da questi impulsi opposti, una sorta di pars construens e pars destruens del più generale discorso mitico americano. L’immaginario pastoraleedenico tipico del Sud (prima) e della Virgin Land a Ovest (poi), viene continuamente messo a contatto con il suo negativo (il gotico). I fratelli incestuosi Culla e Rhinty Holme sono solo gli esponenti più identificabili di questa dinamica binaria continuamente riproposta. Attraverso un’analisi che a partire dalla definizione dello spazio mostri la successiva (e correlata) ri-scrittura della mitologia statunitense, e attraverso paragoni mirati con gli altri romanzi della produzione appalachiana di McCarthy questo saggio è dedicato a delineare la dialettica di scontro che struttura la narrazione di Outer Dark.

Outer Dark: la pastorale e i labirinti del gotico / Petrelli, Marco. - STAMPA. - (2017), pp. 41-57.

Outer Dark: la pastorale e i labirinti del gotico

PETRELLI, MARCO
Primo
2017

Abstract

In Suttree, Gene Harrogate, intento a pianificare una rapina che implica l’esplorazione delle caverne sotto la città di Knoxville, viene descritto come “a demon cartographer in the hellish light charting the progress of souls in the darkness below”. Questo paragone è significativo per due motivi. Innanzitutto, l’accenno alla cartografia è interessante, essendo la minuta descrizione dello spazio uno dei tratti stilistici più evidenti di Cormac McCarthy. L’idea di anime (aggiungo: perdute) che si muovono nell’oscurità, poi, suona come una specie di brevissima sinossi del secondo romanzo dell’autore: Outer Dark. Proprio quest’opera è forse la più enigmatica dell’intera produzione di McCarthy. Come accennato poc’anzi, lo spazio geografico ha indubbiamente un ruolo centrale, strappata al ruolo di mero palcoscenico dell’azione, diventa correlativo oggettivo dell’interiorità dei personaggi, mantenendo al tempo stesso plausibilità mimetica. In quest’ultima caratteristica sta l’eccentricità di Outer Dark, il cui mondo sembra invece soffuso dall’aura di indeterminatezza tipica delle fiabe, rendendolo un unicum nell’opera dell’autore. Lo spazio in McCarthy è, oltre che specchio della psicologia degli altrimenti opachi personaggi, anche proiezione espressionistica dell’intenzionalità autoriale, e quindi una fondamentale chiave d’accesso per le strategie retoriche del testo. Nello specifico, lo spazio descritto in Outer Dark è, a mio parere, frutto di una dialettica serrata tra discorsi antitetici. Rifacendomi alla definizione di Lewis S. Simpson, che ha descritto il Southern Gothic come “un’inversione dei motivi della Western Pastoral”, è mio intento dimostrare come il romanzo si situi proprio sulla “frontiera” creata da questi impulsi opposti, una sorta di pars construens e pars destruens del più generale discorso mitico americano. L’immaginario pastoraleedenico tipico del Sud (prima) e della Virgin Land a Ovest (poi), viene continuamente messo a contatto con il suo negativo (il gotico). I fratelli incestuosi Culla e Rhinty Holme sono solo gli esponenti più identificabili di questa dinamica binaria continuamente riproposta. Attraverso un’analisi che a partire dalla definizione dello spazio mostri la successiva (e correlata) ri-scrittura della mitologia statunitense, e attraverso paragoni mirati con gli altri romanzi della produzione appalachiana di McCarthy questo saggio è dedicato a delineare la dialettica di scontro che struttura la narrazione di Outer Dark.
2017
Il gioco per Eccellenza: cinquant'anni di Cormac McCarthy
978-88-6900-042-3
Cormac McCarthy; Outer Dark; Gotico; Pastorale; spazio; geocritica
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Outer Dark: la pastorale e i labirinti del gotico / Petrelli, Marco. - STAMPA. - (2017), pp. 41-57.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1012436
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